Ecco un film di cui si può auspicare un remake italiano. Una pratica non particolarmente stimolante per la creatività, ma talvolta interessante.
Guida pratica per insegnanti è infatti un film perfetto per essere declinato con varie sensibilità locali. Benjamin (Vincent Lacoste) è un professore appena approdato nel mondo della scuola. Incontra un corpo docenti unito nel proposito di sopravvivere al liceo Victor Hugo, situato nelle banlieue di Parigi.
La trama
Il film procede in maniera fin troppo episodica seguendo i singoli professori: c’è chi cerca di mantenere alta la passione, chi convive con il burnout, chi cerca il trasferimento salvo poi osservare le aule vuote con malinconia. Guida pratica per insegnanti è strettamente legato a Il primo anno, sempre di Thomas Lilti, che con qualche aggiustamento potrebbe funzionare come prequel. Il proposito è di raccontare gli insegnanti nella loro umanità. Per questo andrebbe rifatto in chiave italiana, con i nostri problemi e il nostro “realismo tragicomico”.
Il filo conduttore è infatti fotografare la psicologia, le fragilità e le bizzarrie del corpo docente. Non con giudizio, ma con amore per il mestiere. È da applausi la franchezza del racconto, come riesce ad essere leggero eppure profondo.
La sequenza della prima lezione è irresistibile. Un bravo professore di matematica si dimentica tutto, persino i calcoli più basilari. Viene salvato da YouTube e dai content creator che suggeriscono lezioni appassionanti per studenti sempre più distratti. Si focalizza bene anche l’oppressione dei continui esami, controlli e verifiche, che mandano fuori di testa chi cerca di diventare di ruolo.
Comprendere il ruolo degli insegnanti
C’è anche François Cluzet, nei panni di un professore dalla lunga carriera che, proprio in funzione della sua anzianità scolastica, riesce ad avere un’autorevolezza che non è data ad altri. Non mancano poi le prove antincendio finite in (quasi) tragedia, ma anche i sorrisi, la solidarietà tra professionisti e le emozioni che la fine dell’anno può dare.
Un’opera graffiante, col sorriso, che si presta allo spettatore come guida pratica – e attendibile – non tanto per essere insegnanti, ma per capire il loro lavoro.









