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Natale

Un Presepe vivente, diventando bambini, per capire il Mistero

Nella rappresentazione c'è il carpentiere, il fabbro, il falegname, c'è anche l'ateo del paese. Il presepe si fa per i bambini e parla agli adulti

di Vittorio CHIARI Redazione Diocesi

23 Dicembre 2009

Diventare bambini. È la condizione migliore per “comprendere la teologia del Presepe”. È lo spirito con il quale è stato costruito il testo per un Presepio vivente di un paesino di montagna.
Parlando ai bambini si è parlato agli adulti, a gente matura, non sempre familiare con le cose di Chiesa. «Non volevo fare la parte, ma mio nipote ha insistito: “Nonno, ci vuole un fabbro ferraio e tu sei bravo a lavorare il ferro”. Non capisco cosa ci stia a fare un fabbro ferraio nel presepe ma me l’ha chiesto così gentilmente che ho accettato. Me lo ha spiegato poi il falegname: “Io devo costruire la croce e tu i chiodi perché, mi ha detto il regista, il Bimbo è destinato a morire in croce per la salvezza degli uomini”».

C’è stata discussione tra i grandi per paura che richiamare la Croce, nella Notte di Natale, velasse di tristezza il presepe. Se tutti erano pronti a interpretare la parte dei pastori o dei magi a cavallo o delle donne che preparavano il pane fatto in casa, la sfoglia per i tortelli con il sugo di carne, non tutti accettavano la presenza di scene di sofferenza nel presepio. «Almeno per una notte, viviamo la gioia del canto degli Angeli!», si dicevano gli uni agli altri.
Ma i giovani hanno insistito: non possiamo essere felici per noi stessi! Sono tante le luci che si accendono nel giorno di Natale ma anche tanti i misteri, che rattristano gli stessi sposi venuti da Nazaret per il censimento: Giuseppe, chiamato ad essere “il custode” della Famiglia, non è capace di trovare per la sposa in attesa, un luogo decente per partorire il Figlio di Dio. Gli tocca nascere fuori della città, al margine, lui, il Redentore.
E Maria? Si stava chiedendo – naturale per una mamma – come mai la gente, essendo Giuseppe della stirpe di Davide, gli chiudeva la porta in faccia: «Ma davvero chi sta per nascere è il Figlio di Dio? Suo Padre non può trovargli un posto degno di Lui?».

Dubbi e domande che non sono indelicate! Mettono solo in evidenza il Mistero di un Avvenimento, che ha diviso la storia dell’uomo in due, prima e dopo la nascita di Cristo, rivestendolo di umanità, rendendo ancora più incredibile, ma vera, la “discesa” del Figlio di Dio tra noi!
Ma i chiodi, la Croce cosa c’entrano in tutto questo? «Lo ha detto Isaia, che sarebbe stato messo il Croce tra due malfattori. Maria forse se lo immaginava, conoscendo bene le Scritture� Noi abbiano scelto di metterla nel Presepe! Non è un caso! La sua ombra cade sul Bimbo Gesù, unendo il Natale al mistero della sua Morte e Risurrezione! Il messaggio d’Amore appare così completo nell’arco della sua vita».
Lo aveva spiegato ai suoi bimbi la catechista, per cui, oltre al fabbro e al carpentiere, si aggiunge lo scalpellino, al quale viene affidato il compito di preparare la pietra del sepolcro per la sepoltura di Gesù.
La ciliegina finale l’ha poi offerta l’ateo dichiarato del paese, uno che ce l’aveva su con i preti e il loro contorno e non lo nascondeva a nessuno: «Per accontentare mio figlio interpreto un pastore, ma quello che devo dire, lo scrivo io».
Si è ispirato ad una pagina di Sartre, che in campo di prigionia, aveva inventato un bellissimo racconto di Natale, rivolgendosi ai Magi, con queste parole: «Ben arrivati, signori e signore, riposate un attimo. Noi pastori siamo già stati alla Capanna. Abbiamo visto quello che voi stessi vedrete con i vostri occhi: un Dio piccolo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive. Accanto a lui la Madre dal volto pieno di stupore. Lo contempla e dice: Questo Dio è mio figlio. Questa carne è la mia carne. Ha i miei occhi, è Dio e mi rassomiglia. Nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. E Giuseppe è un’ombra in fondo al pagliaio! Ha due occhi brillanti: adora ed è felice di adorare!».

