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Esperienze

Sudamericani a Milano, la preghiera è vita di tutti i giorni

La testimonianza di fede di queste comunità è molto legata alla quotidianità e si caratterizza per l’intensa devozione e lo slancio caritativo. Ne parla don Alberto Vitali

di Stefania CECCHETTI

20 Novembre 2022

Una comunità attiva, caratterizzata da una spiritualità molto vivace e legata alla quotidianità. Stiamo parlando dei fedeli latinoamericani presenti sul territorio della diocesi di Milano, il cui gruppo più numeroso – circa un migliaio di persone di diverse nazionalità – si ritrova in centro, nella chiesa di Santo Stefano, ormai da diversi anni “parrocchia personale” dei migranti. Un secondo gruppo, molto folto e formato solo da salvadoregni, ha la sua casa presso il Centro Schuster. C’è poi la comunità di Monza, anche questa di nazionalità mista.

Spiritualità ed evangelizzazione

All’interno di queste comunità sono sorti diversi gruppi di preghiera e spiritualità. Sebbene siano sparsi su tutto il territorio ambrosiano, la maggior parte di essi si ritrova in Santo Stefano. Ce li illustra don Alberto Vitali, responsabile della Pastorale diocesana dei migranti e parroco di Santo Stefano: «La “Diaconia Lumen gentium” fa riferimento all’omonima Costituzione del Concilio vaticano II e ha il carisma della parrocchia. Ha invece un’attenzione particolare alla preghiera e l’evangelizzazione, già nel suo nome, la “Comunità di orazione ed evangelizzazione” (Comoreva): i membri di questo gruppo si ritrovano il sabato sera e pregano molto attraverso l’utilizzo di canti in stile carismatico. Hanno come obiettivo primario quello dell’evangelizzazione: per questo volentieri invitano a partecipare ai loro incontri gli amici e le persone che incontrano negli ambienti che frequentano nella loro vita quotidiana».

Il legame col Niño

Poi c’è il “Gruppo di orazione del Divino Niño”, devozione molto diffusa in tutto il mondo, seppur con sottolineature e sfaccettature diverse: «Il gruppo del “Divino Niño” – spiega don Vitali – coltiva una spiritualità legata all’infanzia di Gesù, che è molto antica. La ritroviamo nei padri della Chiesa, in San Francesco, che non a caso è l’inventore del presepe, in Sant’Antonio da Padova, in Santa Teresina del Bambin Gesù, che porta questa devozione persino nel nome. La testimonianza più famosa, però, è forse la statua di Gesù Bambino di Praga, che risale al 1628, in cui il “Divino Niño” ha di sicuro un forte riferimento. A Santo Stefano c’è anche un gruppo di filippini che ha la stessa devozione e un nome simile, quello del “Santo Niño”».

«Per completare la fotografia dei gruppi legati a Santo Stefano non possiamo dimenticare di menzionare la confraternita “Señor de los milagros” – aggiunge Vitali -, la cui celebre processione si è appena svolta, e i “Misioneros de Jesús”, gruppo di preghiera di stampo carismatico che si riunisce settimanalmente». 

Aiuto reciproco

Tutte queste esperienze sono il segno della grande vivacità della comunità latinoamericana e ci parlano di «una spiritualità di stampo molto devozionale e molto legata alla vita concreta, con preghiere per tutti i momenti più significativi della vita di una persona», sottolinea don Vitali. Un legame fede-quotidianità che spesso noi “occidentali” tendiamo a perdere di vista, fa notare ancora Vitali: «La loro è una fede di tutti i giorni, non solo di alcuni momenti “comandati”. E questo poi si traduce in un altro aspetto: l’attenzione all’aiuto reciproco, che è la concretizzazione della fede per eccellenza. In tutti i gruppi di preghiera che abbiamo menzionato, e che sono strutturati per “ministeri”, cioè per incarichi, non manca mai il ministero dedicato alla carità».

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