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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Lettera apostolica

Il Papa a Greccio: «Fare il presepe in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle piazze»

«Non è importante come si allestisce, ciò che conta è che parli alla nostra vita»: si conclude così la lettera apostolica sul presepe. «È come un vangelo vivo», una «bella tradizione» da sostenere e realizzare in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze

di Maria Michela NICOLAIS

3 Dicembre 2019
Il Papa firma la lettera apostolica a Greccio

«Sostenere la bella tradizione» del presepe: in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze. È l’invito contenuto nella lettera apostolica Admirabile signum, firmata dal Papa durante la sua visita a Greccio. Per il primo Papa a prendere il nome di Francesco, pellegrino nel luogo dove Francesco d’Assisi ha realizzato la prima rappresentazione della Natività della storia, il presepe «è come un Vangelo vivo», che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. A fare il presepe «si impara da bambini», ricorda il Papa: «Mi auguro che questa pratica non venga mai meno, anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata».

«Il presepe ci fa vedere, ci fa toccare questo evento unico e straordinario che ha cambiato il corso della storia, e a partire dal quale anche si ordina la numerazione degli anni, prima e dopo la nascita di Cristo», sintetizza Francesco. La notte di Natale del 1223 San Francesco, con la semplicità di quel segno, «realizzò una grande opera di evangelizzazione», che consiste nel «riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità. Greccio diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio». Il presepe «suscita tanto stupore e ci commuove» perché «manifesta la tenerezza di Dio», il creatore dell’universo che «si abbassa alla nostra piccolezza».

Fin dall’origine francescana il presepe è un invito «a sentire, a toccare la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. È un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi». Anche quando «la notte circonda la nostra vita, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò?». Così il Papa attualizza i vari segni del presepe. «Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo – spiega -. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza».

«Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio», scrive Francesco. Gli angeli e la stella cometa «sono il segno che noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore», come fanno i pastori dopo l’annuncio fatto dagli angeli. «A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata», commenta il Papa. «Gesù è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso». Dal presepe, quindi, «emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità.

Maria e Giuseppe: insieme a Gesù Bambino, sono il centro del presepe, custodito nella grotta. «Maria è una mamma che contempla il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo», è la Madre di Dio che «non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire alla sua parola e metterla in pratica». Accanto a lei c’è San Giuseppe, «il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia».

«ll cuore del presepe comincia a palpitare quando, a Natale, vi deponiamo la statuina di Gesù Bambino – testimonia Francesco -. Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi».

«I Magi insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo – osserva il Papa -. Sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme. Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo.

«Non è importante come si allestisce il presepe; ciò che conta, è che parli alla nostra vita – l’invito finale -. Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino a ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi».