
La vita dispersa nei frammenti «sparsi nel tempo» di un’esistenza «precaria, instabile, incostante»; la vita delle tante maschere che indossiamo ogni giorno, dei frantumi che solo il Signore può riportare ad unità, permettendo a ognuno di riconoscere il «senso di tutto quello che esiste e di tutta la vicenda umana».
Il Pontificale
Nella domenica delle Palme, il grande portale di ingresso alla Settimana autentica – così definita dal Rito ambrosiano per la sua esemplarità –, tra le navate della Cattedrale risuonano forti e chiare le parole dell’Arcivescovo che presiede il Pontificale solenne.

Celebrazione che, tradotta anche nel linguaggio dei segni, si apre con la benedizione delle palme e degli ulivi presso l’altare di San Giovanni Bono e con la processione interna al Duomo – memoria dell’ingresso del Signore a Gerusalemme –, alla quale partecipano il vescovo Giuseppe Vegezzi, vicario episcopale per la Zona pastorale I-Milano, il moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti, i Canonici del Capitolo metropolitano con l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo, i membri dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, del Sovrano Militare Ordine di Malta e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro.
Un magnifico colpo d’occhio, mentre sull’esecuzione dei tradizionali Dodici Kyrie, peculiari delle Solennità ambrosiane eseguiti dalla Cappella musicale della Cattedrale, la cattedrale si colora del verde di palme e ulivi, portate tra le mani in processione, posate tra le panche, agitate dai fedeli, segno antico di una pace che, mai come oggi, sembra lontana nella terra degli uomini.Un’umanità, appunto, travagliata che vive «in frammenti», come sottolinea il vescovo Delpini.
La vita in frammenti
«Frammenti che sono anche sotto lo stesso tetto: un sentimento, una tenerezza per le persone care, un risentimento, un’asprezza con le persone divenute insopportabili, così la vita può forse assomigliare a un vaso prezioso e finemente decorato ridotto in frantumi: non se ne vede la decorazione, non si riconosce la forma». Vivendo, magari, «esultanti nel giorno delle palme, aggressivi e cattivi il giorno dopo, intorno allo stesso Gesù di Nazareth».
Insomma, «vivere una storia liquida, che prende di giorno in giorno la forma del vaso che la contiene. Vivere di sentimenti devoti nell’occasione benedetta e di opaca indifferenza nel greve quotidiano. Vivere di promesse non mantenute», di amori che si giurano eterni, ma che finiscono dopo poco.
L’ingresso di Gesù nella vita degli uomini
Per questo Gesù attraversa le vite frantumate, «le promesse e i tradimenti, l’accoglienza e il rifiuto, l’entusiasmo popolare e la folla arrabbiata, i tempi del fervore appassionato e della gelida indifferenza, i giorni del progresso e i giorni del declino. Bussa alla porta delle vite scombinate e precarie e così realizza la profezia: percorrendo le strade della terra, entrando nelle vite della gente, attraversando l’ingresso trionfale e la condanna alla vergogna e all’umiliazione rivela la verità di ogni cosa, riunisce i figli dispersi, ricostruisce le vite spezzate».
Il richiamo dell’Arcivescovo è all’Inno della Lettera ai Colossesi, proclamata nelle Letture – «tutto è stato fatto per mezzo di lui e in vista di lui» – che rivela, appunto, il senso di ogni cosa.
«E la rivelazione è questa: tutti sono chiamati, tutto è destinato a uno scopo. La vocazione di ciascuno è essere conformi al Figlio, per diventare figli riconciliati con il Padre, partecipi della sua stessa vita».
La rivelazione
«Così Gesù, passando attraverso le contraddizioni, rivela il senso della festa e della gioia: la riconoscenza. Così rivela il senso del peccato e della tristezza: l’offerta del perdono. Così rivela il senso della cattiveria e della guerra: la vocazione alla riconciliazione e alla pace. Così rivela il senso della vita e della morte: la vocazione all’amore, a partecipare alla vita del Figlio secondo la volontà del Padre, per potenza di Spirito Santo».

Per questo noi entriamo con fede nei giorni della Settimana autentica, conclude il vescovo Delpini,«perché la meditazione delle Scritture, la celebrazione dei santi misteri sia per noi tutti un aiuto a riconoscere che quel nostro frammento di vita è chiamato a entrare in un disegno di gloria».
Ed è lo stesso Arcivescovo, al termine della Messa – in cui si ricorda anche la celebrazione penitenziale di lunedì 14 aprile, da lui presieduta sempre in Duomo alle 18.30 – ad «augurare di vivere intensamente la Settimana autentica e la Pasqua che diventa principio di vita per tutti i giorni. Le celebrazioni in Duomo, nelle parrocchie e comunità pastorali, meritano di essere preparate, desiderate, vissute perché portino frutti, perché il segno della gioia sia diffuso in tutta la città e nelle nostre case per acclamare al Signore che viene a dare la vita per noi».