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Milano

San Vittore, aperta la «Porta della Speranza»

Di fronte all’ingresso della Casa circondariale è stata inaugurata l'installazione progettata dall’artista e architetto Michele De Lucchi. Ha preso così avvio il progetto internazionale dedicato al dialogo tra arte, comunità carcerarie e società civile promosso dalla Fondazione pontificia «Gravissimum educationis» del Dicastero per la cultura e l’educazione della Santa Sede

di Annamaria BRACCINI

19 Dicembre 2025
L'inaugurazione della Porta della Speranza (Foto Cherchi/chiesadimilano.it)

La porta che è segno e simbolo, in ogni cultura del mondo, di passaggio, di nuove vie che si aprono, della speranza che si intravede, magari anche solo attraverso uno spiraglio. E non poteva che essere una “Porta della  Speranza”, quella che – prima di altre 7 – è stata inaugurata di fronte all’ingresso della Casa Circondariale San Vittore “Francesco Di Cataldo”. Con il posizionamento dell’opera che porta la prestigiosa firma dell’artista e architetto Michele De Lucchi, ha preso così ufficialmente avvio il progetto internazionale dedicato al dialogo tra arte, comunità carcerarie e società civile. Un progetto ricco e articolato, promosso, fino al 2026, dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede in collaborazione con il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e realizzata dal Comitato Giubileo Cultura Educazione con Rampello & Partners, il patrocinio del Comune di Milano e il contributo di Fondazione Cariplo. Il progetto vede grandi interpreti della cultura contemporanea chiamati a creare una serie di “porte artistiche” in relazione diretta con gli istituti penitenziari, diventando segni di passaggio e rigenerazione, rivolti ai detenuti e insieme all’intera comunità. 

Un’occasione di alto livello, insomma, per cui, davanti a “San Vittore” si sono ritrovati in tanti, autorità religiose e civili, funzionari ai massimi livelli dell’amministrazione penitenziaria – tra cui il capo del Dipartimento Stefano Carmine De Michele, e la direttrice Maria Pitaniello -, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, l’autore De Lucchi, il curatore del progetto, Davide Rampello.    

L’incontro di presentazione 

Nello storico ottagono centrale del penitenziario, affollatissimo anche di volontari, personale e qualche detenuto, la presentazione dell’iniziativa si apre con i saluti istituzionali del presidente di Regione Lombardia – attraverso la lettura di un messaggio che parla di un «esempio virtuoso» – e della vicesindaco Anna Scavuzzo che indossa la fascia del Primo cittadino e dice.  «Questo progetto comunica arte e grande speranza, ma anche responsabilità condivisa, riconsegnando a ciascuno il volto di tale speranza. La giustizia trova il suo compimento quando sa farsi riconciliazione e riparazione», conclude la vice sindaco richiamando lo spirito “milanese” e il “Discorso alla Città” dell’Arcivescovo che posto al suo centro anche la «intollerabile» situazione carceraria. 

L’incontro di presentazione (foto Cherchi/chiesadimilano.it)

Parole a cui ha fatto eco monsignor Luca Bressan, vicario episcopale che ha rappresentato appunto monsignor Delpini. «Noi siamo convinti che vogliamo farci avanti – spiega, sempre in riferimento all’appello del vescovo Mario nel suo “Discorso” – e sappiamo quanto la dignità delle persone in carcere sia cara alla nostra Chiesa», aggiunge, indicando la lapide commemorativa della beata suor Enrichetta Alfieri, “l’Angelo di San Vittore”, come fu definita per il suo lungo e generoso servizio tra le celle. «La frase che è incisa sulla targa dice che vi sono incendi nefasti da evitare, ma anche incendi che vanno accesi, come la carità. Che la carità di Dio ci incendi così». 

«Aprire una porta significa riconoscere che nessuna vita è priva di futuro», afferma, da parte sua, il cardinale Tolentino de Mendonça. «Con questo progetto desideriamo affermare che la speranza non è un ornamento, ma una responsabilità condivisa: una possibilità che si rinnova proprio nei luoghi dove sembra più fragile». Il richiamo è al Giubileo della Speranza e a ciò che papa Francesco ha indicato e che papa Leone ha richiamato con forza nella celebrazione per il Giubileo delle persone detenute lo scorso 14 dicembre nella basilica di San Pietro. «Il progetto, infatti, si situa in connessione profonda con il magistero di papa Francesco che all’inizio del Giubileo aprì una Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia e trova forza nell’invito accorato di Papa Leone XIV».

De Lucchi chiosa «La Porta della Speranza è pura e solida presenza, senza muro: non separa, non conduce, semplicemente è. Segna un luogo sospeso, aperto al possibile. Dichiarare che la trasformazione è accessibile significa riconoscere che ogni passaggio può aprire uno spazio di consapevolezza, attesa e rinascita».

L’opera 

L’opera si compone di due alti battenti semichiusi, privi di telaio, che evocano un varco aperto all’ignoto. La superficie, definita da un bugnato sfaccettato ispirato a quello rinascimentale suggerisce non una barriera, ma come fondamento del passaggio. La Porta non distingue un dentro e un fuori: è un’architettura senza muro, «un invito a considerare la trasformazione come un cammino condiviso e non come un gesto isolato».

Affinché la speranza non rimanga un concetto astratto, il progetto si articola su due direttrici complementari, una interna e, l’altra, esterna al carcere. Negli Istituti di pena questa iniziativa darà vita a itinerari educativi, laboratoriali e pastorali capaci di accompagnare le persone detenute in un percorso di crescita personale con il coinvolgimento di tutte le realtà – educatori, cappellani, associazioni di volontariato – che già operano a loro sostegno. All’esterno, le Porte della Speranza intendono esercitare un impatto, volendo essere la possibilità offerta all’opinione pubblica per entrare simbolicamente nella realtà del carcere superando i pregiudizi sui detenuti. 

Le Porte della Speranza (Cherchi/chiesadimilano.it)

«La speranza è un sentimento profondissimo, è il sentimento ultimo», nota, infine, il curatore Davide Rampello. «Senza speranza l’uomo non ha possibilità di progettare, di vedere la vita. Costruire, ideare, progettare dei monumenti – porte, soglie che bisogna oltrepassare – dedicati proprio alla speranza, vuol dire confortare, dare un senso profondo a questo sentire. Un invito a conservare e proteggere questo sentimento così prezioso, così vitale». Poi, applauditissimo, il taglio del nastro. 

L’apertura delle prossime “Porte”

Dopo San Vittore, Porte della Speranza proseguirà coinvolgendo una significativa rosa di autori, chiamati a dialogare con altrettanti istituti: la sezione femminile di Borgo San Nicola di Lecce con Fabio Novembre; Regina Coeli a Roma con Gianni Dessì; Santa Maria Maggiore alla Giudecca, Venezia, con Mario Martone; Pagliarelli di Palermo con Massimo Bottura; Canton Mombello di Brescia con Stefano Boeri; Secondigliano a Napoli con Mimmo Paladino; la sezione femminile del Giuseppe Panzera di Reggio Calabria con Ersilia Vaudo Scarpetta. Ogni interprete, in accordo con le direzioni dei penitenziari, costruirà il proprio progetto a partire dall’ascolto dei detenuti e della comunità carceraria. 

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