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Milano

Martini, profeta del dialogo

Nel decimo anniversario della scomparsa in Duomo serata di ricordi e testimonianze promossa dalla Cattedrale, dalla Veneranda Fabbrica e dal Capitolo metropolitano

di Annamaria Braccini

1 Settembre 2022
I protagonisti della serata sotto il ritratto del cardinale Martini

«Carlo Maria Martini, profeta di Milano. Testimonianze e ricordi nel decimo anniversario della scomparsa»: questo il titolo della serata svoltasi in Duomo, presso la tomba di questo amato e indimenticato Arcivescovo di Milano. Un titolo, o meglio un cammino spirituale, che ha definito il senso di quella «memoria viva con la quale vogliamo ricostruire la figura del Cardinale», per usare le parole dell’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo, che ha voluto l’evento unitamente alla Veneranda Fabbrica e al Capitolo metropolitano. Presenti, tra gli altri, la sorella Maris e i nipoti del Cardinale, figure del mondo culturale e civile come Gabriele Albertini, già sindaco di Milano, e un folto gruppo di spettatori, oltre ai molti collegati per la diretta streaming.

I presenti alla serata in Duomo

Molteplici gli aspetti – alcuni di taglio inedito – attraverso i quali diverse qualificatissime voci hanno delineato il percorso martiniano, specie come protagonista della vita di Milano dal suo ingresso in Diocesi il 10 febbraio 1980 al suo addio, nel 2002, fino alla morte avvenuta nel 2012.

«Grato e gradito al Signore»

Così come ha sottolineato don Damiano Modena, sacerdote della Diocesi di Salerno, da cui era collegato in video per la sua testimonianza, che fu vicino al Cardinale negli ultimi tre anni di vita. «Martini – spiega don Modena – non evase mai dalla contemporaneità, anche nella grave precarietà fisica, rimanendo fino all’ultimo collegato con la sua missione di comunicatore, pieno di fiducia nel presente, pur nella mancanza della parola e nella paralisi, nell’esilio del corpo.  Martini nella malattia fu colui che rese grazia a Dio comunque, e questo lo ha reso certamente gradito al Signore. Grato e gradito: è questa la storia di una lunga malattia con un lieto fine che derivò dalla sua prodigiosa capacità di dialogo e ascolto».

Una caratteristica, quella del dialogo, ormai divenuta quasi una definizione dell’intera personalità martiniana e ben evidenziata dalla lettura, affidata al regista e autore di fama internazionale Massimiliano Finazzer Flory, del brano «La profezia misterica di Gerusalemme», dalla Prolusione alla XXVI Settimana Biblica Nazionale del 15-19 settembre 1980, tenutasi presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. 

«Un grandissimo giornalista»

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Poi, è stata la volta del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, che ha incentrato la sua riflessione proprio sulla collaborazione che legò Martini al quotidiano. «Fu merito del precedente direttore, Ferruccio de Bortoli. Curata dal caporedattore Paolo Baldini, proseguì fino al 24 giugno 2012, ogni mese con una pagina pubblicata la domenica. Riceveva migliaia di lettere, perché era, in realtà, anche un grandissimo giornalista: lo sapeva fare perché aveva la consapevolezza della necessità di farsi capire e non aveva alcuna remora a confrontarsi anche con i temi più scottanti della cronaca e della Chiesa. Le redazioni con lui erano una sorta di messa a punto dei temi. Suggeriva titoli forti e, mese dopo mese, amava fermarsi sulle questioni più difficili della città, della povertà e dell’emarginazione, tanto che nel 2010 gli fu conferito il “Premiolino”».

L’intervento di Luciano Fontana

Arriva anche un ricordo personale, raccontato da Fontana per la prima volta: «Quando gli chiedemmo un commento sulla pedofilia, pregò per una decina di minuti in solitudine e poi diede una risposta lucida di condanna senza appello – parlò di scandalo – con una presa di posizione pubblicata il giorno dopo che ebbe grande clamore. Riceveva 2000 lettere a settimana e, a volte, rispondeva privatamente o addirittura, in alcuni casi particolarmente delicati, si metteva in contatto di persona perché si sentiva al servizio della comunità.

Per chiudere il suo rapporto con il Corriere il Cardinale decise di partecipare a una riunione di redazione, prendendo il posto del direttore e conducendo la riunione. Andando via lasciò un biglietto. Vi era scritto: «Pregate, per voi, per me, per il Paese». Sono orgoglioso – conclude il direttore – che un pezzo della nostra gente sia venuto incontro a Martini anche attraverso il Corriere della Sera».

Ricordi confermati dal giornalista e studioso Armando Torno con parole di commossa gratitudine, dopo la lettura, affidata sempre a Finazzer Flory, dell’articolo scritto dal Cardinale per il Corriere, «Ogni popolo guardi il dolore dell’altro. E la pace sarà vicina».  

«Un itinerario mistico»

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Infine, la terza parte della serata con l’intervento di monsignor Borgonovo e la lettura di un ampio stralcio dell’intervento conclusivo martiniano alla tavola rotonda «Russia e Occidente, a 1000 anni dal battesimo della Rus’ di Kiev», tenutasi a Milano, presso l’Università Cattolica nel 1988.

L’intervento di monsignor Borgonovo

«Vedo questo cammino che abbiamo percorso come un itinerario mistico in tre tappe e una conclusione che ne è il fondamento – osserva l’Arciprete -. Il primo passo è questa tomba presso cui Rav Laras (a lungo rabbino capo di Milano e amico personale di Martini) e la comunità ebraica di Milano decisero di porvi due sacchetti di terra del grande Israele, come si fa per chi è in diaspora e non può essere sepolto a Gerusalemme, come avrebbe voluto anche il Cardinale. Un secondo passo è la memoria di quando, il 20 maggio 2012, andammo all’ Istituto Aloisianum di Gallarate – dove Martini ha concluso la sua vita –  con Rav Laras. Fu un dialogo faticoso per lo stato di salute del Cardinale, ma alla fine il rabbino impose le mani e pronunciò la benedizione ebraica e altrettanto fece Martini impartendo la benedizione sacerdotale. Fu il segno concreto di un cammino fatto insieme. Importante fu anche il rapporto di paternità spirituale con il monaco e teologo benedettino Ghislain Lafont. Il fondamento di tutto questo è l’epitaffio scelto da Carlo Maria Martini stesso per la sua sepoltura, il versetto 105 del salmo 119: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”».

A conclusione, la recita corale del Salmo 125 suggella la serata, con la Parola di Dio e la presentazione della rosa purpurea “Cardinal Martini”, posta sulla tomba. È il risultato di molti mesi di innesti, per arrivare finalmente a come l’aveva immaginata la sorella Maris, elaborato dal Vivaio Barni di Pistoia. La rosa di un vivissimo rosso purpureo, richiama il colore della berretta cardinalizia e sarà disponibile dalla primavera 2023. Il ricavato delle vendite sosterrà le attività della Fondazione Martini.

La rosa “Cardinal Martini”

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