«In questa notte, noi radunati come un piccolo segno nella grande città, abbiamo una parola da dire alla gente, all’umanità?». La domanda dell’Arcivescovo, che presiede in Duomo la Veglia nella Pasqua di Risurrezione del Signore – madre di tutte le Sante veglie, come la definì Sant’Agostino – è il simbolo di una Chiesa capace di dare ancora, nonostante indifferenza se non ostilità aperta, speranza e gioia. Quella testimoniata dai cinque giovani catecumeni che in Cattedrale ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana, rappresentando idealmente i 89 complessivi neofiti diocesani 2025.
Il cero pasquale
Una luce esemplificata dall’accensione del cero pasquale, preparato, come ormai tradizione, dalle Clarisse del Monastero di clausura Santa Chiara, presenti nel quartiere Gorla dal 1944, in un luogo insanguinato dalle piccole vittime di una scuola allora centrata dalle bombe. Cero che, nella sua decorazione, è ispirato quest’anno al tema della speranza che non delude: Spes non confundit, secondo il titolo scelto da papa Francesco per la Bolla di indizione del Giubileo.
La raffigurazione della “Croce gloriosa”, infatti, percorre tutta l’altezza del cero che, nella sua parte inferiore, prende la forma di un’àncora immersa nei flutti profondi – magari di quel grande cimitero a cielo aperto che è divenuto il Mediterraneo -, mentre nella parte più alta la croce si sviluppa in colonna fiammeggiante, faro luminoso per custodire la rotta e riferimento certo verso “le acque che danno salvezza”.

La Veglia
Così come canta il Preconio pasquale, solenne e tipico ambrosiano, proclamato in latino dal diacono, dopo il ritorno in altare maggiore dei candidati e dei concelebranti – i Canonici del Capitolo metropolitano e altri presbiteri – riuniti all’ingresso della Cattedrale dove l’Arcivescovo Mario benedice il cero. Con l’entrata in vigore della II edizione del Messale ambrosiano, il Preconio stesso, risalente alla fine del V secolo-inizio del VI quale sintesi poetica dell’intera storia della salvezza, interrompe due volte per l’accensione del cero, dei cantari e delle candele dell’altare.
Guidati dalla straordinaria ricchezza della Parola di Dio, attraverso nove Letture – sei dai Libri sacri di Israele – si contempla il miracolo della perenne novità del Signore, prefigurata nel primo Testamento.
Poi, finalmente, il triplice annuncio della Risurrezione, «Christus Dominus resurrexit» – peculiare del Rito ambrosiano e in tutto simile al «Cristòs Anesti» della liturgia bizantina nella Pasqua ortodossa, che quest’anno cade nello stesso giorno -, proclamato, con voce crescente, dall’Arcivescovo ai tre lati dell’altare maggiore della Cattedrale. Le campane, in silenzio dalla celebrazione della Passione del Signore del Venerdì santo, si sciolgono e torna l’atteso canto dell’Alleluia, assente dalla prima domenica di Quaresima. Poi ancora due letture, tratte dagli Atti degli Apostoli e dalla Lettera paolina ai Romani, il Vangelo di Matteo e l’omelia.

Cosa dire all’umanità e alla Chiesa?
«A questa umanità che non ha più stima di sé, che sembra aver smarrito la fiducia e la speranza, a questa umanità impaurita, abbiamo una parola da dire? In questa Veglia solenne è stato ripetuto che il progetto di Dio è per tutte le genti. Questo abbiamo da dire all’umanità: fratelli e sorelle, anche se voi siete ostili gli uni verso gli altri, anche se cercate di farvi rispettare facendo paura gli uni agli altri, anche se ritenete indiscutibile che il più forte abbia ragione e che è realismo pensare che il potente domini sui deboli, che è inevitabile che i ricchi impoveriscano i poveri, Gesù ha insegnato la via della mitezza per possedere la terra, ha scelto d’essere presente come un servo per rivelare lo splendore della gloria di Dio, e così ha deposto i potenti dai troni e ha esaltato gli umili», scandisce l’Arcivescovo.
Non manca l’interrogativo sulla Chiesa. «Alla nostra Chiesa che, talora, sembra intimidita di fronte al disprezzo e all’insofferenza che la circonda, che sembra esasperata, mortificata, stanca per l’indifferenza, questo dice l’angelo della risurrezione: “Andate ad annunciare l’improbabile, la fonte inesauribile della gioia e della speranza. Andate ad annunciare Gesù è risorto”».
«Alla nostra Chiesa che sembra talora complessata dall’accusa di essere rimasta indietro, dalla persuasione di essere inattuale, dalla percezione di essere antipatica, questa è la parola da dire: Andate, andate avanti: Gesù vi aspetta oltre, Gesù vi precede. Alla nostra Chiesa che talora si sente brutta, difettosa, inadeguata questa è la parola da dire: Santa Chiesa di Dio, tu sei bella, non perché sei senza difetti, sei bella della bellezza dei santi, della bellezza del Risorto. Tu sei giovane, non perché non si vedano i segni della vecchiaia, ma sei giovane della giovinezza delle genti e delle Chiese giovani».

Essere, tutti insieme, Chiesa dalle genti
Infine, i catecumeni, «pietre vive per costruire una comunità, in cui la dignità è il servire». «Ai catecumeni che hanno età differenziate, vengono da Paesi diversi, hanno vissuto storie personali uniche e si accostano all’evento con motivazioni diverse, la parola da dire è: entrate in una comunità chiamata a essere unita, un cuore solo e un’anima sola. La singolarità di ciascuno è vocazione alla comunione. Siete Chiesa insieme con tutti, Chiesa dalle genti. Non abbiate paura, ma abbiate pazienza, non pretendete servizi ma rendetevi disponibili per il servizio, non contate sulle vostre forze, ma accogliete la grazia del Signore Risorto, nostra vita e nostra speranza».

La liturgia battesimale
E proprio con i candidati – tutti italiani, due di origine cinese -, i loro padrini e madrine, e i concelebranti, poco dopo, l’Arcivescovo si reca presso il fonte battesimale di epoca borromaica, dove i neofiti ricevono il battesimo, indossano la veste bianca e accendono una candela al cero pasquale. Poi, il ritorno in processione, con monsignor Delpini che asperge l’assemblea tutta con l’acqua battesimale, fino ad arrivare ai piedi dell’altare maggiore dove viene conferito il sacramento della Confermazione e, nella liturgia eucaristica, la comunione.





