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Riflessione

Elezioni: mi sento sconfitto

Si è sentita spesso la parola "etica": ma, chiediamoci, cosa rimane del fiume verbale, che ha inondato le nostre case?

Vittorio CHIARI Redazione Diocesi

12 Giugno 2009

Non è ancora finito il tempo delle elezioni ma personalmente mi sento un sconfitto! Non per il voto ma per l’abuso della parola, da cui sono stato sommerso e con me quanti in questa campagna elettorale hanno acceso la TV per avere un’informazione o hanno letto il giornale per avere un’idea dei vari programmi dei singoli Candidati.
Di tutte le parole dette, dei vari manifesti e depliant, con i quali hanno invaso la nostra casa, cosa rimane? Ci hanno sommerso di parole e di polemiche, senza alcun rispetto per l’ascoltatore, che spero abbia imparato da solo a fare la tara delle cose dette sui manifesti, apposti sulle mura della città o diventati spot televisivo.
Non è ancora finito il tempo delle elezioni ma personalmente mi sento un sconfitto! Non per il voto ma per l’abuso della parola, da cui sono stato sommerso e con me quanti in questa campagna elettorale hanno acceso la TV per avere un’informazione o hanno letto il giornale per avere un’idea dei vari programmi dei singoli Candidati.Di tutte le parole dette, dei vari manifesti e depliant, con i quali hanno invaso la nostra casa, cosa rimane? Ci hanno sommerso di parole e di polemiche, senza alcun rispetto per l’ascoltatore, che spero abbia imparato da solo a fare la tara delle cose dette sui manifesti, apposti sulle mura della città o diventati spot televisivo. Promesse e menzogne La parola “etica” la si è sentita pronunciare spesso: proteste accorate, proclami solenni, dichiarazioni altisonanti ma, chiediamoci, cosa rimane del fiume verbale, che ha inondato le nostre case? Il ricorso alle parole, fino all’abuso più sfacciato, fino alla smaccata speculazione, mi auguro che non stata accolta da tutti come norma comune del vivere, senza un atteggiamento critico, neppure di fronte alla menzogna più sfacciata. L’abisso tra quello che si dice e quello che si pensa e si vive realmente, è stato spaventoso.Quale rimedio? Certamente non il voto ma iniziative serie per cambiare il mondo, combattendo l’apatia e il rifiuto di pensare, ogni forma di abbandono al destino più che nelle mani della Provvidenza, che è qualcosa di serio, anzi Qualcuno di serio al quale, prima o poi, renderemo conto delle nostre azioni!Forse, per cambiare, bisognerebbe incominciare a ridurre l’abuso delle parole e delle promesse, smettendo quell’arroganza di credere che la gente deve essere addormentata con programmi e con delle promesse che nessuno si prende pena di dover mantenere! Se non il Vangelo, almeno la coerenza Di più: a chi si presenta per gestire un ruolo pubblico, occorre richiamare non il Vangelo, per via della cosiddetta laicità, ma anche solo le parole del filosofo e psichiatra tedesco, Karl Thèodor Jaspers, una delle vittime della dittatura nazista: “Un uomo che, al tavolo di una conferenza (oggi diremmo, dalla TV) pronunci un discorso, facendo appello alla coscienza morale e politica dei suoi ascoltatori mentre non è coerente nella sua vita privata, contribuisce allo sviluppo della catastrofe… nasconde la verità e rende sospetta la stessa morale”. Non è questa una buona meditazione per i nostri politici, di chi dovrebbe preoccuparsi di diminuire l’abisso tra le parole e la verità? Naturalmente il tentativo di cambiare modo di pensare e di agire non è soltanto loro, ma di ognuno di noi per non bruciare le radici della fede e della speranza, le radici della carità. Un mercato di parole Mi sento sconfitto, più che dal risultato delle elezioni, da questa povertà morale dei discorsi sentiti, accademici, mercato di parole, che soffocano la gente e non le fanno respirare il clima della libertà e della responsabilità, della solidarietà. Sconfitto perché ho sentito parlare molto di sicurezza, di delinquenti da espellere o da rinchiudere ma poco di educazione per prevenire il disagio, la violenza, di attenzione ai poveri per dare a loro dignità, speranza. Poco di famiglia! Di giovani! Di spazi per loro! Di lavoro non precario! Di casa per chi vuol metter su famiglia! Dai politici si è forse evitato di parlare dei giovani perché non erano la loro prima preoccupazione? Le campagne elettorali mirano ad ottenere voti più che ad affrontare le problematiche giovanili. Non li hanno avuti in nota: né quelli che vivono in oratorio o a scuola, né i ragazzi e le ragazze inquiete, che creano problemi, che vivono in difficoltà, ai margini delle comunità, senza alcun “merito”. Con loro, come con i migranti clandestini o regolari, si sono eretti mura di silenzio, di divisione e di incomunicabilità. Come rondini fuori strada Abbiamo dimenticato che non esiste alcuna sicurezza nella loro emarginazione. La Chiesa di Cristo, come più volte, ha ammonito il cardinale Dionigi, deve scendere in campo per ridare fiato alla speranza. Sono convinto che i giovani lo desiderano: “senza Dio, senza la Chiesa, si sentono come rondini che hanno smarrito la strada verso casa e non hanno luogo dove mettere il nido” (Gertrud von Le Fort).