Non vi è forse persona che ha vissuto maggiormente, giorno dopo giorno, passo dopo passo, il Sinodo sulla Sinodalità, di padre Giacomo Costa, segretario speciale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi e presidente della Fondazione Culturale San Fedele. A lui – gesuita come papa Francesco – chiediamo anzitutto se la questione di una Chiesa sinodale fu sempre cara al Pontefice, fin dall’inizio del suo ministero petrino: «Per certi versi sì. Appena eletto, il 13 marzo 2013, dalla loggia della Basilica di San Pietro papa Francesco pronunciò parole che contenevano l’idea di camminare insieme nella carità: “E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese”. Però, almeno all’inizio, non usava il termine sinodalità, forse lo trovava astratto e preferiva espressioni più immediate e pastorali».
Una sinodalità emersa pian piano come categoria portante del suo magistero…
Sì. Di alcune tappe ho avuto il privilegio di essere testimone. Un tornante significativo è il 2015, con la celebrazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi. In quell’occasione papa Francesco indicò nella sinodalità «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». Tre anni dopo, al Sinodo dedicato ai giovani, emerge che questi vogliono essere soggetti attivi della missione della Chiesa e non destinatari passivi di iniziative pastorali. Si fa così strada l’idea di un esercizio sinodale della missione della Chiesa e questo conduce a inserire la sinodalità nella rosa dei temi per il Sinodo successivo. Papa Francesco lo sceglie e si apre così il Sinodo 2021-2024, «Per un Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione», che mette a tema la sinodalità come dimensione costitutiva e come stile dell’essere Chiesa.

Da dove veniva questa visione: dal suo carattere, dalle esperienze pastorali precedenti al papato, dall’essere gesuita?
Credo ci sia una radice latino-americana, anzi proprio argentina, nella teologia del popolo. In Evangelii gaudium papa Francesco sottolinea come sia fondamentale diventare un popolo, al cui interno ci sia uno spazio per tutti, anzi, come amava dire, per «tutti, tutti, tutti». La sinodalità è il modo per vivere questa tensione all’interno della Chiesa, radicata in una visione non individualistica della fede e nella capacità di passare “dall’io al noi”. Viene, invece, dalla tradizione dei Gesuiti l’accento sulla pratica del discernimento comunitario come modo di procedere della Chiesa sinodale, come metodo che sa comporre e articolare il contributo di ciascuno come base per mettersi in ascolto della voce dello Spirito e arrivare così ad assumere le decisioni.
Quale era il pericolo maggiore che il Papa intravvedeva se la Chiesa non avesse intrapreso un cammino di sinodalità?
Papa Francesco ha spesso richiamato le disuguaglianze crescenti, il disincanto verso la democrazia e le derive autoritarie, insieme al predominio di un modello di mercato che ignora la fragilità delle persone e del creato. In un simile scenario, la prospettiva sinodale costituisce una profezia critica nei confronti del pensiero dominante e suggerisce un modo per sfuggire alle polarizzazioni, chiedendo, però, alla Chiesa una conversione profonda, che affronti la frammentazione e la polarizzazione anche al suo interno. Per papa Francesco il Sinodo è una strada fondamentale per imparare a riconoscere e apprezzare le diversità e far crescere il desiderio di unità in Cristo. Questo per lui è il dono dello Spirito Santo, maestro di armonia e vero protagonista di una Chiesa sinodale.
E adesso?
Avviato nel 2021, il processo sinodale ha già raggiunto una conclusione con la XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2024. Questa conclusione, però, ha anche rilanciato il processo, aprendo la fase della recezione. È stato papa Francesco stesso a operare questo rilancio, quando ha accolto il Documento finale nel proprio Magistero e ha affermato autorevolmente che esso «contiene indicazioni che, alla luce dei suoi orientamenti di fondo, già ora possono essere recepite nelle Chiese locali e nei raggruppamenti di Chiese, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria». A marzo 2025, la Segreteria Generale del Sinodo ha ricevuto da papa Francesco il compito di accompagnare questo processo. Toccherà al prossimo Papa, che del Sinodo è il Presidente, orientare questo servizio secondo le modalità che riterrà più opportune.




