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Milano

L’Arcivescovo prega con le comunità etniche

Un momento di raccoglimento in vista del Natale caratterizzerà la serata del 21 dicembre nella Basilica di Santo Stefano, che riprende e rinnova la tradizione dell'incontro che in passato si svolgeva in Sant'Ambrogio prima del Discorso alla Città

di Annamaria Braccini

19 Dicembre 2022
Un incontro degli anni scorsi tra l'Arcivescovo e i rappresentanti delle comunità etniche presenti a Milano nel contesto del Discorso alla Città

Dopo la sospensione dovuta alla pandemia torna il sempre atteso incontro tra l’Arcivescovo e i fedeli delle Cappellanie estere cattoliche. Quest’anno l’appuntamento – in programma nella Basilica di Santo Stefano a Milano la sera del 21 dicembre – cambia formula, come spiega don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti: «Si tratta di una scelta che, in realtà, si pone in continuità con una tradizione avviata ormai da decenni. Infatti, prima della celebrazione dei Vesperi primi di Sant’Ambrogio, l’Arcivescovo di Milano incontrava i rappresentanti delle Comunità migranti. Ma giustamente monsignor Delpini ci ha invitato a immaginare un incontro un poco più disteso, perché quello della vigilia della festa del Santo patrono, che si svolgeva prima del Discorso alla Città, come è ovvio, si riduceva a pochi momenti di dialogo».

Come sarà strutturato quindi l’incontro?
L’Arcivescovo ci ha suggerito l’idea di realizzare un momento di preghiera insieme, al quale invitare tutti coloro che desiderano parteciparvi e non solo i rappresentanti delle Cappellanie. Ci è sembrata bella questa proposta e abbiamo perciò deciso di legarla ai giorni che precedono il Natale. Il 21 dicembre, alle 20, in Santo Stefano, parrocchia personale dei migranti, faremo una preghiera natalizia, seguita dall’incontro e dagli auguri tra l’Arcivescovo e ciascuna Comunità migrante. Non mancherà, alla fine, anche un piccolo brindisi.

Quante sono le Comunità cattoliche straniere in Diocesi?
I Cappellani sono 24 e seguono diverse Comunità, strutturate con differenti tipologie: le parrocchie personali, le Cappellanie, le missioni in cura d’anime, e ciascuna di esse, al suo interno, conta, poi, ulteriori realtà. Così, in Diocesi, si arriva a una quarantina di Comunità: la più rappresentata è la filippina.

Si può azzardare qualche numero?
Difficile fare un censimento preciso. Tuttavia posso dire che della mia parrocchia, appunto Santo Stefano, fanno parte ben otto Comunità filippine costituite, cui si aggiungono quella della parrocchia personale di lingua inglese di San Carlo e altre due sorte in maniera autonoma da religiosi filippini che svolgono il loro ministero a Milano, ma che poi si sono legate alla Pastorale diocesana dei Migranti.

Qual è, in questo momento, la difficoltà maggiore che si avverte nelle Comunità di fedeli giunti, anni fa o più recentemente, da ogni parte del mondo?
Credo che le difficoltà più significative siano relative al rapporto generazionale. Preferisco non parlare di prima e seconda generazione, perché sono concetti molto imprecisi: basti pensare a quelle cosiddette seconde o terze generazioni che sono i giovani. Tra loro, c’è chi è nato nel proprio Paese di origine o in Italia, altri venuti qui da piccoli o da adolescenti, quindi, non esiste un modello di riferimento univoco. È più rappresentativo, invece, il rapporto tra padri e figli, dove la fatica vera è la differenza culturale anche quando la fede, in maniera sentita, è praticata da parte di entrambi, magari, con l’impegno in parrocchia. È chiaro che vivere la fede secondo la cultura latinoamericana o dell’Oriente asiatico o secondo la cultura europea non sia la stessa cosa.

La Comunità ucraina come sta reagendo dal punto di vista religioso al dramma del suo Paese?
È una realtà in espansione. Proprio settimana scorsa mi sono recato a parlare con l’Arciprete di Monza per la possibilità che, anche in quella città, vi sia una celebrazione di Rito bizantino, ogni domenica mattina nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, in cui già celebrano i latinoamericani e i srilankesi. Mi pare che, dopo il forte e comprensibile trauma iniziale della guerra, ora la Comunità si sia stabilizzata.

L’incontro con l’Arcivescovo è atteso?
Certamente. Direi mai come ora, dopo il Covid e anche perché quest’anno non avremo il problema del numero dei partecipanti, mentre in passato potevano prendervi parte solo due rappresentanti per Cappellania. Insomma, siete tutti invitati.

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