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Basta avere cuore o un minimo di ottimismo

La certezza che le cose possono cambiare

I cristiani non devono stare in disparte a vedere e giudicare, ma uscire decisamente fuori dal Tempio per portare il Vangelo, nella concretezza del suo messaggio di carità e di speranza

di Vittorio CHIARI Redazione Diocesi

30 Ottobre 2009

Quando ho iniziato a lavorare in oratorio – ero ancora un ragazzo di 15 anni – mi ha detto il mio prete: “Molto imparerai, stando con i ragazzi, ma molto a leggendo le storie di chi ha lavorato in Oratorio o in campo educativo e ha lasciato memorie per i giovani come te”. Così mi hanno ripetuto, arrivando ad Arese, quarant’anni fa, a lavorare con i Barabitt. Mi hanno detto i “veterani”: “Imparerai molto da questi ragazzi, che hanno sofferto nella vita ma non lasciare di studiare, perché non si è mai imparato abbastanza”.
Per rinverdire la Speranza mi è stato prezioso, ultimamente, un libro di poche pagine, trovato su una bancarella, scritto dal nostro cardinale Dionigi Tettamanzi sui “ladroni in croce”. Ho imparato che ogni persona c’è un frammento di Dio, di verità, di bontà. Basta aver cuore e un pizzico di ottimismo per dissotterrare quanto di buono è nascosto in ognuno di noi, che non verrebbe mai alla luce se qualcuno non avesse la pazienza del Buon Pastore, che va in cerca della pecora smarrita, che non alza la voce e non spezza la canna incrinata e non spegne la fiammella fumigante. Quando ho iniziato a lavorare in oratorio – ero ancora un ragazzo di 15 anni – mi ha detto il mio prete: “Molto imparerai, stando con i ragazzi, ma molto a leggendo le storie di chi ha lavorato in Oratorio o in campo educativo e ha lasciato memorie per i giovani come te”. Così mi hanno ripetuto, arrivando ad Arese, quarant’anni fa, a lavorare con i Barabitt. Mi hanno detto i “veterani”: “Imparerai molto da questi ragazzi, che hanno sofferto nella vita ma non lasciare di studiare, perché non si è mai imparato abbastanza”. Per rinverdire la Speranza mi è stato prezioso, ultimamente, un libro di poche pagine, trovato su una bancarella, scritto dal nostro cardinale Dionigi Tettamanzi sui “ladroni in croce”. Ho imparato che ogni persona c’è un frammento di Dio, di verità, di bontà. Basta aver cuore e un pizzico di ottimismo per dissotterrare quanto di buono è nascosto in ognuno di noi, che non verrebbe mai alla luce se qualcuno non avesse la pazienza del Buon Pastore, che va in cerca della pecora smarrita, che non alza la voce e non spezza la canna incrinata e non spegne la fiammella fumigante. La lezione del ladrone fortunato Alla scuola del ladrone penitente, forse la figura più singolare di tutta l’opera di San Luca, nel Vangelo e negli Atti, ho imparato la Speranza, anche quando sembra non apparire all’orizzonte una via di uscita. Il ladrone, crocifisso perché brigante assassino, ha avuto fortuna: con una sola parola, è stato dichiarato salvo per sempre. Per questo era invidiato dai Padri del deserto, i quali dovevano conquistarsi la felicità giorno dopo giorno, attraverso una vita di sacrifici e di penitenze. E’ magnifico l’affresco, tracciato dall’evangelista Luca, grande scrittore e artista! Ci ha lasciato un dialogo esemplare, senza l’invadenza odierna dei giornalisti della televisione, sempre pronti a intervistare chi sta per morire; intimo e profondo perché lontano dai microfoni sopra l’asta, le famose “giraffe”, che si usano per registrare o sentire “live” le parole, in questo caso, dei tre agonizzanti in croce. Un dialogo interiore L’artista Luca imbastisce, più che un dialogo, un monologo interiore di un crocifisso che passa dal sarcasmo contro Gesù alla scoperta del Messia. Mentre uno dei due, crocifissi accanto a Gesù, appare come il peccatore incallito, dalla coscienza degradata, ribelle e impenitente, che rimprovera Gesù che perdona tutti, ma non salva se stesso e chi è in croce con lui, il secondo ladrone scopre in lui “l’uomo reietto” che si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori mentre lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato” (Is.53,4-5). Emette allora un grido: “Signore, ricordati di me� Signore, non ricordarti dei peccati della mia giovinezza” (Salmo 25,7)� ricordati di me nella tua misericordia, nella tua bontà!”. Non solo sarà ricordato ma è salvato subito! Non domani, fra vent’anni, un secolo. E’ il trionfo della speranza, la certezza che le cose possono cambiare. Occorre avere pazienza, attendere il tempo opportuno, giusto, senza lasciar per strada nessuno, senza proferire quella bestemmia pedagogica che è dire “tanto con lui non c’è niente da fare!”.