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Intervista

Padre Costa: «L’uomo si è posto
al centro del mondo,
serve un altro stile di vita»

Il direttore di “Aggiornamenti sociali” riflette sull’enciclica del Papa: «L’eccesso di antropocentrismo giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia. Occorre spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo»

di Francesca LOZITO

21 Giugno 2015

Che senso ha l’esistenza? Quali sono i valori alla base della vita sociale? L’enciclica di papa Francesco Laudato si’ parte da queste domande. Densa e ricca di spunti per l’uomo di oggi, l’abbiamo analizzata con padre Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti sociali.

Il Cantico delle creature da cui prende nome l’enciclica parla della terra come una madre e una sorella. Per la Genesi noi siamo «terra». Ma non ci comportiamo molto bene con lei. Cosa dice in proposito papa Francesco?
La terra è oggi maltrattata e saccheggiata. Si lamenta e i suoi gemiti si uniscono a quelli di tutti gli abbandonati del mondo. Papa Francesco invita ad ascoltarli, sollecitando tutti e ciascuno – singoli, famiglie, collettività locali, nazioni e comunità internazionale – a una «conversione ecologica», secondo l’espressione di San Giovanni Paolo II, cioè a «cambiare rotta», assumendo la bellezza e la responsabilità di un impegno per la «cura della casa comune». Ma apre anche alla speranza cogliendone i segni: «L’umanità – afferma –  ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune».

A chi rivolge il Papa l’invito alla speranza?
Non solo ai fedeli cattolici. Riguardo la nostra casa comune vuole esplicitamente entrare in dialogo con tutti, xon altre comunità cristiane, con altre religioni. Viene ampiamente citato nel testo il Patriarca ecumenico Bartolomeo.

In questa condizione di maltrattamento della terra, secondo papa Francesco, qual è il dato più sconcertante?
Il Santo Padre si mostra profondamente colpito dalla «debolezza delle reazioni» di fronte ai drammi di tante persone e popolazioni. Nonostante non manchino esempi positivi, segnala «un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità». Mancano – dice – una cultura adeguata e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione e consumo, mentre urge «creare un sistema normativo che assicuri la protezione degli ecosistemi».

Se all’uomo dunque, come dice la Genesi, spetta il compito di coltivare il Giardino del mondo, che cosa deve fare in concreto?
Che l’essere umano non sia il padrone dell’universo, secondo il Papa, non significa equiparare tutti gli esseri viventi e toglier loro quel valore peculiare che li caratterizza; e nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità. In questa prospettiva, «ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura “è contrario alla dignità umana”», ma «non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani». Serve, dunque, la consapevolezza di una comunione universale.

Da che cosa è causata la crisi ecologica di cui parla il Papa?
La diagnosi del Papa è quella di un eccesso di antropocentrismo: l’essere umano non riconosce più la propria giusta posizione rispetto al mondo e assume una posizione autoreferenziale, centrata esclusivamente su di sé e sul proprio potere. Ne deriva una logica «usa e getta» che giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a una miriade di forme di dominio. È la logica che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di «diamanti insanguinati». È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori.

La proposta centrale dell’enciclica è l’ecologia integrale come paradigma di giustizia. Che cosa vuol dire?
Si tratta di un nuovo paradigma di giustizia ed è inseparabile dal bene comune. E dall’opzione preferenziale per i poveri. L’ecologia integrale investe anche la vita quotidiana, a cui l’enciclica riserva un’attenzione specifica in particolare in ambiente urbano. Uno sviluppo autentico presuppone infatti un miglioramento integrale nella qualità della vita umana: spazi pubblici, abitazioni, trasporti.

Il Papa vuole indicare anche alcune linee di orientamento. Quali?
La Chiesa non vuole sostituirsi alla politica, ma Francesco non teme di esprimere un giudizio severo sui vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni, falliti «per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci». E insiste sulla necessità di strumenti di governance efficaci e trasparenti.

Ma il cambiamento parte dal quotidiano. Come?
Con gesti che possano spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo. Secondo il Papa bisogna puntare su un altro stile di vita.