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Percorsi ecclesiali

Proposta pastorale 2025-2026

Sirio dal 17 al 23 novembre 2025
Radio Marconi cultura
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Intervista

«La sinodalità ci porta a ripensare il rapporto tra servizio e potere»

Don Luca Violoni, decano di Peschiera Borromeo - San Donato, riflette sulla nuova Proposta pastorale e sulle sue implicazioni: «L’Assemblea sinodale decanale è un segnale di missione che porta l’iniziativa evangelica fuori dalle attività ordinarie delle parrocchie. Dal Consiglio pastorale deve venire un aiuto a prendere una decisione che sia espressione di tutto il popolo di Dio»

di Annamaria BRACCINI

6 Luglio 2025

Prende titolo da un’espressione di Gesù riportata – seppure con lievi differenze – nei tre Vangeli sinottici (Tra voi, però, non sia così) e delinea percorsi specifici con al cuore la sinodalità in vista della missione dei cristiani, gente «originale», capace di non essere omologata ai comportamenti più diffusi. È la Proposta pastorale dell’Arcivescovo per il 2025-2026. «Sicuramente si tratta di riconoscere che la Chiesa universale ha fatto un cammino e ha preso una posizione importante, quella del documento finale espresso dalla XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Un atto del magistero di papa Francesco che è stato riconosciuto come tale»: don Luca Violoni, decano di Peschiera Borromeo – San Donato (Decanato che include 23 parrocchie in 5 Comuni, per un totale di circa 120 mila abitanti), indica come leggere i punti-cardine della Proposta.

Dunque, un orizzonte di riferimento preciso…
Certamente. Dobbiamo essere consapevoli che, se la Chiesa universale si è così impegnata su alcune affermazioni circa la sinodalità, ci è chiesto di accoglierle, di fare spazio, di ripensare il modo di vivere la nostra spiritualità e anche l’esercizio di alcune forme di potere. Infatti la citazione scelta come titolo richiama proprio questo, cioè l’esercizio del potere che Gesù dice andrà rivisto: tra i potenti si fa in un certo modo, ma tra noi non sia così. Questo è un tema particolarmente interessante, perché la sinodalità porta a ripensare non solo qualche pia pratica, ma anche le forme strutturali di funzionamento, come anche il rapporto tra il servizio e il potere. Ritengo che occorra non liquidare troppo velocemente il tema del potere, come l’Arcivescovo ha peraltro richiamato in un recente articolo pubblicato dalla rivista Presbyteri. Credo che la Proposta pastorale voglia farsi carico di tutto questo, cercando di comprendere come nella nostra Diocesi possa trovare spazio adeguato e fecondo.

Don Luca Violoni

L’Arcivescovo scrive: «La riduzione della natura missionaria della Chiesa a luogo comune è l’anestetico che spegne linquietudine e linterrogativo della missione»…
Penso che sia davvero così, perché alcune parole ormai rischiano di diventare un guscio vuoto: bisogna ripartire da alcune buone prassi, con narrazioni di vita ecclesiale concreta che ci facciano capire che queste parole sono vere e vive. Occorre che le comunità cristiane raccontino le loro scelte concrete. In relazione, per esempio, alla Chiesa dalle Genti, abbiamo detto molto, ma chiediamoci: ci sono persone di altre nazioni nei nostri Consigli pastorali? Come questa presenza diventa lievito anche per le nostre liturgie? Abbiamo bisogno che le parabole di vita evangelica, che già ci sono, divengano una provocazione per tutti.

Lei è decano di una realtà particolarmente ampia: come sta funzionando l’Assemblea sinodale decanale?
Penso ci sia stato un inizio discreto e promettente. Poco alla volta si è cominciato a configurare quello che l’Arcivescovo ha detto molto chiaramente durante l’ultima assemblea dei Decani, ossia che l’Asd è un segnale di missione, perché racconta di una realtà di laici, di diaconi, di consacrati e consacrate, di sacerdoti, che si impegnano insieme su temi come il lavoro, le dipendenze, la scuola, il rapporto con le istituzioni pubbliche, lo sport, la cura, la cultura. Non si tratta di realizzare la missione sotto ogni aspetto, ma di dare appunto un segnale che porta la nostra iniziativa evangelica fuori dalle attività ordinarie delle parrocchie. Bisogna anche superare l’idea per cui le Assemblee sinodali si occuperebbero di missione e le parrocchie invece della pastorale. Chiaramente non è così.

A conclusione della Proposta c’è il gustosissimo dialogo tra il Signore e don Camillo, poco incline a credere nel Consiglio pastorale. Un messaggio dell’Arcivescovo per voi preti?
Io penso che il Consiglio pastorale – come, peraltro, emerge dall’impegno profuso anche a livello di governo centrale della Diocesi – sia uno strumento fondamentale. Bisogna però intenderlo bene. Il Consiglio pastorale non è, anzitutto, un luogo dove immediatamente si realizza ciò che viene pensato. Dovrebbe essere invece un aiuto a vedere la missione a tutto campo e, quindi, a prendere una decisione che sia espressione di tutto il popolo di Dio. Ritengo che al Consiglio pastorale bisogna chiedere quello che può dare, cioè un consiglio fondamentale per prendere una decisione buona e condivisa. L’Arcivescovo lo chiama «discernimento incarnato», per il quale – la Proposta pastorale lo dice a più riprese – occorre informazione e formazione, anche per i preti. Allora il ministero non viene diminuito, ma esaltato perché abbraccia una sintesi di tutto il popolo di Dio.

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