Sono passati esattamente 1700 anni dal Concilio di Nicea. Secondo le date ritenute più probabili dal gesuita Henryk Petrias, si è svolto tra il 19 giugno e il 25 luglio del 325 nell’attuale città di Iznik, in Turchia. «Si riunì insieme il fiore dei ministri di Dio di tutte le Chiese che si trovavano nell’Europa intera, in Libia e in Asia», come scriveva Eusebio di Cesarea nella Vita di Costantino.
Proprio su questo evento fondamentale nella storia del cristianesimo, l’Associazione teologica italiana ha curato il volume Pensare il figlio di Dio. 1700 anni dopo Nicea (Glossa, 384 pagine, 37 euro), appena pubblicato.

Il testo prende spunto dall’anniversario di quello che viene riconosciuto come «primo Concilio ecumenico», per analizzarne il gesto fondamentale, quello di aver inscritto la vicenda di Cristo in un quadro filosofico nuovo. Nicea ha avuto il coraggio di pensare la divinità del Figlio nel contesto del tempo; lo stesso gesto impone oggi ripensamenti profondi. Sono stati individuati tre snodi imprescindibili di ripensamento: ontologie relazionali (eternità e tempo), individualità e singolarità.
La pubblicazione raccoglie i contributi di studiosi che hanno approfondito queste tematiche, aprendo nuove prospettive per la comprensione del mistero di Cristo e della sua significatività nel nostro tempo. «L’intenzione di questo testo – scrive Riccardo Battocchio nell’introduzione – non è quella di ricostruire la storia complessa del Concilio di Nicea e della sua professione di fede. È piuttosto quella di ripensare quel “gesto fondamentale” e di verificare la possibilità di accogliere la provocazione che esso rappresenta, come invito a interrogarci sul darsi di Dio in Gesù Cristo, pensandolo e dicendolo in un contesto diverso da quello di Nicea, rimanendo fedeli a ciò che a Nicea si è inteso affermare per salvaguardare e sostenere la fede di tutte le Chiese».



