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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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In Duomo

«Milano non sarebbe quella che è senza centinaia di consacrate e consacrati»

In Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione per la XXVI Giornata Mondiale della Vita Consacrata. L’unica «parola necessaria è Gesù»

di Annamaria BRACCINI

2 Febbraio 2022
Sua Eccellenza Monsignor Mario Delpini (Arcivescovo di Milano)

La processione dei concelebranti, delle rappresentanti della Vita Consacrata femminile e dei Fratelli oblati con le candele che muove dall’altare della “Madonna dell’Albero”, portando tra i fedeli l’icona della “Madonna dell’Idea”; i Dodici Kyrie che risuonano nella Cattedrale dove trovano posto, nel rispetto delle regole antipandemiche, consacrate, consacrati con le loro fiammelle accese. È la Celebrazione per la XXVI Giornata Mondiale della Vita Consacrata, presieduta dall’Arcivescovo, che ricorre nella Festa liturgica della Presentazione del Signore al Tempio – significativamente, in Oriente si chiama Festa dell’incontro -, la “Candelora” della devozione popolare. Oltre 70 i concelebranti, tra cui molti religiosi, tutti i Vescovi ausiliari, alcuni emeriti, cui si aggiunge monsignor Alberto Lorenzelli, ausiliare di Santiago del Cile, membri del Cem e i Canonici del Capitolo metropolitano, con l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo.

Il saluto del vicario episcopale per la Vita Consacrata

«Oggi le persone consacrate che vivono e operano nell’Arcidiocesi ambrosiana le esprimono profonda gratitudine per averle convocate in Duomo», dice in apertura, rivolgendosi al vescovo Mario, monsignor Paolo Martinelli, vicario episcopale di Settore, che ricorda come la partecipazione alla celebrazione risenta ancora pesantemente della pandemia, «con intere comunità in quarantena». Un periodo tribolato, ma «forse, anche un’occasione provvidenziale per riscoprire la cura, la vicinanza, la prossimità verso chi è nel bisogno, come risposta a quel prendersi cura di noi che Cristo stesso ha realizzato come Gesù buon Pastore».
Interessante la sottolineatura dell’aumento «di consacrati e consacrate provenienti da altre culture, che portano originalità e freschezza nella vita della Diocesi». Un cammino definito «promettente» ed evidente in tante immagini di etnie diverse presenti alla celebrazione, cui si uniscono anche le claustrali che, per l’occasione, offrono un cero da loro realizzato.

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L’omelia dell’Arcivescovo

«Ho un grande desiderio di dire a tutti i consacrati e le consacrate la parola più necessaria in questo tempo. Ho pensato a lungo quale sia questa parola», osserva, subito, l’Arcivescovo nella sua omelia. Forse, «grazie», perché «Milano non sarebbe quella che è se non ci fossero state centinaia di persone e di comunità di vita consacrata. Tutti dobbiamo dire un immenso grazie, soprattutto in questo tempo in cui si usa criticare e denunciare con asprezza e si dimentica, si censura, si evita di riconoscere il bene immenso che tutta questa terra ha ricevuto dai consacrati e dalle consacrate. Bisogna dire grazie a tutti voi e a quello che voi rappresentate».
Eppure, tale parola «sembra un poco consolatoria e persino imbarazzante»: certo, «opportuna», ma non la più necessaria.
È la volta del termine «coraggio».
«In effetti – sottolinea monsignor Delpini – abbiamo bisogno di farci coraggio. Anche nelle comunità di vita consacrata avverto il grigiore dello scontento, l’apprensione per il futuro, l’insistenza incorreggibile a considerare l’età dei consacrati e delle consacrate, la riduzione, fino alla scomparsa di novizi e novizie, il peso delle strutture sproporzionate alla risorse. Invece, si deve dire: “coraggio”. Guardate i segni promettenti, gli spiragli di futuro che si colgono con forme nuove di vita consacrata, con presenze inedite di giovani che vengono da altre Chiese e da altre terre. Affrontate con fierezza e sapienza la responsabilità di essere laboratorio di quella Chiesa dalle genti che voi già da anni realizzate e che è il futuro della nostra Chiesa diocesana e italiana».
Ma neppure questo basta: la parola, allora, potrebbe essere «riforma», perché è necessario «riformare il linguaggio per farsi capire dai ragazzi e dalle ragazze di oggi. È necessario riformare l’organizzazione delle comunità, accorparle, unire province, gestire con lungimiranza le risorse e le strutture per favorire la continuazione del carisma. È necessario riformare la vita delle comunità se la molteplicità degli impegni e dei servizi impedisce l’evidenza delle priorità della vita consacrata, e cioè la vita di preghiera e la vita di comunità».
Ma anche questa parola non è soddisfacente, in quanto, «la vita consacrata si è avviata da tempo nel cammino di riformare se stessa e ogni istituto celebra il suo capitolo con grande impegno e frutti significativi», proponendosi «come un modello praticato di quella sinodalità sulla quale tanto si insiste nella Chiesa intera».

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La parola unica e necessaria: il Signore

«La festa che celebriamo», conclude l’Arcivescovo, «rivela che molte parole sono utili, provvidenziali, sapienti, illuminanti. Ma solo Gesù è necessario, solo Lui è la roccia su cui costruire la vita, la comunità, la missione, la consacrazione. Gesù è necessario: non una parola, non un ricordo, non un uomo, una donna, un carisma, un’opera. Uniti a lui affronteremo il tempo presente e il tempo futuro, i giorni di tempesta e di apprensione e i giorni di pace e di letizia, i contesti favorevoli e quelli ostili. Con Gesù. Cerchiamo Gesù, viviamo per lui, dimoriamo in lui, troviamo in lui quella parola che orienta il cammino, quella vocazione che decide la sequela, quella rivelazione che risponde e converte le domande e le attese di ogni uomo e di ogni donna».
Respirando, così, quella universalità vissuta dalla e nella vita consacrata di cui è come un simbolo la preghiera universale recitata coralmente in Duomo con le intenzioni che risuonano in diverse lingue pregando anche per la Chiesa nel suo cammino sinodale, secondo la logica proposta per la Giornata 2022.

Di fronte alla pandemia, il docufilm

Per la XXVI Giornata mondiale della vita consacrata Itl, in collaborazione con l’Arcidiocesi, ha realizzato un video intitolato «Avrò cura di te. Storie di vita consacrata»: presenta tre esperienze di donne consacrate negli sconvolgimenti generati dal Covid-19, un risvolto inedito di come la vita consacrata possa contribuire a far fronte all’emergenza spirituale che sta segnando sempre più persone con il protrarsi della pandemia.