Con il Giubileo dei detenuti (14 dicembre) si conclude l’anno di celebrazioni dedicato al tema della speranza inaugurato da papa Francesco. Oggi monsignor Mario Delpini sarebbe dovuto essere a San Vittore per la celebrazione eucaristica in “Rotonda”, impegno annullato a causa di un principio di incendio scoppiato nel carcere sabato sera, che per fortuna non ha causatao vittime, ma che ha comportato il trasferimento di 270 detenuti. Resta comunque il significato di un gesto, la visita di un Arcivescovo in carcere, che si ripete da anni, in diverse occasioni.

«L’arrivo del Vescovo a San Vittore è sempre un momento di festa – dice il cappellano don Marco Recalcati -. Sia per i detenuti, sia per gli operatori, è importante sentire la vicinanza della Chiesa che si esprime con verità e anche con forza davanti a una situazione ormai cronica, che toglie il fiato e da cui sembra di non uscire. San Vittore vive tutti i giorni momenti di emergenza legati ai nuovi ingressi, alla fragilità psichiatrica, alle condizioni detentive. Il Giubileo dei detenuti porta un po’ di luce in questa stagione così buia».
La celebrazione del Giubileo prevede sempre alcuni gesti simbolici, come attraversare la Porta santa o compiere un pellegrinaggio, che in carcere non sono possibili. Per questo, come già avvenuto in occasione del Giubileo della misericordia (2015), si è riproposta un’iniziativa che aveva già coinvolto tutti gli istituti lombardi: portare una lampada come segno di speranza. «Vogliamo che questa luce sia sempre accesa: non solo essa illumini noi, ma nello stesso tempo abbiamo invitato le persone detenute a essere anche loro olio per alimentare la fiamma della speranza – spiega don Recalcati -. Inoltre abbiamo suggerito alcuni gesti concreti: pregare per chi ci vuole bene e per i nostri nemici, secondo il dettato evangelico; vivere la quotidianità riconoscendo il bene e il bello; rivolgere un saluto; fare un sorriso… Tutto questo alimenta la speranza. Nessuno è così povero dentro di sé da non poter aggiungere questo olio alla lampada».
A San Vittore il pellegrinaggio fisico è stato sostituito da un pellegrinaggio spirituale. Una scelta libera, accolta da una cinquantina di persone che, compilando un modulo di iscrizione, si sono impegnate a compiere un cammino di fede. Il percorso prevede tre passi: la Messa domenicale («l’incontro con Gesù»), la confessione («come momento di luce e di respiro per il male che ci ha soffocato»), un gesto di cambiamento («riconoscere il male che hanno subìto anche i parenti»). Inoltre ogni pellegrino, fin dall’inizio del cammino, doveva scegliere un «angelo custode», quindi un sacerdote, una suora, un laico, un volontario per essere accompagnato nel suo percorso giubilare.
Oggi papa Leone celebra il Giubileo dei detenuti nella Basilica di San Pietro; a rappresentare San Vittore saranno tre uomini che già usufruiscono di permessi premio. «Abbiamo invitato anche chi è già stato in carcere, cioè due donne ora libere – racconta don Recalcati -, hanno accettato felici, quasi con le lacrime agli occhi». La piccola delegazione, accompagnata da due cappellani, è partita nei giorni scorsi alla volta di Roma su un pullmino prestato dal Seminario arcivescovile. Un’esperienza unica, arricchita anche dalla preghiera sulla tomba di papa Francesco, dalla testimonianza di monsignor Michele Di Tolve (che ha conosciuto da vicino il Pontefice) e da una visita culturale alla città eterna.





