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Pace

Zuppi: «Ripudiare la guerra significa arrestarne la progressione»

L'arcivescovo di Bologna e presidente della Cei ha aperto i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani con un richiamo alla pace. «Possiamo ancora accettare che solo la guerra sia la soluzione dei conflitti?»

di M. Michela NicolaisAgenSir

19 Marzo 2024
(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Pace. È la parola che il cardinal Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha scelto come priorità da indicare alla Chiesa italiana, nell’introduzione con cui ha aperto i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 20 marzo. «Possiamo ancora accettare che solo la guerra sia la soluzione dei conflitti? Ripudiarla non significa arrestarne la progressione o dobbiamo aspettare l’irreparabile per capire e scegliere?».

Le domande incalzanti di Zuppi, che facendo gli auguri a Papa Francesco per gli undici anni dall’inizio del ministero petrino ha ricordato che la pace è una delle parole chiave del suo pontificato: di qui l’impegno ad essere «artigiani di pace, tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nelle parole e nei comportamenti, ammoniti anche a dire pazzo al prossimo, per imparare ad amare il nemico e renderlo di nuovo quello che è: fratello».

Pace che diventa preghiera ma anche solidarietà, ha aggiunto il cardinale annunciando, per l’Assemblea Cei di maggio, una Giornata di preghiera, digiuno e solidarietà per quanti stanno soffrendo per i conflitti in corso.

Un paradigma differente

«Viviamo un lunghissimo Venerdì Santo», l’analisi del presidente della Cei, secondo il quale «le parole del Santo Padre sulla pace sono tutt’altro che ingenuità. La Chiesa è madre e vive la guerra come una madre per la quale il valore della vita è superiore a ragionamenti o schieramenti lontani da questo».

Quelle della pace, in altre parole, «sono le sole ragioni che possono portare alla composizione dei conflitti, a risolverne le cause, facendo trionfare il diritto e il senso di responsabilità sovranazionale. La storia esige di trovare un quadro nuovo, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale per trovare insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura».

La proposta è quindi un ritorno alle origini. «Proprio su questo versante gli Stati e i popoli europei, le stesse istituzioni dell’Unione europea, devono riscoprire la loro vocazione originaria. Scegliendo responsabilmente i deputati che rappresenteranno i nostri valori e lavoreranno per il bene comune nel prossimo Parlamento europeo», nella prossima tornata elettorale di giugno.

«Non possiamo rassegnarci a un aumento incontrollato delle armi, né tanto meno alla guerra come via per la pace», è l’appello riferito ai conflitti in corso, in cui «si sta pianificando l’eliminazione del fratello: ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», la citazione della nostra Costituzione. «Suscita preoccupazione la tenuta del sistema Paese, in particolare di quelle aree che ormai da tempo fanno i conti con la crisi economica e sociale, con lo spopolamento e con la carenza di servizi», il grido d’allarme a nome della Chiesa italiana: «Non venga meno un quadro istituzionale che possa favorire uno sviluppo unitario, secondo i principi di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale».

La fatica dei giovani

Preoccupazione, inoltre, per «i segnali che giungono, in modo inedito, dal mondo giovanile. «La Chiesa in Italia avverte questa fatica dei ragazzi e dei giovani e desidera farsi carico della loro attesa di sentirsi ascoltati e capiti nelle istanze, nei sogni e nelle sofferenze che esprimono in forme non sempre lineari ma che vanno accolte come segnali per ritrovare il filo di un dialogo», ha assicurato il presidente della Cei.

Negli ultimi anni la condizione degli anziani «è diventata una vera e propria emergenza», ha poi ribadito: l’Italia è tra i Paesi più longevi al mondo, ma «l’avanzare dell’età è spesso inversamente proporzionale alla capacità di svolgere le attività quotidiane in autonomia, tanto da rendersi necessario un supporto esterno».

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