Può venire qualcosa di buono da Nazaret? Sì, perché con l’annuncio che l’arcangelo porta in quella piccola e sconosciuta città della Galilea, la storia è cambiata per sempre e ognuno anche oggi, dopo 2000 anni, può vivere la speranza di un’annunciazione nella Nazaret che ha nel cuore.
In Duomo, dove sono tanti i fedeli riuniti per la Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria – come accade ogni anno, presenti anche alcuni ospiti di Casa Betania dell’Opera di Fratel Ettore accompagnati dalle responsabili – l’Arcivescovo dice così, nel Pontificale da lui presieduto e concelebrato dai Canonici del Capitolo metropolitano.
«Vogliamo pregare affinché anche in noi cresca e si rafforzi il desiderio di accogliere il Signore in questo Avvento, camminando nella fedeltà alla Parola e riconoscendo il primato di Dio. Con Lei, la Madre del Salvatore, ha inizio l’umanità redenta dalla croce di Cristo e oggi, più che mai, siamo chiamati a unirci al suo Magnificat, contemplando ciò che ha operato l’amore di Dio» dice, nel suo saluto iniziale, l’Arciprete del Duomo dopo che il vescovo Mario Delpini ha incensato la preziosa icona della Madonna posta per l’occasione in altare maggiore.
L’omelia, sul “filo d’oro” della pagina del primo capitolo del Vangelo di Luca – appunto con l’annuncio a Maria – è quasi un cantico a testimoniare l’importanza che cambia la storia dell’uomo e del mondo con un evento che si realizza nella città con «quattro case senza storia e senza gloria e dove non vi è nulla di attraente o di memorabile», come narra l’Arcivescovo.
«Nazaret: là dove tutto comincia»
Quella Nazaret che è anche «la terra dei peccatori, dove c’è gente che non rispetta neppure il sabato». Insomma, il paese abitato da «gentaglia che non ama le novità», che Gabriele fatica a trovare e del quale anche Giacomo, che lì vive, ammette che «non è facile abitarvi».
Che fare dunque, si chiede un «addolorato Gabriele» che pure ricorda l’importanza dell’annuncio che deve portare? L’aiuto viene dall’amico Raffaele che spiega. «Nazaret è là dove tutto comincia. Là dove tutto riceve un nome, un nome nuovo, scritto su una pietruzza bianca, sconosciuto a tutti. Là dove ciascuno è chiamato per nome; non il nome scritto sui registri delle tasse; quello segreto: “piena di grazia”, “uomo giusto”. Anche i giorni si svegliano non per essere date di calendario; i giorni sono occasioni, sono grazie. Anche gli affetti a Nazaret sono delicate promesse d’amore. Nazaret è là dove tutto comincia».

Ieri come adesso, «là dove non c’è storia, proprio là dove c’è una storia sbagliata, una storia immobile, è annunciata la gioia: “Rallegrati!” proprio a Nazaret è annunciato il nome nuovo e si compie la promessa: “Il Signore è con te”. Proprio a Nazaret si rivela l’intenzione di Dio, che benedice ogni uomo e ogni donna di quelli che non sono numeri per le statistiche, ma scelti prima della creazione del mondo per essere santi di fronte a lui nella carità. Perciò, si dice, chi vuole conoscere Dio e la sua volontà deve passare anche da Nazaret, là dove tutto comincia».
Il richiamo dell’Arcivescovo è per ognuno di noi: «In qualunque paese dove ci saranno anche violenze, presunzioni anche anonimato, ovunque sia la nostra Nazareth, noi vigiliamo perché forse anche per noi c’è un arcangelo in cammino per la nostra annunciazione».
E, al termine della celebrazione, c’è ancora tempo per un invito «a vivere la preparazione al Natale con i sentimenti e la stessa fede di Maria», e per un ringraziamento all’Azione Cattolica di cui l’8 dicembre si celebra la “Giornata dell’Adesione”. Non a caso in apertura del Rito, accanto al vescovo Delpini durante l’incensazione dell’icona mariana, erano presenti due rappresentanti dell’Ac ambrosiana. «Voglio ringraziare l’Azione Cattolica di tutto il bene che ha fatto e fa a servizio della nostra Chiesa e della disponibilità che mostra per le indicazioni pastorali che la nostra Diocesi va elaborando. Ringrazio chi aderisce e incoraggio ad aderire coloro che pensano di poter servire in modo speciale l’apostolato dei laici e il servizio alla Chiesa», conclude l’Arcivescovo.




