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Evento

«Divine creature», la bellezza che trasfigura e include

L'Arcivescovo ha inaugurato al Museo Diocesano di Milano la mostra che presenta la rielaborazione fotografica di dieci capolavori dell'arte sulla vita di Gesù, "interpretati" da persone con disabilità, realizzata in collaborazione con la Consulta diocesana "O tutti o nessuno". Ragazzi disabili che accompagneranno i visitatori alla scoperta della rassegna stessa.

di Annamaria BRACCINI

5 Marzo 2024
Foto Agenzia Fotogramma

«Questa mostra sia un’esperienza spirituale, una sfida per riflettere su una parola complessa, la bellezza, convertendo il nostro modo di vederla». È questo che l’Arcivescovo chiede a coloro che visiteranno la rassegna “Divine Creature”, un progetto fotografico ideato e curato da Adamo Antonacci, che affronta il tema della disabilità usando il linguaggio dell’arte, proposto dal Museo Diocesano Carlo Maria Martini e dalla Consulta diocesana “Comunità cristiana e disabilità. O tutti o nessuno” con il sostegno di Bcc Milano, Pio Istituto dei Sordi, Fondazione Oltre.

La Mostra

Una rassegna realizzata attraverso 10 scatti realizzati da Leonardo Baldini, che riprendono altrettanti capolavori della storia dell’arte dal XV al XX secolo riferiti agli episodi della vita di Cristo – dall’Annunciata di Antonello da Messina all’Angelo musicante di Rosso Fiorentino, dall’Annunciazione e la Cena in Emmaus di Caravaggio al Lamento sul Cristo morto di Mantegna – dove i personaggi sono interpretati da persone con disabilità e dai loro familiari. Molto di più di tableaux vivants fotografati o di semplici tentativi di imitazione delle opere originali: agli scatti, infatti, sono seguite ore di meticolosa postproduzione, che però non ha mai modificato volti ed espressioni degli “attori” ai quali era stato chiesto di interpretare e vivere in prima persona la scena. Inaugurata alla presenza del vescovo Mario, la mostra sarà visitabile (per info www.chiostrisanteustorgio.it) fino al 14 aprile con una sorta di valore aggiunto rispetto ad altre locations in vari musei che hanno l’hanno già ospitata. Infatti, grazie alla collaborazione con Anffas Nordmilano, saranno presenti in mostra alcune persone con disabilità per condividere con i visitatori il proprio personale punto di vista sulle opere esposte attraverso un’iniziativa inclusiva che è frutto del percorso educativo e formativo “Cultura Accessibile”, avviato dalla Cooperativa Arcipelago-Anffas Nordmilano di Cinisello Balsamo.

Un lavoro, su più fronti dunque, portato avanti per mesi con amore e professionalità che ha prodotto una profonda ricchezza spirituale e quella bellezza a cui ha fatto riferimento, nel suo intervento, l’Arcivescovo.  

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L’intervento dell’Arcivescovo

«La bellezza si può intendere come un apparire che genera attrattiva, che significa il desiderio di avere e di possedere una persona, ma questo atteggiamento contiene un peccato originale, appunto ridurre una persona a un oggetto del mio desiderio», osserva monsignor Delpini, «mentre per fare esperienza di questa mostra dal punto di vista spirituale, occorre una conversione, come sempre quando guardiamo qualcosa di bello».

Un’esperienza che il vescovo Mario confida di aver fatto «contemplando Gesù crocifisso, l’uomo dei dolori convertito, per aver amato fino alla fine, nel più bello dei figli degli uomini su cui siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo».  

«La bellezza non dipende, infatti, da un’estetica che si fa amare o da una perfezione, ma è un’attrattiva che trasfigura ciascuno di noi in una persona capace non solo di possesso, ma di amare, di alzare lo sguardo con un amore che avvicina a Dio e che non è monopolio di nessuno. Questo significa che ogni persona è capace di suscitare amore, chiunque sia e qualunque sia la sua condizione, senza porre distinzione di come si presenta l’aspetto fisico. La sfida della mostra è invitarci a tale conversione, attraverso immagini che sono amabili perché rendono capaci di amare, inducono a scavare dentro di noi per comprendere che la nostra natura è chiamata ad amare e non a possedere».  

I saluti istituzionali: Righi e don Santoro  

Dopo la lettura del messaggio dell’assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari Opportunità di Regione Lombardia, Alessandra Locatelli, la breve riflessione della direttrice del “Diocesano”, Nadia Righi, rende per intero l’emozione e l’orgoglio con cui il Museo si apre a questa nuova offerta culturale e inclusiva. «Non esattamente una mostra, ma un progetto aperto che ha preso il via nel 2017, nel quale ciascuno può coinvolgersi facendo un passo in più, grazie ai 6 giovani dell’Anfass che proporranno ai visitatori una loro lettura dei capolavori, facendoli parlare». 

E l’applauso scatta fragoroso quando i sei ragazzi chiamati per nome e pronti ad accompagnare nel percorso espositivo i tanti visitatori presenti per l’inaugurazione, si alzano in piedi per presentarsi.  

«In tanti ambiti si parla delle persone con disabilità, ma in questa mostra sono loro a comunicare qualcosa a noi», dice don Mauro Santoro presidente della Consulta diocesana “Comunità cristiana e Disabilità”. «Il mio augurio, come accade per ogni opera che si contempla, è di uscire da questa rassegna con uno sguardo diverso, con un’emozione che possa aiutarci a riflettere».

D’altra parte, “cambiare lo sguardo” è proprio lo slogan della Consulta. «Ma sappiamo – continua don Santoro – quanto tale mutamento sia difficile e per niente scontato, con il rischio che, tra innegabili passi avanti, se ne faccia qualcuno indietro. Penso all’attenzione che rende questa mostra un incontro con gli originali riletti da altri originali e come ogni incontro, senza attenzione, rimanga segnato dalla superficialità e dalla retorica. La preparazione dei nostri ragazzi e la tensione che comunicano le immagini ci ricordano quanto i particolari possano fare la differenza».

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Nessun pietismo

A prendere la parola è, poi, il curatore Antonacci che, dopo la proiezione delle riprese del backstage di preparazione della rassegna – visibile anche nel percorso inquadrando un Qr-code – spiega «il lavoro di sei mesi di studio necessario per le immagini, perché la cosa fondamentale, quando si fa coincidere la figura del Cristo con la disabilità, è arrivare a un altissimo livello sfuggendo al pietismo. Io non volevo in alcun modo offendere coloro che sono stati coinvolti con un tale atteggiamento: così, tutti noi che abbiamo contribuito, li abbiamo trattati come professionisti e il risultato si vede. Ho promosso questa mostra per portare un cambiamento nel campo della disabilità, dove stiamo facendo dei progressi, ma si deve fare di più. Se vogliamo incontrare Dio bisogna andare dai più fragili».

Infine il vicario episcopale e presidente del Museo, monsignor Luca Bressan, sottolinea, a partire dalla recente inaugurazione dell’esposizione del “Compianto del Cristo morto” di Giovanni Bellini, pure in mostra al “Diocesano”. «Il “Compianto” mostra come Dio sia capace dalla morte di dare la vita e così accade posando lo sguardo su queste opere, dalle quali dobbiamo farci guardare, perché in noi c’è una traccia irriducibile del Signore che nessuna disabilità può cancellare», conclude, richiamando la sua particolare sensibilità per i temi della disabilità, «avendo due miei fratelli, per la società e per lo Stato, disabili, ma bravissimi nello starmi accanto».

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