Sabato 7 giugno, dalle 15, l’Arcivescovo visiterà l’Istituto Luigi Palazzolo appartenente alla Fondazione Don Carlo Gnocchi. Sarà un momento particolare che si aggiunge alla tradizionale celebrazione che i Pastori di Milano presiedono ogni anno, presso la grande chiesa interna alla struttura, nella sesta domenica dell’Avvento ambrosiano.
«Sì, sarà una visita diversa, perché l’invito che abbiamo rivolto a monsignor Delpini, riguarda la possibilità di celebrare insieme ai nostri malati il Giubileo, visto che la grande maggioranza di loro non può spostarsi – dice don Innocenzo Rasi, cappellano del Palazzolo dal 2011 -. Abbiamo partecipato già al Giubileo diocesano dei malati celebrato in Duomo il 15 febbraio con una piccola parte di malati, però questa opportunità adesso vuole essere allargata a tutti coloro che in Istituto possono avere un momento di incontro con l’Arcivescovo»,.
Come si svolgerà la visita?
L’Arcivescovo, accolto dal presidente della Fondazione don Enzo Barbante e dai vertici dell’Istituto, benedirà lo spazio denominato «Melvin Jones Garden», che attraverso il nome del fondatore del Lions Clubs International intende fare memoria dei membri transitati dal nostro Istituto: è stato finanziato dai Lions stessi. Poi, si recherà verso la chiesa mentre i giovani dell’Oftal animeranno la recita del Rosario. Nel percorso entrerà nel padiglione «Generosa», il nucleo protetto dell’Alzheimer e della Rsa. Al termine della Messa si recherà in visita ai nuclei di accoglienza per persone in stato vegetativo e malattie neuromuscolari, incontrando i pazienti, ma soprattutto i parenti.
Quanti sono in questo momento in totale gli ospiti della struttura?
Gli ospiti nel complesso sono circa 800, nei nuclei di stato vegetativo e malattie neuromuscolari sono una trentina.
In un Istituto come il Palazzolo, all’avanguardia proprio per la cura di queste complesse patologie, come cogliere il segno di quella speranza che non delude a cui papa Francesco ha voluto dedicare l’anno giubilare?
Già la presenza dell’Arcivescovo e la sua parola ci aiutano. Monsignor Delpini è abituato a venire in Istituto: è conosciuto, amato, seguito e le sue omelie colpiscono sempre i nostri ospiti, anche perché sono riflessioni umanissime ad hoc sulla malattia e sulla sofferenza. Le sue sono sempre parole di speranza, di gioia, di conforto, soprattutto legate alla fede. La sola, unica a dare forza a chi purtroppo soffre e si trova, talvolta, in condizione anche di vedere molto prossima la fine della propria vita.




