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Intervista

Beccalli: «Chiesa e finanza in dialogo sui bisogni di famiglie e imprese»

La preside in Cattolica riflette sul confronto in atto e su quanto è emerso dal recente incontro a Palazzo Marino con l’intervento dell’Arcivescovo a proposito di un nuovo modello economico di sviluppo frutto della sinergia tra pubblico e privato

di Annamaria BRACCINI

6 Ottobre 2023
Elena Beccalli durante l'intervento al Consiglio comunale di Milano

«Un impegno di dialogo crescente». È questa la sensazione di Elena Beccalli, preside della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica, promotrice dell’incontro che, nell’aula consiliare del Comune di Milano con l’intervento del sindaco Giuseppe Sala, ha visto il confronto tra l’Arcivescovo e i presidenti dei cinque maggiori istituti bancari italiani. Un appuntamento rilevante dal punto sociale e civile che ha riscosso grande risonanza e che apre a nuove possibili sinergie in vista della cura per il bene comune, come conferma la docente.

Da dove nasce la convinzione di un dialogo che si sta incrementando?
In questa ultima occasione, i banchieri si sono fatti interrogare su punti più specifici, con sollecitazioni più mirate e questo mi pare sia un modo per cercare di aprirsi ulteriormente a un confronto sui bisogni di famiglie e imprese. Un altro segno di apertura reciproca che ho colto è l’auspicio che questo incontro possa sfociare anche in qualche progetto concreto, magari simbolico, per la città.

Per questo, nel suo intervento, ha sottolineato che questo potrebbe essere il modello di un modo di fare progettualità insieme anche con le istituzioni, considerando che il dialogo si è svolto nella sede del Comune?
Si. È un passo ulteriore, perché il coinvolgimento dell’amministrazione cittadina amplia lo sguardo a inediti modelli sinergici nella realizzazione di progettualità. L’idea delle alleanze vede un nuovo interlocutore, la politica, che può dare esso stesso un contributo rilevante. Proprio il tema delle sinergie tra pubblico e privato è, oggi, visto dagli economisti come centrale per dare avvio a un modello economico di sviluppo orientato alla sostenibilità ambientale e sociale. Si tratta di transizioni che richiedono capitali importanti e le finanze pubbliche da sole non bastano: l’intervento dei privati diventa quindi necessario. Allo stesso tempo, il dialogo tra i due settori è essenziale per affinare al meglio tali progetti, ed è importante, a mio modo di vedere, che si parta insieme già dal momento progettuale, costruendo basi solide fin dall’origine.

Il rischio, come ha evidenziato l’Arcivescovo, è che, se non si mette mano ad alcuni correttivi, il sistema capitalistico potrebbe implodere su se stesso, con conseguenze anche sulla tenuta democratica del Paese. Vede questo rischio?
Ne sono assolutamente convinta, perché il sistema capitalistico, basato sull’homo oeconomicus con le sue dimensioni di razionalità e individualismo, genera numerose situazioni di criticità, alcune delle quali drammatiche: basti pensare al tema delle povertà e delle disuguaglianze. Di fronte a questa situazione, se non torniamo ad avere un sistema economico e finanziario incentrato sull’etica che poggia sulla persona e torna a dare valore alla dimensione relazionale, il rischio è che i mercati stessi, appunto, implodano, come è già stato messo in evidenza nel Magistero della Chiesa. Occorre prestare massima attenzione, alla persona, ai beni immateriali che consentono il pieno funzionamento degli stessi mercati. Questa prospettiva è già stata espressa con chiarezza da Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate ed è di grandissima attualità.

È possibile coniugare i beni materiali, su cui agisce il sistema creditizio, con quelli che lei ha definito i beni immateriali?
È assolutamente indispensabile che questi ultimi siano presenti nelle relazioni economiche, perché il compito del banchiere – che è fare credito, oltre ovviamente a proteggere i risparmi dei depositanti – ha al cuore la fiducia, quella della banca nei confronti di prenditori di finanziamento e quella dei depositanti verso la banca. Quella bancaria è, dunque, un’attività tutta permeata dall’idea della fiducia e quando vengono meno la fiducia e la reputazione – lo abbiamo visto in tanti casi -, la conseguenza è una crisi di singoli istituti che può ripercuotersi sull’intero sistema. Queste complessità sono state spesso dimenticate per il prevalere di una visione di breve termine, orientata al profitto, come ha notato monsignor Delpini. Tornare a valorizzare i beni relazionali in una visione più ampia è, secondo me, un aspetto cruciale e indilazionabile.

State già pensando a un terzo incontro simile, dopo quello svoltosi in Ambrosiana del 2019 e il secondo di questi giorni in Comune?
Stiamo riflettendo su progettualità che possano nascere dal secondo incontro. L’auspicio, per il momento, è questo.