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Intervista

Raimondi: «Nella Visita ad limina abbiamo avvertito la comunione con la Chiesa universale»

Il Vicario episcopale racconta l’esperienza vissuta a Roma con gli altri Vescovi lombardi e l’Udienza da papa Francesco: «Ci ha richiamato alla necessità della radicalità evangelica. E ha voluto rispondere subito a una lettera dei carcerati di Busto Arsizio che gli ho consegnato»

di Annamaria BRACCINI

4 Febbraio 2024
I Vescovi lombardi durante l'Udienza dal Santo Padre (© Vatican Media)

«Una grande esperienza di comunione tra noi, laddove già la fraternità tra i Vescovi di Lombardia è molto intensa: direi, già questa, una testimonianza bellissima in sé. Trascorrere questi giorni insieme, condividendo la preghiera d’ascolto, la proposta delle ponenze che ciascuno di noi ha fatto, le relazioni nei vari dicasteri che ci hanno accolto, ha avuto un significato grande e profondo per tutti noi. E, poi, naturalmente la comunione con la Chiesa universale, sperimentata accorgendosi della complessità che comporta quotidianamente il governo della Chiesa. E, ancora, più importante, la comunione con papa Francesco, vissuta come un dono grande».

Monsignor Luca Raimondi, vescovo ausiliare e Vicario episcopale per la Zona IV, non nasconde la sua emozione – che si sente a pieno nella voce -, delineando il senso della Visita ad Limina dei vescovi lombardi, svoltasi dal 29 gennaio al 2 febbraio scorsi. 

Giovedì 1 febbraio siete stati ricevuti in Udienza dal Papa. Se è possibile svelare qualche tema dell’incontro, di cosa avete parlato?
Relativamente all’Udienza vi sarà un comunicato ufficiale, ma quello che posso dire fin d’ora è il clima di forte emozione che abbiamo respirato. Personalmente mi sono sentito circondato dalla storia di fede delle persone che mi hanno accompagnato nella vita e che hanno fatto sì che possa essere stato vicino al Papa in maniera così diretta. Francesco ci ha concesso due ore di udienza nelle quali ha risposto a tutte le nostre domande: si sono affrontati temi grandi, dal governo della Chiesa alla formazione dei preti e dei laici. Abbiamo anche parlato dei movimenti e delle associazioni ecclesiali. Il Santo Padre ci ha ricordato che il Vangelo è spesso «scomodo» da annunciare nella società di oggi e ci ha richiamato alla necessità della radicalità evangelica. Quello che ho avvertito in lui è il suo cuore immenso di padre e una veridicità in quello che dice, non solo perché ci crede, ma perché lo dice con entusiasmo.

Monsignor Luca Raimondi (al centro) durante uno degli incontri tenuti ai Dicasteri pontifici

Quanti eravate a compiere la Visita?
I dieci Vescovi delle altrettante Diocesi della Regione ecclesiastica lombardia cui si sono aggiunti altri quattro vescovi: tre ausiliari di Milano – il Vicario generale monsignor Franco Agnesi, monsignor Giuseppe Vegezzi e io – il già ausiliare monsignor Erminio De Scalzi. Inoltre con noi c’era il segretario della Cel, monsignor Giuseppe Scotti.

In questi giorni qual è il sentimento che lei ha sentito più fortemente: la condivisione dei problemi e degli aspetti positivi illustrati dalle Chiese di Lombardia, l’accoglienza nei diversi Dicasteri, l’ascolto reciproco?
Il sentimento più grande è stato vedere che la Chiesa è una realtà viva e complessa, articolata e fatta di ascolto, di uomini e donne che si impegnano in un’appartenenza che è collettiva e individuale. Personalmente, ho vissuto tutto questo nella consapevolezza della responsabilità di far parte della successione apostolica, rispetto alla quale ho sentito lo stesso senso di inadeguatezza, percepito tre anni fa in occasione della mia ordinazione episcopale, ma ancora più forte. La gioia è poter mettere le nostre povertà a servizio di questa complessità.

Presiedendo la celebrazione nella Basilica di Santa Prassede anche per i membri del Pontificio Seminario Lombardo, ha detto che «quando si parla di questioni sensibili, i discepoli di Gesù non riscuotono simpatia, ma che, anche se talvolta si ha la sensazione del fallimento, c’è sempre qualcuno che aspetta una parola che viene dal Signore e l’annuncio che il Regno di Dio è vicino». È questa la missione di una Chiesa viva?
Sapere che questa Chiesa è il corpo di Cristo sulla terra e fa di tutto per essere fedele a tale missione, fa bene e bisogna dirlo. A volte ci sentiamo sovraccaricati e schiacciati da una missione che sembra quasi impossibile per le capacità umane. Però un grande incoraggiamento ad avere fiducia viene dal ministero, dal Signore che si fida di noi e ci affida la sua barca.

 Che cosa l’ha colpita maggiormente in questa Visita ad Limina?
Un momento forte e molto personale che ho vissuto salutando il Papa è stato quello di porgergli – facendomi un poco di forza -, la lettera che i carcerati di Busto Arsizio, nella Zona pastorale di cui sono Vicario episcopale, mi hanno consegnato per portarla al Santo Padre insieme a un crocifisso realizzato nella loro falegnameria. Al Papa ho detto che, forse, non avrebbe avuto tempo per rispondere ai detenuti, ma lui mi ha subito bloccato: «A loro bisogna rispondere». E così è stato. Questo gesto per me significa tanto, indicando il desiderio della Chiesa, attraverso il Santo Padre appunto, di rispondere anche e soprattutto a chi è ai margini, chi ha sbagliato che proprio di questo ha bisogno.

 

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