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Matera

Dai carcerati le ostie per il Congresso eucaristico nazionale

Il progetto ha visto il coinvolgimento di numerosi detenuti di Opera e Castelfranco Emilia ed è una tappa fondamentale nel loro cammino di riconciliazione e riparazione al male commesso

di Massimo PavanelloDelegato diocesano al Congresso eucaristico

19 Settembre 2022
I detenuti impegnati nella produzione delle ostie

Sono stati i detenuti delle carceri di Opera (Milano) e di Castelfranco Emilia (Modena) a preparare le 35 mila ostie che verranno distribuite durante le celebrazioni del XXVII Congresso eucaristico nazionale, in programma a Matera dal 22 al 25 settembre.

Realizzato grazie al sostegno della Fondazione «La Casa dello Spirito e delle Arti» del carcere di Opera e alla Cooperativa sociale «Giorni Nuovi» e «Missione speranza» del carcere di Castelfranco Emilia, il progetto ha visto il coinvolgimento di numerosi detenuti: la produzione artigianale delle ostie è stata una tappa fondamentale nel loro cammino di riconciliazione e riparazione al male commesso, che viene sostenuto e incoraggiato da tanti cappellani e volontari che rendono le carceri luoghi di recupero e non polveriere di rabbia.

La voce della speranza

È stato proprio l’Ispettorato generale dei cappellani delle carceri italiane, infatti, a promuovere l’iniziativa. Essa esprime la condivisione spirituale dei ristretti con le Chiese in Italia e lancia un messaggio forte: «Il pane che sulla mensa diventerà il Corpo di Cristo vuole essere la voce della speranza rivolta a tutte le comunità ecclesiali e al mondo civile per non dimenticare che, anche nelle carceri, c’è una Chiesa bisognosa di ascolto, di accoglienza e di riscatto», ha detto don Raffaele Grimaldi, Ispettore generale dei cappellani delle carceri.

Il Congresso eucaristico nazionale, ha quindi concluso il sacerdote, «ci faccia cogliere e comprendere ancora di più che in quel piccolo pezzo di pane, che nutre la nostra fragilità umana, oltre ad esserci Il Cristo Vivente, sono racchiusi anche i dolori dell’umanità, sono impressi i volti di coloro che vivono nelle carceri».

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