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Incontro

Nel Libano dei conflitti si sogna la pace

Secondo padre Michel Abboud, religioso carmelitano presidente di Caritas Libano, con cui Caritas Ambrosiana collabora da anni, il Paese resiste e può farcela «perché sa mescolare genti e tradizioni in un mosaico ricco di umanità»

di Annamaria BRACCINI

16 Gennaio 2024
Padre Michael Abboud con Matteo Amigoni

«Nel Paese oggi c’è tanta angoscia, per la guerra che preme dal sud del Paese con gli Hetzbollah, per la paura di non riuscire più a sostenere i rifugiati siriani, per la situazione generale del Medio Oriente, per la crisi economica postcovid». Non è semplice, né rassicurante, l’attuale situazione del Libano delineata da padre Michel Abboud, religioso carmelitano, da aprile 2020, presidente di Caritas Libano, con cui Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana collaborano da anni.

A Milano per un doppio appuntamento di approfondimento e dialogo, aperto da un primo incontro, svoltosi presso la sede di via San Bernardino, padre Abboud, non ha dubbi. «Il Libano, il Paese che oggi conta più rifugiati rispetto alla propria cittadinanza, segnato da conflitti, assoggettato alle pressioni di terrorismi di varia matrice, ostaggio di una cronica impasse politica e istituzionale, vessato da ricorrenti crisi economiche, reduce dalla catastrofica (agosto 2020) esplosione al porto di Beirut però resiste e può farcela, perché, memore di tempi più felici, sa mescolare genti e tradizioni in un mosaico ricco di umanità». 

Un’occasione per ringraziare

Moderato da  Matteo Amigoni, del Settore Internazionale Caritas Ambrosiana,  il confronto, intitolato “Libano: l’emergenza continua. L’impegno di Caritas: situazione, attività, prospettive”, è stata anche occasione per dire un “grazie” da parte del religioso libanese, presenti don Paolo Selmi, vicedirettore dell’organismo diocesano.

«Noi diciamo Dio ama il Libano perché ha mandato persone come voi. Fare il bene è un’opportunità, perché su questa terra siamo solo di passaggio. Hanno preso le nostre case, i nostri danari, ma non possono levarci la fede che ci dà la forza di continuare la nostra vita pur nelle difficoltà», sottolinea Abboud. «La pace è nei nostri cuori come nei vostri e questo costruisce una comunità di bene».

Come è stato evidente nei collegamenti realizzati con Danilo Feliciangeli di Caritas Italiana e con i 4 volontari del servizio civile all’estero di Caritas Ambrosiana, da ottobre a Lesbo per motivi di sicurezza, ma impegnati da circa un anno in Libano. Ragazzi attivi in due Centri, uno per lavoratrici domestiche migranti, spesso sfruttate, e un altro che accoglie donne con minori vittime di violenza di genere, in maggioranza arabofone, promuovendo attività per i bimbi con iniziative di sostegno, ricreative e di rinforzo scolastico.

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«Queste donne – ha notato padre Abboud – danno la vita ai bambini di altri, ma vengono viste solo come braccia da lavoro e non si capisce la loro sofferenza lontane dai loro figli, come racconta il libro presentato al termine dell’incontro, “Al Qossa W Qossa”. Pubblicazione che racconta otto storie “della buonanotte” di queste collaboratrici domestiche che arrivano per lo più dall’Africa e dal Sudest asiatico. Testo tradotto in italiano, ma che ha voluto mantenere anche i racconti in arabo per sottolineare il rapporto con Caritas Libano.   

Poi, per chiudere la mattinata, ci si è tutti riuniti per una preghiera per la pace nella vicina chiesa di San Bernardino alle Ossa, presieduta dal moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti e a cui ha preso parte il personale della Curia. 

Tra canti, la lettura della Parola di Dio e di stralci dei messaggi Urbi et Orbi del Natale scorso e per la Giornata della Pace di papa Francesco, particolarmente dolorose, ma comunque segnate dalla speranza è stata l’invocazione di padre Abboud. «Perché Signore il sangue, perché sempre le guerre, perché i bambini vivono in guerra: questa è la tua terra, perché non ci dai la pace? La tua pace viene dal cuore: adesso Signore ti chiediamo di vivere nella pace interiore e noi sappiamo che con la fiducia in Te possiamo raggiungerla».

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