«La storia della Chiesa è come la tessitura di un grande arazzo, e il disegno che Francesco ha fatto su questo arazzo è definitivo». Lo sostiene l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, in un’intervista concessa giovedì a Radio Marconi, ricordando il Santo Padre e i frutti di un pontificato legato dal filo rosso della misericordia maturati nella Diocesi ambrosiana. «Si può dire molto – ha sottolineato l’Arcivescovo martedì scorso nella Messa di suffragio celebrata in Duomo (vedi qui) -, però io credo che si possa dire semplicemente così: papa Francesco è un cristiano che ha fatto Pasqua. Ha sperimentato il timore e la gioia grande e si è dedicato a sostenere la fede e la perseveranza dei fratelli. Ed è stato fastidioso, irritante per la sua parola che, in nome del Vangelo, ha proposto uno stile di vita, un’attenzione ai più poveri, un doveroso cammino di conversione».
Eccellenza, che cosa riassume meglio la poliedricità del pontificato di papa Francesco?
Credo che il suo motto episcopale, Miserando atque eligendo, sia una proposta sintetica molto affascinante: Dio ha avuto misericordia di me e mi ha scelto e sono incaricato di praticare la misericordia. Questo atteggiamento di presa a cuore della Chiesa, dei poveri, delle guerre, delle situazioni complicate che si sono realizzate anche nella Chiesa, la misericordia con cui si è fatto carico dei miseri, mi pare che sia iscritta nella sua intuizione originaria di quando è diventato vescovo e Papa. Riassume tanti aspetti del suo pontificato.
Quale indirizzo il Santo Padre ha dato alla Chiesa? Ed è irreversibile?
La storia della Chiesa è come la tessitura di un grande arazzo. Quindi ciascuno porta i suoi fili, tesse il suo disegno e l’arazzo poco a poco si completa. Nella storia della Chiesa ciascuno ha portato il dono speciale che ha ricevuto dallo Spirito: tutto ha contribuito a scrivere la storia della Chiesa, la sua tradizione, le sue manifestazioni al mondo, i suoi peccati, le sue grazie. Noi stiamo tessendo tutti insieme questo arazzo e l’impronta che papa Francesco ha lasciato è definitiva, è come quando si fa un disegno su un arazzo. Poi continueranno i suoi successori a tessere l’arazzo, perché la gloria di Dio possa manifestarsi in ogni tempo e in ogni luogo attraverso il segno povero della Chiesa.
In che modo la Diocesi di Milano può custodire l’eredità di papa Francesco?
In Diocesi il magistero di papa Francesco è stato recepito da molti dando vita anche a forme continuative di riflessione, di impegno come i gruppi Laudato si’, i percorsi della sinodalità, tante forme di interpretazione del fenomeno migratorio, di sensibilità per la pace o di cura per la recezione del Vaticano II nelle sue forme più significative. Il tema della sinodalità – su cui il Papa ha impegnato tutta la Chiesa, quella italiana in particolare, e che anche la Chiesa di Milano sta praticando – è un’eredità significativa di un modo nuovo di gestire la responsabilità, la corresponsabilità e la decisione sui temi dentro la comunità milanese.
Vuole condividere con noi un suo ricordo personale di una parola dettale dal Papa durante un incontro?
Una parola che mi è stata rivolta da papa Francesco e che lui ha ripetuto incontrando gruppi di ambrosiani in visita è stata: «Il vescovo di Milano è piccolo, ma è tutto pepe». Francamente si può mettere in dubbio l’attendibilità della valutazione (sorride, ndr). Ma io l’ho sempre accolta come un’espressione di simpatia.




