Percorsi ecclesiali

L’Avvento 2023 nella Chiesa ambrosiana

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Meditazione

Isaia: «Lo Spirito del Signore rinnova la faccia della terra»

Nella predicazione in Duomo per la quinta Domenica d’Avvento l’Arcivescovo prosegue l’“intervista” al profeta, che invita il discepolo a non rassegnarsi alla disperazione, ma a praticare sapienza, fortezza e timore di Dio, perché «la parola dell’Eterno è promessa affidabile»

di monsignor Mario DELPINIArcivescovo di Milano

10 Dicembre 2023
Isaia (olio su tavola di fra Bartolomeo, conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze)

Il discepolo: «È stato abbattuto l’albero imponente, è stato tagliato l’albero grandioso: è stata devastata la casa di Davide, è stata dimenticata la gloria della discendenza di Iesse. C’era e non c’è più.
Tutto quello che nasce muore, tutto quello che comincia finisce. Ma anche le promesse di Dio sono finite? Anche la parola che viene dall’Eterno, va a morire nel tempo?».

Il profeta: «L’albero è stato abbattuto, ma vedo un germoglio che spunta dal tronco di Iesse, un virgulto spunta dalle sue radici. La parola dell’Eterno è promessa affidabile e il suo compimento non è il trionfo grandioso, ma il germoglio modesto, la mite tenacia dell’amore invincibile».

Il discepolo: «Nella foresta infestata dai rovi potrà un germoglio essere il futuro? Sulla terra devastata dalla prepotenza potrà la mitezza edificare la pace?».

Il profeta: «Figlio mio e voi tutti figli e figlie degli uomini, perché cercate scuse per rassegnarvi alla disperazione? Perché vi ritirate in disparte per permettere alla notte di avvolgere di tenebra la terra e cancellare ogni bellezza? Perché dite: quello che posso fare è troppo poco, tanto vale non fare niente? Perché camminate a capo chino, come vittime del destino?
Sul germoglio si poserà lo Spirito del Signore. Lo Spirito del Signore rinnova la faccia della terra!».

Il discepolo: «Dove, profeta? Come, profeta? Quando, profeta?».

Il profeta: «Tu mi domandi: dove? Non vedi? Qui!
Tu mi domandi: come? Non sai? Lo Spirito del Signore è spirito di sapienza. Il germoglio di Iesse, il Bambino figlio del silenzio e della gioia, insegna la via: perché non apri la tua mente all’audacia del pensiero?
I rovi infestano la terra, perché il buon seme si lascia soffocare?
Ma ecco, il seme che muore da solo per amore compie la promessa e porta molto frutto.
Il Figlio del silenzio e della gioia fa germogliare la pace e la giustizia, perché non ti lasci convincere a seguire la via della pace e della giustizia?».

Il discepolo: «Apri la nostra mente, scalda i nostri cuori, profeta! I nostri sapientoni invadono il silenzio seminando con arroganza la banalità. Chiamano intelligenza l’astuzia per adattarsi nell’adorare gli idoli muti. Sono generosi di consigli per convincere a rinunciare all’originalità. Dichiarano incomprensibile la parola del Signore e inaccessibile la sua dimora. I sapientoni dichiarano improbabile l’esistenza del Signore e certa, invece, la potenza dei prepotenti e inevitabile l’omologazione».

Il profeta: «Eppure l’eletto, il germoglio, ha fatto dono dello Spirito del Signore agli eletti.
Abita la terra il popolo degli eletti: sono gli agnelli che pascolano tra i lupi, sono i bambini che accarezzano i serpenti.
Che cos’è infatti la sapienza? È la parola della verità, umile e discreta. Non fa rumore, ma scalda il cuore e convince a credere al dono della gioia, a lasciarsi illuminare dalla luce, per diventare luce.
Questa parola è presso di te: non devi scalare montagne, non devi attraversare gli abissi. Perché non ti lasci semplicemente accendere dalla sua luce? Chi ti ha convinto che è meglio abitare le tenebre?
Che cos’è infatti la fortezza? È la perseveranza fiduciosa, che non cerca la ribalta e non si lascia stancare dalla tristezza, è la fedeltà possibile, ogni giorno, nella pazienza che lascia al seme il tempo di portare frutto.
Questa fortezza abita nell’intimo dei semplici, dei miti, degli eletti. Questo spirito di fortezza abita in te. Chi ti ha convinto che non puoi essere forte, fedele, tenace nel praticare le vie del bene?
Che cos’è infatti il timore del Signore? È un affidarsi senza riserve, è una speranza che si alimenta della certezza della sua presenza e non è ossessionato dal misurare il guadagno e controllare il risultato. Il timore del Signore è quell’intimità che adora e adorando non si stacca dalla vite per essere tralcio carico di frutti; è quella pace che si addormenta ogni sera come il servo che ha fatto tutto quello che doveva e non si aspetta che di essere tra le braccia della misericordia. Chi ti ha convinto che il male è troppo prepotente? Sono i miti che possiedono la terra.
Accogli, dunque, fratello, sorella lo Spirito del Signore.
Ecco: io vedo il germoglio, il principio di un mondo nuovo».

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