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Chiesa

L’impegno dei sacerdoti milanesi da Sant’Ambrogio al card. Tettamanzi

Nella messa del Giovedì Santo l'arcivescovo ha ringraziato i preti "per l'incalcolabile impegno negli ambiti della cultura, dell'educazione, della sanità e del servizio agli ultimi e emarginati"

di Vittorio CHIARI Redazione Diocesi

16 Aprile 2010

Giovedì Santo, il Duomo era gremito da oltre un migliaio di preti: parroci, preti dell’oratorio, della carità, cappellani dell’ospedale e del carcere, missionari, giovani ed anziani, religiosi e padri del Pime, Oblati di Rho�
Coloravano di bianco la Cattedrale, mi davano commozione al cuore, sentivo di essere parte della Chiesa ambrosiana, io salesiano, attorno al Cardinale Dionigi. Avevo lasciato fuori, in piazza, il “chiacchiericcio” dei giornali, italiani e internazionali: “Se l’ borlà giò �n candeler e fa dann, – pensavo – le minga borlà giò la Cesa” “Se cade un candeliere e fa danni, non è caduta la Chiesa”, come dicono i vecchi del Lago Maggiore.

La Chiesa era viva davanti a me: era la Chiesa di Sant’Ambrogio, di San Carlo, la chiesa che ho conosciuto da ragazzino del cardinal Schuster, dei cardinali Montini, Colombo, Martini, di don Carlo Gnocchi, di don Monza, di don Giussani, della Gianna Beretta Molla, di Giuseppe Lazzati, di Attilio Giordani. Di tanti laici e preti conosciuti in piccoli paesi o in grandi città, che l’hanno reso bella e la rendono ancora amabile a chi varca uno dei tanti Centri che accolgono i poveri della città o le giovani vittime della droga o bimbi che fin da piccoli, per le ferite del loro corpo e della loro intelligenza, sono di casa alla “Nostra Famiglia” o, adulti, a Cesano Boscone o nelle varie Case di riposo per anziani.

Sono candelieri che non sono caduti dall’altare ma che brillano di luce vivida, profumando di incenso gradito a Dio le nostre Chiese, le nostre Comunità.
Sono davvero contento di essere religioso, ascoltando le parole del cardinale Dionigi, che svolgendo il tema “Vi ho chiamato amici. Un unico presbiterio”, si è rivolto con parole toccanti a noi religiosi, ricordando che la Diocesi “ha ricevuto molto dalla presenza di comunità di consacrati che hanno esercitato tra noi il sacro ministero come in generale da tutti consacrati e consacrate”.
Ci ha voluto ringraziare “per l’incalcolabile impegno negli ambiti della cultura, del’educazione, della sanità e del servizio agli ultimi e agli emarginati”, invitandoci a collaborare nella pastorale d’insieme, “un percorso necessario e un segno di comunione che rende più credibile e incisiva la testimonianza evangelica della Chiesa”.

Nella Messa crismale, solenne nello svolgimento dei Riti, è brillato di luce meravigliosa il mistero della Chiesa.
“Se vogliamo essere ambrosiani, se vogliamo essere cattolici, ha detto un giorno il Cardinal Montini, ricordando Sant’Ambrogio, dobbiamo diventare capaci di rifarci un concetto più esatto della Chiesa e non dobbiamo dobbiamo trascurare di scoprire, almeno in qualche nodo, il mistero che esso porta con sé: un disegno divino è in lei, un amore divina la genera, la sostiene, la salva� Una bellezza estasiante emana da lei, una santità indefettibili. Ha con sé i destini delle anime; ha per ogni età, per ogni popolo parole inconfondibili di verità e di salute”.

La Chiesa è la nostra “pia mater”! Come far comprendere questo a chi ne fa parte e ne è poco consapevole, poco cosciente di questo dono che Dio gli ha fatto? Come educare ai giovani a sentirsi Chiesa, protagonisti del cammino di Chiesa, che i Pai e i Vescovi indicano?
E’ un discorso di catechesi, d’istruzione e formazione, un discorso non di sole parole, rivolte all’intelligenza, ma concreto, un fare insieme “da figli di Dio” che esprime la Chiesa Famiglia di Dio che serve nella carità i fratelli, che educa all’amore, alla libertà, alla partecipazione della vita delle comunità nel sociale, nel civile, nel religioso, combattendo la “potestas tenebrarum”.

