In occasione della festa della diocesi di Santiago di Cuba, dedicata il 25 luglio all’apostolo Giacomo, l’Arcivescovo Mario Delpini ha partecipato alla solenne concelebrazione nella cattedrale di Santiago alla presenza dell’Arcivescovo, Dionisio, con la presenza di sacerdoti della diocesi.
Mons. Delpini ha tenuto l’omelia che riportiamo più sotto. Dopo la Santa Messa, c’è stata la processione con la statua del Santo conclusa con la benedizione sulla città in piazza “Parque Cespedes”. Al termine della preghiera, i due Arcivescovi si sono incontrati per rinsaldare e guardare al futuro della collaborazione tra le due diocesi. Il pranzo, in Arcivescovado, ha concluso la mattinata.
L’omelia

Voglio cantare il canto della vita.
Voglio cantare il canto della vita nostra e degli altri.
Voglio cantare il canto della vita di oggi e di domani.
Di quale vita vuoi cantare, amico?
Vuoi cantare questa vita faticosa e triste?
Vuoi cantare in questo tempo quando nessuno ha voglia di cantare?
Sì, voglio cantare questa vita di sorrisi e di pianti, questa vita di luce e di tenebra.
Voglio cantare di questa vita, di cui San Paolo dice: “è un continuo essere esposti alla morte”.
A questa vita voglio cantare, povera e difficile, in questo tempo così complicato.
Però non voglio cantare la povertà, né la tristezza, né l’ingiustizia, né l’oppressione.
Voglio cantare del tesoro che Dio ha posto in vasi di argilla; voglio cantare del fuoco che Gesù ha acceso nelle nostre tenebre; voglio cantare di una forza che sta in questa vita, una forza tanto straordinaria “che viene da Dio e non da noi. Infatti in tutto siamo tribolati ma non schiacciati; siamo sconvolti ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi”.
Che cos’è questo fuoco, che cos’è questa forza, che cos’è questo tesoro?
Il tesoro che rende preziosa la nostra vita, il fuoco che la illumina e l’ardore che l’accende è la vita di Gesù in noi!
Voglio cantare la vita che Dio ci ha donato, la vita di figli e figlie di Dio.
Voglio cantare quel fuoco che Gesù ha acceso in San Giacomo, così ardente che fu il primo dei dodici a morire per la sua fede in Gesù. Fu il primo “a bere del suo calice”.
Canto questa vita che si manifesta nei discepoli, in questo stesso corpo tanto fragile e nei nostri miseri cuori. Canto la vita di Gesù in noi.
Questa vita non è un destino fatale verso la morte ma è la libertà di rispondere alla vocazione a condividere la vita di Dio, la vita eterna. “Colui che risuscitò Gesù, risusciterà anche noi.” Io canto la speranza.
Canto la vita che non è cercare di essere grandi, cercare di essere il primo ma di essere colui che serve, come Gesù “che non è venuto per essere servito ma per servire”. Io canto il servizio della carità.
Io canto la vita nella comunità. Nessuno vive da solo, nessuno basta a se stesso. Però condividere la vita dei discepoli non può essere indignarsi gli uni contro gli altri, lamentarsi ed essere invidiosi come gli altri dieci discepoli furono nei confronti dei due fratelli. La vita nella chiesa è condividere la carità di Gesù. Come uno solo è il pane che mangiamo così noi siamo un solo corpo e un solo spirito. Canto la vita della chiesa unita nell’amore.
(Citazioni prese dalle letture del giorno: 2Cor 4,7-15 e Mt 20,20-28)






