Una promessa e un sogno. La Turchia, terra del Concilio di Nicea del quale si celebrano i 1700 anni. Il Libano, il Paese dei Cedri, il Paese “messaggio”, secondo l’accezione di Giovanni Paolo II, il Paese piagato da guerre e crisi. Papa Leone XIV raccoglie l’eredità di Papa Francesco e vola per il suo primo viaggio apostolico in Turchia e Libano dal 27 novembre al 2 dicembre. Il Pontefice realizza quindi il desiderio del suo predecessore di celebrare l’importante anniversario del primo Concilio della storia insieme a vescovi e patriarchi nello stesso luogo dell’assise, oggi chiamato İznik, a 130 km da Istanbul, e compie quello che Francesco ha sempre definito un “sogno”, cioè di portare la carezza del Successore di Pietro alla popolazione libanese, colpita da più fronti ma sempre in piedi, sempre pronta ad andare avanti.
Il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
L’annuncio del viaggio è stato reso noto oggi, 7 ottobre, dalla Sala Stampa della Santa Sede. Si legge nel comunicato: “Accogliendo l’invito del Capo di Stato e delle Autorità ecclesiastiche del Paese, il Santo Padre Leone XIV compirà un Viaggio Apostolico in Türkiye dal 27 al 30 novembre prossimo, recandosi in pellegrinaggio a İznik in occasione del 1700° anniversario del Primo Concilio di Nicea. Successivamente, rispondendo all’invito del Capo di Stato e delle Autorità ecclesiastiche del Libano, il Santo Padre si recherà in Viaggio Apostolico nel Paese dal 30 novembre al 2 dicembre”.
Nicea, bussola per l’unità di tutti i cristiani
Due tappe, quindi, nella prima trasferta internazionale del Papa, della quale verranno resi noti in seguito i dettagli. La prima in Turchia per l’anniversario di Nicea, l’assise in cui i Padri approvarono il Credo recitato ogni domenica dai cristiani. Com’è noto Papa Francesco in diverse occasioni pubbliche aveva condiviso la volontà di recarsi a maggio in Turchia e partecipare alle celebrazioni, accanto al “caro” fratello Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli. Anche una volta uscito dal lungo ricovero al Gemelli, il Papa argentino aveva chiesto ai collaboratori di poter partire in quello che sarebbe stato molto probabilmente il suo ultimo viaggio, in qualsiasi condizione fisica. Troppo importante essere presenti alla commemorazione di questo capitolo fondamentale per la storia della Chiesa che “non è solo un evento del passato, ma una bussola che deve continuare a guidarci verso la piena unità visibile di tutti i cristiani”. Parole, queste ultime, pronunciate dallo stesso Leone XIV durante l’udienza ai partecipanti al simposio organizzato a giugno dall’Angelicum “Nicea e la Chiesa del terzo millennio: verso l’unità cattolica-ortodossa”.
Parole, queste sull’unità dei cristiani, ribadite anche a Bartolomeo, il quale, venuto a metà maggio scorso a Roma a conoscere il nuovo Papa e rendere omaggio al predecessore, ha detto ai giornalisti che Leone XIV “ha assicurato il suo vivo desiderio di recarsi in Turchia, entro l’anno in corso e in una data da stabilirsi”. In un’altra occasione aveva anticipato la possibilità della data del 30 novembre, giorno in cui la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica festeggiano sant’Andrea, fratello di Pietro, che vede la visita di una delegazione della Santa Sede in Turchia (visita contraccambiata da una delegazione ortodossa il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo). E in una intervista ai media vaticani, ad agosto, durante il Meeting di Rimini, il patriarca, parlando di Leone XIV, ha detto: “Siamo particolarmente lieti che il suo primo viaggio all’estero sarà al Patriarcato Ecumenico, in Turchia, da noi, e a Nicea, dove assieme testimonieremo la nostra ferma convinzione di continuare il dialogo ecumenico e l’impegno delle nostre Chiese davanti alle sfide globali. Lo aspettiamo con grande attesa”.
La carezza al Libano
Seconda tappa, il Libano. Sul volo di ritorno dall’Iraq, quell’indimenticabile pellegrinaggio del marzo 2021 compiuto nonostante i timori per il Covid-19 e per la sicurezza, sempre Papa Francesco rispose alla domanda di un giornalista su una possibile visita dicendo di aver scritto al patriarca Bechara Raï che gli chiedeva di fare una sosta a Beirut: “Gli ho scritto una lettera, ho fatto la promessa di fare un viaggio”.
Quella promessa è rimasta incompiuta con Francesco, come peraltro avvenne proprio con l’Iraq durante il pontificato di Giovanni Paolo II. È colui che gli è succeduto sul Soglio di Pietro a realizzarla perché, mutuando una battuta sempre del Pontefice argentino, nei viaggi “c’è sempre Pietro”. Non l’uomo, ma il Papa.
E il Papa andrà a dare una carezza a questo popolo la cui sofferenza è pari alla capacità di resilienza dinanzi alla crisi economica, alla esplosione del porto di Beirut nel 2020 e le conseguenze provocate dal disastro, allo stallo politico che da gennaio sembra essere stato superato con l’elezione del presidente Joseph Aoun e le speranze che l’avere di nuovo una guida politica porta con sé. Resiliente, il popolo libanese, anche dinanzi alla guerra dei mesi scorsi di Israele contro Hezbollah che ha devastato il sud del Paese.
Nel febbraio scorso era stato il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, a compiere su mandato del Papa una missione in Libano e portare ai rappresentanti delle Chiese, alle organizzazioni caritative, ai fedeli e ai rifugiati, la vicinanza del Vescovo di Roma. Tutti, a fine di ogni incontro, esprimevano l’auspicio che questa vicinanza diventasse presenza e che il Libano vedesse di nuovo la presenza di un Papa, dopo il viaggio del 2012 – uno degli ultimi del suo pontificato – di Benedetto XVI. L’auspicio diventa realtà con l’arrivo di Papa Leone.