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Intervista

Venezia, il bilancio di un decennio

Parlando con i media diocesani il cardinale Scola riflette sul suo episcopato in Laguna

12 Settembre 2011

Nel prossimo decennio la questione dell’impegno politico dei cristiani e della dimensione sociale della vita di fede, sul piano personale e comunitario, sarà bruciante». Ne è convinto il cardinale Angelo Scola, nuovo arcivescovo di Milano dove farà il suo ingresso ufficiale il 25 settembre. Per il suo congedo dalla diocesi marciana, dove ha trascorso quasi dieci anni, il “patriarca Angelo” ha scelto la frase «Amata Chiesa che sei in Venezia, vai oltre». «Parole di Benedetto XVI pronunciate durante la sua visita del maggio scorso», spiega il Cardinale in un’ampia intervista in esclusiva agli organi d’informazione diocesani e della Chiesa triveneta: Gente Veneta (il testo integrale sul sito www.gvonline.it), BluRadio Veneto, Telechiara. Parole con le quali «il Papa ci ha lasciato una provocazione di non poco conto. È come se avesse detto: Chiesa di Venezia, hai seguito Zaccheo, cioè sei stata curiosa di Gesù», ma ora «bisogna passare dalla fase in cui Zaccheo dice: “Signore, cambio”». Presentiamo una sintesi dell’intervista nella quale il cardinale Scola traccia un bilancio del decennio “veneziano”, ma affronta anche questioni più generali di particolare attualità e urgenza.

Cristiani e società
Pur comprendendo, di fronte all’attuale crisi che «da economico-finanziaria è divenuta socio-culturale», la «spasmodica ricerca di punti fermi» nel cristianesimo, che possano essere «il cemento della società del futuro», il Cardinale mette in guardia dal rischio di «ridurre l’avvenimento cristiano a religione civile», ma al tempo stesso esorta a «non dimenticare l’incidenza personale, pubblica e sociale della vita di fede». «Siccome la religione cristiana ha a che fare con la vita quotidiana dell’uomo, allora tutto ci interessa – spiega Scola -. Con due punti fermi: la consapevolezza della distinzione netta tra la dimensione religiosa della vita dell’uomo e la dimensione civile», e il dato «ormai incontrovertibile, della società plurale che ci chiede di paragonarci instancabilmente come cristiani, con grande libertà e con energia costruttiva, con soggetti che hanno una visione di vita differente» e «ci spinge a costruire una società in cui la vita buona sia possibile». «Pratiche virtuose possono farci guardare con sufficiente speranza al futuro».

Cittadini fino in fondo
Per l’Arcivescovo «si tratta di saper riconoscere la modalità» con le quali «la proposta cristiana, anche nella sua dimensione pubblica, possa dare il suo contributo all’edificazione della polis». «Bisognerebbe – è il suo monito – che nel Nordest ma non solo – in Italia e in Europa – i cristiani si interrogassero molto di più sulla modalità con cui attuare la dimensione pubblica della fede nel processo di grande cambiamento in atto. Sarebbe qui necessario entrare nei problemi specifici, anche in quelli che sono occasione di dialettica e di conflitto con altri soggetti che abitano la nostra società plurale» come «i temi scottanti della nascita, della morte, della bioetica in generale, dell’educazione, della giustizia sociale». Di fronte alla crisi, il cardinale Scola rivolge un appello alla Chiesa: «Noi dobbiamo lanciarci in una condivisione immediata, con l’impeto appassionato al grande bene che è la vita di ogni singolo uomo e al suo destino». Di qui il richiamo agli «aiuti economici anche consistenti da parte della Chiesa italiana alle famiglie e ai lavoratori», e l’invito ai fedeli laici a «partecipare a questo compito sociale e politico in maniera molto più pronunciata di quanto non sia avvenuto in questi ultimi anni» perché «il cristiano è cittadino e deve esserlo fino in fondo».

Giovani, testimonianza e libertà di educazione
Il cardinale Scola pensa anche ai giovani, rilancia il valore della testimonianza e rammenta la recente Gmg che ha detto «con chiarezza» che occorre «proporre in maniera decisa, chiara e intera l’incontro con Cristo» come «la via che può assecondare il desiderio di infinito, felicità e libertà insito nel cuore dei ragazzi». Due, in particolare gli aspetti che a Madrid hanno «colpito» il presule: l’abbassamento dell’età dei partecipanti e «la disponibilità assoluta, al di là delle loro fragilità, a guardare in faccia Cristo direttamente». «Ci vuole una proposta basata su gesti decisi, elementari, integrali – sostiene Scola -. Non bisogna arzigogolare». Per «proporre Cristo c’è un’unica strada: si chiama testimonianza». Sul tema dell’istruzione il cardinale Scola ribadisce il convincimento che «là dove non c’è piena libertà di educazione, non c’è società civile al passo con i tempi». Riconoscendo i "grandi meriti" del modello scolastico italiano, il porporato tuttavia sottolinea che, «di fatto, pur in presenza di una legge sulla parità scolastica, non c’è parità finanziaria», e si definisce «fautore della scuola libera»: non «della scuola confessionale, ma della possibilità che chiunque nel Paese abbia energia e capacità di fare scuola, sotto la verifica dello Stato che ha il compito di governare l’educazione e non di gestirla, debba essere messo in condizione di farlo». Un passo che sarebbe «decisivo e farebbe il bene della scuola e della società».  

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