La salita per la via delle Cappelle del Sacro Monte, sfidando un cielo grigio e minaccioso, le soste in preghiera in un clima di grande raccoglimento, la recita del Rosario in cinque tappe, accompagnate – a ogni decina – da stralci dell’omelia di Giovanni Paolo II per la beatificazione di Pier Giorgio Frassati e da lettere di questo giovane straordinario che verrà canonizzato il 3 agosto. La gioia di vivere insieme un momento tanto significativo come il Giubileo diocesano degli universitari con l’arrivo nel Santuario di Santa Maria del Monte, dove si affollano in 400, tra studenti, docenti, ricercatori e cappellani.

La celebrazione
Tutto questo è stato l’atteso momento giubilare che ha coinvolto il mondo accademico diocesano, concluso dall’Eucaristia presieduta dall’Arcivescovo nel Santuario e concelebrata da una ventina di sacerdoti, tra cui il vicario episcopale di settore don Giuseppe Como, il responsabile della Sezione Università del Servizio Giovani don Marco Cianci e l’arciprete del Sacro Monte don Eros Monti. È lui a porgere un primo saluto di benvenuto ai presenti, «pensando agli anni universitari come esperienza di ascolto, che cambia lo sguardo sugli altri, su di noi, sul mondo e che allarga gli orizzonti».
Parole a cui fanno eco quelle di don Cianci: «Il compito che abbiamo, se Cristo è la nostra speranza, è collaborare alla sua continuità nella storia. Costruire la Chiesa, nel posto dove siamo, nelle circostanze in cui si è immersi. La condizione oggettiva è creare una comunione tra noi, Chiesa tra le genti, un rapporto diverso, che stabilisce agli occhi di tutti come una unità visibile, un coinvolgimento di vite; e inoltre l’obbedire ultimo al mistero dell’autorità della successione apostolica: il Vescovo e il Papa. Che ognuno si senta salvato e portatore di questo annuncio, consapevole di un abbraccio che ha cambiato il mondo».
Tra le magnifiche architetture e decorazioni seicentesche e barocche del Santuario, con i ragazzi che si assiepano ovunque, è l’Arcivescovo, nell’omelia, a delineare quello che definisce un «manuale per evitare di rendesi antipatici che si può scrivere in cinque capitoli».

L’omelia dell’Arcivescovo
Sulla scorta delle Letture del giorno – tratte dagli Atti degli Apostoli 17 e dal Vangelo di Giovanni al capitolo 12 con Paolo e il Signore che si rendono antipatici per la verità del loro pensiero -, quello che delinea l’Arcivescovo è una sorta di ironico elenco di «cose da non fare, adatto per ragazzi e ragazzi che studiano e che fanno amicizia in Università dove, anche lì, si rischia di essere antipatici».
«Primo: evita di dire che Gesù è risorto, perché la risurrezione è così estranea alla mentalità contemporanea che la gente pensa di essere destinata a finire nel nulla e preferisce vivere disperata. Evita, ti guarderebbero come un personaggio strano. Secondo: evita di suscitare entusiasmo con la speranza cristiana. La gioia, il canto, la danza disturbano la gente che preferisce lo scetticismo alla fede, la tristezza alla gioia, il malumore all’entusiasmo. Perciò non renderti antipatico facendo l’originale, esprimendo addirittura la gioia della verità, quando in università si ritiene che, per essere intelligenti, bisogna essere scettici, agnostici e tristi».
Poi, il terzo e il quarto punto: «Evita di leggere le Scritture, leggi i libri che vincono i premi letterari, che sono in cima alla classifica dei più venduti, leggi i manuali, o meglio non leggere nulla, ma evita soprattutto di leggere e studiare la Bibbia: ti renderebbe antipatico. Evita anche di stringere rapporti con le persone importanti e nobili. Fin quando ti dedichi ai poveri, ai bambini, ai malati, agli scarti della società, non dai fastidio a nessuno, ma lascia stare le persone ricche, che sono autorità, quelli che occupano posti di prestigio, le persone importanti per il sistema, il potere, la sinagoga, per la società. Evita di dire loro che sono chiamati a diventare come bambini per entrare nel Regno dei cieli». «E, ultimo, non insistere, non essere costante, ritirati in qualche angolino rassicurante; di fronte al rifiuto, lascia perdere, rimani tra quelli che la pensano come te, accontentati del tuo piccolo gruppo. Per non sentirsi strani a motivo di credere a Gesù e alla sua risurrezione, la condizione è di essere irrilevanti. La condizione per non essere antipatici è omologarsi alla rassegnazione e alla disperazione. Guardati bene dall’essere entusiasta».
Eppure, ammette monsignor Delpini, «mi sembra che questo manuale sia una raccolta di indicazioni noiose e deprimenti. Perciò la grazia del Giubileo, che qui invochiamo, ci aiuti a crescere nella fede, a praticarla, senza esibizionismo, ma anche senza timidezze, offrendo a tutti motivi di speranza anche a costo di essere antipatici».
Dopo la preghiera per il Santo Padre, come richiedono le indicazioni giubilari, con il Padre nostro e l’Ave Maria recitati coralmente, è ancora don Cianci a rivolgere un ringraziamento ai partecipanti, tra cui la rettrice dello Iulm Valentina Garavaglia e la direttrice generale dell’Ateneo (che ha messo a disposizione autobus per raggiungere il Sacro Monte), studenti, docenti e personale amministrativo, responsabili dei Collegi universitari arcivescovili e non. «Vi sono grato perché avete scelto questo luogo che mi è molto caro e dove sono salito tante volte, essendo io nativo del Varesotto», conclude monsignor Delpini.