Infine, arrivando alla Capanna, i bimbi delle elementari saranno i protagonisti, cantando il “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”! Se lo merita il Padre celeste ma anche gli uomini e le donne del paese che, superando ogni forma di divisione, si sono fatti piccoli, per rivivere il Natale di Gesù. Un bell’esempio di riconciliazione, benedetto dal parroco e da un buon lambrusco di stagione! Diventare bambini. È la condizione migliore per “comprendere la teologia del Presepe”. È lo spirito con il quale è stato costruito il testo per un Presepio vivente di un paesino di montagna. Parlando ai bambini si è parlato agli adulti, a gente matura, non sempre familiare con le cose di Chiesa. «Non volevo fare la parte, ma mio nipote ha insistito: “Nonno, ci vuole un fabbro ferraio e tu sei bravo a lavorare il ferro”. Non capisco cosa ci stia a fare un fabbro ferraio nel presepe ma me l’ha chiesto così gentilmente che ho accettato. Me lo ha spiegato poi il falegname: “Io devo costruire la croce e tu i chiodi perché, mi ha detto il regista, il Bimbo è destinato a morire in croce per la salvezza degli uomini”». C’è stata discussione tra i grandi per paura che richiamare la Croce, nella Notte di Natale, velasse di tristezza il presepe. Se tutti erano pronti a interpretare la parte dei pastori o dei magi a cavallo o delle donne che preparavano il pane fatto in casa, la sfoglia per i tortelli con il sugo di carne, non tutti accettavano la presenza di scene di sofferenza nel presepio. «Almeno per una notte, viviamo la gioia del canto degli Angeli!», si dicevano gli uni agli altri. Ma i giovani hanno insistito: non possiamo essere felici per noi stessi! Sono tante le luci che si accendono nel giorno di Natale ma anche tanti i misteri, che rattristano gli stessi sposi venuti da Nazaret per il censimento: Giuseppe, chiamato ad essere “il custode” della Famiglia, non è capace di trovare per la sposa in attesa, un luogo decente per partorire il Figlio di Dio. Gli tocca nascere fuori della città, al margine, lui, il Redentore. E Maria? Si stava chiedendo – naturale per una mamma – come mai la gente, essendo Giuseppe della stirpe di Davide, gli chiudeva la porta in faccia: «Ma davvero chi sta per nascere è il Figlio di Dio? Suo Padre non può trovargli un posto degno di Lui?». Dubbi e domande che non sono indelicate! Mettono solo in evidenza il Mistero di un Avvenimento, che ha diviso la storia dell’uomo in due, prima e dopo la nascita di Cristo, rivestendolo di umanità, rendendo ancora più incredibile, ma vera, la “discesa” del Figlio di Dio tra noi! Ma i chiodi, la Croce cosa c’entrano in tutto questo? «Lo ha detto Isaia, che sarebbe stato messo il Croce tra due malfattori. Maria forse se lo immaginava, conoscendo bene le Scritture� Noi abbiano scelto di metterla nel Presepe! Non è un caso! La sua ombra cade sul Bimbo Gesù, unendo il Natale al mistero della sua Morte e Risurrezione! Il messaggio d’Amore appare così completo nell’arco della sua vita». Lo aveva spiegato ai suoi bimbi la catechista, per cui, oltre al fabbro e al carpentiere, si aggiunge lo scalpellino, al quale viene affidato il compito di preparare la pietra del sepolcro per la sepoltura di Gesù. La ciliegina finale l’ha poi offerta l’ateo dichiarato del paese, uno che ce l’aveva su con i preti e il loro contorno e non lo nascondeva a nessuno: «Per accontentare mio figlio interpreto un pastore, ma quello che devo dire, lo scrivo io». Si è ispirato ad una pagina di Sartre, che in campo di prigionia, aveva inventato un bellissimo racconto di Natale, rivolgendosi ai Magi, con queste parole: «Ben arrivati, signori e signore, riposate un attimo. Noi pastori siamo già stati alla Capanna. Abbiamo visto quello che voi stessi vedrete con i vostri occhi: un Dio piccolo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive. Accanto a lui la Madre dal volto pieno di stupore. Lo contempla e dice: Questo Dio è mio figlio. Questa carne è la mia carne. Ha i miei occhi, è Dio e mi rassomiglia. Nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. E Giuseppe è un’ombra in fondo al pagliaio! Ha due occhi brillanti: adora ed è felice di adorare!». Infine, arrivando alla Capanna, i bimbi delle elementari saranno i protagonisti, cantando il “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”! Se lo merita il Padre celeste ma anche gli uomini e le donne del paese che, superando ogni forma di divisione, si sono fatti piccoli, per rivivere il Natale di Gesù. Un bell’esempio di riconciliazione, benedetto dal parroco e da un buon lambrusco di stagione!