«Tenere vivo lo “spirito di Assisi”, suscitato da Giovanni Paolo II, è testimonianza di grande significato». Lo ha affermato domenica 26 ottobre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento all’incontro internazionale per la pace dal titolo «Osare la pace – Religioni e culture in dialogo» promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.
«Il riconoscersi tra i popoli come eguali, gli scambi, il permettere accesso reciproco alle rispettive risorse, ha sconfitto, nel Novecento, l’idea che, per sopravvivere, fosse necessario combattere per sottrarre beni a qualcun altro», ha osservato il Capo dello Stato, evidenziando che «il nazionalismo da opporre ad altri nazionalismi nasce dal considerare gli altri popoli come nemici, se non come presenze abusive o addirittura inferiori per affermare con la prepotenza e, sovente, con la violenza, pretese di dominio».
Le nuove sfide per la democrazia
Secondo il Capo dello Stato, per un trentennio questo fenomeno politico sembrava archiviato nel passato. Il dialogo tra il presidente americano Ronald Reagan e il segretario del Pcus Michail Gorbaciov aveva segnato la fine della Guerra Fredda, seguita dall’apertura a un’accentuata interdipendenza globale.

Uno scenario che, tuttavia, lo stesso Mattarella riconosce oggi come profondamente mutato. «Il tema della forza pretende nuovamente di essere misura delle relazioni internazionali. Abbiamo costruito, con l’Unione europea, una condizione per cui le armi avrebbero taciuto per sempre. E questo per volontà democratica dei suoi popoli liberi, non per imposizione imperiale o di uno dei dittatori, protagonisti di disumani esperimenti del secolo scorso».
I protagonisti di questo cambiamento per Mattarella sono tutti gli attori pubblici che hanno partecipato a questa vita democratica: le opinioni pubbliche, i movimenti popolari per la pace, le comunità, come quella di Sant’Egidio che «hanno sviluppato – afferma il presidente – percorsi in direzione della pace. Un impegno prezioso che, nell’attuale scenario geopolitico, appare più che mai indispensabile».
Disarmare gli animi

Ma come trovare gli strumenti per costruire questa pace? La risposta del Capo dello Stato prende in prestito le parole di papa Leone XIV. «Serve disarmare gli animi e disarmare le parole per poter realmente favorire la pace. Faccio mio il suo appello di pochi giorni fa, in occasione della visita al Quirinale, affinché si continui a lavorare per ristabilire la pace in ogni parte del mondo e perché sempre più si coltivino e si promuovano principi di giustizia, di equità e di cooperazione tra i popoli, che ne sono irrinunciabilmente alla base».
Modelli agli antipodi da tutti quei comportamenti «ritenuti generalmente riprovevoli, se non severamente censurabili, se relativi alle normali relazioni umane, che abbiano la pretesa, nelle relazioni internazionali, di essere considerati fatti politici. Mentre, alla parola ‘dialogo’, viene attribuito, anziché il carattere della fortezza, il segno di una debolezza, di una remissività».
I «facilitatori di pace» in Terra Santa e Ucraina
Un passaggio è stato dedicato anche alle ultime notizie provenienti da Gaza, dopo gli accordi di Sharm El-Sheikh e i primi passi di intesa con il rilascio degli ostaggi.

Tutti esempi che, sottolinea il capo dello stato, ricordano come i processi di pace necessitino di perseveranza. «Istituzioni, diplomazie e numerosi altri ‘facilitatori di pace’, incluse le comunità religiose, svolgono quest’opera giorno dopo giorno, spesso lontano dai riflettori e senza ambire a superflui riconoscimenti esteriori. Alla forza della prepotenza va contrapposta la forza tranquilla delle istituzioni di pace».
L’auspicio di Mattarella è che questa “scintilla di speranza” si estenda dalla Terra Santa fino all’ucraina, dove anche le più recente iniziative negoziali stentano a decollare, mentre le sofferenze di bambini, donne, uomini procurate «dalla spietatezza dell’aggressione russa – definisce Mattarella – non accennano a diminuire».




