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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Testimonianza

Larysa: «Debiti e spese, da soli non ce la facciamo»

Ucraina, dall’estate è in cassa integrazione, mentre il marito, moldavo, si è visto ridurre lo stipendio. E ci sono due figlie da crescere: «Abbiamo dovuto chiedere aiuto ad amici e conoscenti. Ed è grazie all’Emporio della Solidarietà se possiamo fare due pasti al giorno»

di Francesco CHIAVARINI

31 Ottobre 2021
L'utente di un Emporio della Solidarietà

«La più grande fa le medie, per comprarle i libri di testo quest’anno ho dovuto chiedere i soldi in prestito ad alcuni amici. Ma per i vestiti le ho dovuto dire di avere pazienza ancora un po’, anche se quelli che ha sono diventati troppo stretti perché nel frattempo è diventata una signorina. Lei si sente a disagio, ma non mi dice nulla. Io però lo capisco e mi si stringe il cuore».

Quello per i libri è solo l’ultimo dei debiti che Larysa, originaria dell’Ucraina, in Italia dal 2005, ha dovuto fare per tirare avanti in questo anno e mezzo di pandemia. Il marito, di origini moldave, lavorava come guarda giurata per un’azienda farmaceutica con un contratto a chiamata 4 giorni alla settimana. Lei faceva invece la scodellatrice in una mensa scolastica. Quando è arrivato il Covid, i giorni di lavoro del marito sono drasticamente diminuiti. Poi a settembre, il contratto non gli è stato più rinnovato. Nel frattempo, lei è stata messa in cassa integrazione, perché con l’avvio della didattica a distanza gli alunni restavano a casa. Per i primi tre mesi non ha ricevuto nessun assegno. In estate finalmente è arrivata prima indennità: 249 euro, la metà dello stipendio. Troppo poco per pagare l’affitto, le bollette del gas e della luce, fare la spesa e comprare i vestiti nuovi alle bambine di 8 e 11 anni, che fortunatamente crescono a vista d’occhio.

«Ho scelto di pagare le bollette perché se non lo fai ti tagliano il gas e la luce – dice -. Ma ho smesso di corrispondere l’affitto: meno male che viviamo in una casa popolare di proprietà del Comune e gli impiegati della MM sono stati comprensivi. Però anche così ho dovuto chiedere aiuto ad amici e conoscenti». E ora sono proprio quei debiti che rendono impossibile tornare alla normalità. Perché lei è rimasta a casa mentre il marito è tornato a lavorare come prima, ma con una paga oraria più bassa, 9 euro all’ora, con la quale non arriva a guadagnare mille euro al mese.

«Non abbiamo mai navigato nell’oro, ma ce l’abbiamo sempre fatta da soli senza chiedere nulla a nessuno. Ma ora, tra i costi della vita e gli arretrati, non ce la facciamo. Meno male che per la spesa posso venire all’Emporio della Solidarietà della Caritas. Grazie a loro riesco a mettere a tavola due pasti al giorno e avanzare qualche euro per acquistare almeno una volta alla settimana una bistecca per le mie bambine. Almeno a questo non vogliamo rinunciare».

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