Da che mondo è mondo si crescono i figli, li si prepara alla vita adulta, li si attrezza a stare al mondo. È l’opera perenne delle generazioni che si protendono a «dare la vita» garantendo un futuro a questo mondo e all’umanità tutta. Compito arduo eppure affascinante quello dell’educare e, come accade per tutte le cose preziose della vita, non lo si sceglie in piena consapevolezza, non se ne conosce in anticipo tutta la portata, viene come assegnato «in automatico» non appena i cuccioli si affacciano sulla scena di questo mondo. E allora accade di sentire nel profondo, fin dal primo momento, che non sarà più possibile tirarsi indietro, che quel figlio arriva da lontano ma intercetta proprio te, ti è come donato, affidato, regalato dalla vita perché tu gli sia padre, gli sia madre.
Grazie a Dio si procede per gradi e i primi periodi chiedono tanto accudimento, faticoso certamente, ma a prima vista semplice; si tratta di buon senso nel nutrire, coprire, cambiare, intuire e soddisfare i bisogni, alleviare il disagio, rassicurare, cullare, sostenere, canticchiare, massaggiare… Piccole cose e piccoli gesti dal grande significato: attestano la bontà e vivibilità della vita e insieme consentono di prendere le giuste misure su di sé.
Arriva poi la necessità di dire dei no, di sostenere il pianto, di scongiurare i capricci magari con fermezza, di placare ansie e dipanare tristezze, di rassicurare e coccolare e «riprendere» e richiamare. La bontà della vita, che l’itinerario educativo dischiude, passa anche attraverso la «palestra» dei no, dei limiti e del contenimento. Fino alla necessità di rendere ragione di «provvedimenti» presi, di valori vissuti e difesi, di pratiche «imposte» o almeno raccomandate, di stili adottati e richiesti. È il percorso dell’educare che ci vede sempre più coinvolti come adulti e sempre più chiamati in causa sulla nostra percezione della vita, sui valori, sulla fede, ci rende tanto credibili quanto più «testimoni» in prima persona della bellezza del vivere rivelata dal Vangelo di Gesù. E quella bellezza passa attraverso le relazioni personali e comunitarie, si rivela nei momenti belli e sereni di intimità famigliare, ma anche in quelli comunitari di gioco, di scambio, di confronto, di preghiera, di catechesi… perché è così che la vita cristiana manifesta tutta la sua ricchezza.
Ed è per questo che ora la Festa della famiglia intercetta tutta la tematica educativa e si lega alla Settimana dell’educazione. La famiglia ha sempre più bisogno che i piccoli e poi i giovani siano un po’ presi in carico anche da altri affinché quella bontà del vivere sia percepita di più largo respiro. Ecco il prezioso servizio della comunità cristiana che, nelle sue diverse articolazioni, o carismi, si fa «comunità educante», muove alla ricerca del bene dei piccoli e dei giovani: li accoglie in luoghi specifici, li istruisce al seguito di Gesù, li fa incontrare, divertire, giocare. La comunità accoglie anche i genitori, li accompagna e sostiene nel loro compito educativo, li incoraggia, suggerisce loro modi anche «leggeri» di educare i figli. Perché a volte vale di più un pomeriggio in oratorio, una visita alla Chiesa, all’ospedale, al cimitero, vale di più un briciolo di consapevolezza nell’abitare la casa, nello stare sui campi di gioco, o a scuola, vale di più un piccolo gesto deciso insieme o una piccola preghiera, perché il modo cristiano di stare al mondo plasmi, nel «silenzio» del quotidiano, la coscienza dei nostri piccoli.
La famiglia non è sola, non è costretta a educare solo a suon di prediche e discorsi e infinite spiegazioni che sovente lasciano il tempo che trovano. Accanto a essa c’è un’intera comunità, ci sono alleati in carne e ossa, sacerdoti, religiose, catechisti, educatori, allenatori… ma anche «luoghi» che, senza spreco di parole, possono facilitare la trasmissione del senso buono e cristiano della vita. Legare la Festa della famiglia alla Settimana dell’educazione permette quindi di offrire alle famiglie quell’attenzione e sostegno di cui hanno bisogno ma anche di esplorare e valorizzare questa ricchezza comunitaria, questa alleanza di carismi e vocazioni che ormai solo noi cristiani possiamo vantare, a patto di superare quei piccoli steccati e orticelli che a volte sterilizzano risorse preziose per la crescita dei nostri piccoli e delle nostre comunità.