Rifacendosi ai nostri Santi, a Sant’Ambrogio, li sentiamo moderni ed attuali ancora oggi nell’innamorare della Chiesa che ha come suo centro Gesù Cristo ed ha una squisita sensibilità sociale, un’attenzione privilegiata a chi vive in difficoltà.
E’ da imitare l’amore ai poveri di Ambrogio, la sua severità verso l’egoismo dei ricchi, la sua condanna dell’uso dei beni temporali ad esclusivo vantaggio dei pochi, la rivendicazione del diritto che tutti hanno di godere beni necessari della vita ma soprattutto la sua ansia pastorale che lo porta ad educare le giovani generazioni all’incontro con Cristo nella Sacra Scrittura, nella vita liturgica intensa, dove l’eucaristia ha la sua parte principale ed essenziale.
Leggendo Ambrogio, mi pare di risentire l’eco delle parole del cardinal Dionigi così abbondantemente disseminate nel corso dell’anno, nei suoi piani pastorali, nelle sue iniziative per le famiglie povere, per chi ha perso il lavoro, per le periferie della Città. In questo anno sacerdotale, i primi “innamorati” della Chiesa siamo noi sacerdoti: tocca a noi contagiare i laici e lasciarci contagiare da di chi, tra loro, la Chiesa l’ha sta già vivendo nel campo della carità, dell’educazione, in famiglia, sul lavoro e nella politica. Giovedì Santo, il Duomo era gremito da oltre un migliaio di preti: parroci, preti dell’oratorio, della carità, cappellani dell’ospedale e del carcere, missionari, giovani ed anziani, religiosi e padri del Pime, Oblati di Rho�Coloravano di bianco la Cattedrale, mi davano commozione al cuore, sentivo di essere parte della Chiesa ambrosiana, io salesiano, attorno al Cardinale Dionigi. Avevo lasciato fuori, in piazza, il “chiacchiericcio” dei giornali, italiani e internazionali: “Se l’ borlà giò �n candeler e fa dann, – pensavo – le minga borlà giò la Cesa” “Se cade un candeliere e fa danni, non è caduta la Chiesa”, come dicono i vecchi del Lago Maggiore.La Chiesa era viva davanti a me: era la Chiesa di Sant’Ambrogio, di San Carlo, la chiesa che ho conosciuto da ragazzino del cardinal Schuster, dei cardinali Montini, Colombo, Martini, di don Carlo Gnocchi, di don Monza, di don Giussani, della Gianna Beretta Molla, di Giuseppe Lazzati, di Attilio Giordani. Di tanti laici e preti conosciuti in piccoli paesi o in grandi città, che l’hanno reso bella e la rendono ancora amabile a chi varca uno dei tanti Centri che accolgono i poveri della città o le giovani vittime della droga o bimbi che fin da piccoli, per le ferite del loro corpo e della loro intelligenza, sono di casa alla “Nostra Famiglia” o, adulti, a Cesano Boscone o nelle varie Case di riposo per anziani.Sono candelieri che non sono caduti dall’altare ma che brillano di luce vivida, profumando di incenso gradito a Dio le nostre Chiese, le nostre Comunità. Sono davvero contento di essere religioso, ascoltando le parole del cardinale Dionigi, che svolgendo il tema “Vi ho chiamato amici. Un unico presbiterio”, si è rivolto con parole toccanti a noi religiosi, ricordando che la Diocesi “ha ricevuto molto dalla presenza di comunità di consacrati che hanno esercitato tra noi il sacro ministero come in generale da tutti consacrati e consacrate”. Ci ha voluto ringraziare “per l’incalcolabile impegno negli ambiti della cultura, del’educazione, della sanità e del servizio agli ultimi e agli emarginati”, invitandoci a collaborare nella pastorale d’insieme, “un percorso necessario e un segno di comunione che rende più credibile e incisiva la testimonianza evangelica della Chiesa”.Nella Messa crismale, solenne nello svolgimento dei Riti, è brillato di luce meravigliosa il mistero della Chiesa. “Se vogliamo essere ambrosiani, se vogliamo essere cattolici, ha detto un giorno il Cardinal Montini, ricordando Sant’Ambrogio, dobbiamo diventare capaci di rifarci un concetto più esatto della Chiesa e non dobbiamo dobbiamo trascurare di scoprire, almeno in qualche nodo, il mistero che esso porta con sé: un disegno divino è in lei, un amore divina la genera, la sostiene, la salva� Una bellezza estasiante emana da lei, una santità indefettibili. Ha con sé i destini delle anime; ha per ogni età, per ogni popolo parole inconfondibili di verità e di salute”.La Chiesa è la nostra “pia mater”! Come far comprendere questo a chi ne fa parte e ne è poco consapevole, poco cosciente di questo dono che Dio gli ha fatto? Come educare ai giovani a sentirsi Chiesa, protagonisti del cammino di Chiesa, che i Pai e i Vescovi indicano?E’ un discorso di catechesi, d’istruzione e formazione, un discorso non di sole parole, rivolte all’intelligenza, ma concreto, un fare insieme “da figli di Dio” che esprime la Chiesa Famiglia di Dio che serve nella carità i fratelli, che educa all’amore, alla libertà, alla partecipazione della vita delle comunità nel sociale, nel civile, nel religioso, combattendo la “potestas tenebrarum”.Rifacendosi ai nostri Santi, a Sant’Ambrogio, li sentiamo moderni ed attuali ancora oggi nell’innamorare della Chiesa che ha come suo centro Gesù Cristo ed ha una squisita sensibilità sociale, un’attenzione privilegiata a chi vive in difficoltà. E’ da imitare l’amore ai poveri di Ambrogio, la sua severità verso l’egoismo dei ricchi, la sua condanna dell’uso dei beni temporali ad esclusivo vantaggio dei pochi, la rivendicazione del diritto che tutti hanno di godere beni necessari della vita ma soprattutto la sua ansia pastorale che lo porta ad educare le giovani generazioni all’incontro con Cristo nella Sacra Scrittura, nella vita liturgica intensa, dove l’eucaristia ha la sua parte principale ed essenziale. Leggendo Ambrogio, mi pare di risentire l’eco delle parole del cardinal Dionigi così abbondantemente disseminate nel corso dell’anno, nei suoi piani pastorali, nelle sue iniziative per le famiglie povere, per chi ha perso il lavoro, per le periferie della Città. In questo anno sacerdotale, i primi “innamorati” della Chiesa siamo noi sacerdoti: tocca a noi contagiare i laici e lasciarci contagiare da di chi, tra loro, la Chiesa l’ha sta già vivendo nel campo della carità, dell’educazione, in famiglia, sul lavoro e nella politica.