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Intervista

Gualzetti: «Accoglienza diffusa,
chiave per l’integrazione»

Il direttore di Caritas Ambrosiana stila un bilancio del piano diocesano: «Ogni Comune, parrocchia, istituzione può ospitare pochi richiedenti asilo. Soluzione più efficace di quella di riunire centinaia di migranti in un unico luogo»

di Filippo MAGNI

29 Maggio 2016

«Se rifiutiamo di fare ciascuno la propria parte, sarà inevitabile l’attivazione di strutture che riuniscono centinaia di migranti in un unico luogo. Diversamente, ogni Comune, parrocchia, istituzione può farsi carico di ospitare pochi richiedenti asilo. È evidente quale sia la formula che favorisce l’integrazione». Lo ribadisce il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, commentando dopo 8 mesi l’andamento del piano di accoglienza diffusa proposto in Diocesi.

Il mandato per esplorare la disponibilità delle parrocchie a ospitare capillarmente è stato affidato dal cardinale Angelo Scola a Caritas a fine luglio 2015. Al termine dell’Angelus del 6 settembre, papa Francesco esortò ulteriormente: «Ogni parrocchia accolga una famiglia di migranti». A oggi Caritas Ambrosiana ha selezionato 135 parrocchie con immobili adatti all’accoglienza, 35 comunità e 13 istituti religiosi. Si affiancano alle strutture più ampie attive da anni sul territorio, come per esempio Casa Suraya.

Le parrocchie ambrosiane hanno offerto posti a sufficienza?
Tutti i posti che abbiamo trovato li abbiamo messi a disposizione, comprese le ville della Diocesi. Non so se possiamo definirli tanti o pochi; è certo che la Chiesa ha un grande potenziale e sta facendo quello che può (un quarto dei 120 mila centri di accoglienza italiani proviene da questo mondo), garantendo alti livelli di qualità e ponendo sempre la persona al centro del progetto.

Avete inviato una lettera a tutti i parroci, per verificare l’esistenza di ulteriori spazi?
Non solo. Abbiamo chiesto a ciascuna delle mille e oltre parrocchie ambrosiane di dirci se hanno possibilità di accoglienza oppure no. L’obiettivo è verificare i diversi casi e far sì che il tema raggiunga tutti. Nelle comunità dove non ci sono strutture adeguate, proporremo incontri di sensibilizzazione sul tema. A giugno avremo il quadro completo.

L’obiettivo dell’azione sono dunque anche le comunità cristiane, oltre ai migranti…
Le Prefetture hanno fame di posti, ma la Chiesa non può accontentarsi di mostrare grandi numeri. La vera sfida è cambiare le comunità rendendole più accoglienti, favorendo incontri che smascherino parole false come islamizzazione, invasione, lavoro rubato. Con l’ospitalità, e approfondendo il tema, si acquisisce consapevolezza della realtà.

La comunità di Saronno era pronta ad accogliere, il Comune ha fermato il progetto. Perché?
I sindaci devono far rispettare le leggi, ma se non c’è la volontà politica di ospitare anche solo pochi migranti, è facile trovare cavilli che blocchino tutto. In questo caso, la scuola di proprietà ecclesiale non aveva la destinazione d’uso adeguata per far risiedere 32 persone. Si sarebbe potuta cambiare, ma le autorità hanno scelto di non farlo. Questa è una dimostrazione che le strutture non bastano, senza sensibilizzazione.

Questa settimana i mass media erano pieni di dati e analisi sul tema, scatenati da naufragi e salvataggi della Marina. Il Ministero dell’Interno stima 2.892 vittime del mare, nel 2015, a fronte di 153.842 sbarchi. Cosa le dicono questi dati?
Intanto bisognerebbe aggiungere tutti quelli che non vediamo e che scompaiono nel Sahara. Poi, stiamo attenti a immagini e numeri perché ogni loro strumentalizzazione è sbagliata in quanto semplificatoria e demagogica: sia se ha lo scopo di suscitare la sola commozione, sia se vuole alimentare la rabbia lucida di chi chiede la chiusura delle frontiere. Nel mezzo tra questi due estremi, c’è la serietà di voler affrontare il problema, come fa Caritas.

La soluzione è un corridoio umanitario? Non aumenterebbe gli arrivi?
Oggi chi sbarca sulle nostre coste paga 10 volte tanto rispetto a un biglietto aereo. Soldi che vanno ai passatori, associazioni di criminali in alcuni casi anche collegate ai governi. Creiamo tutte le difficoltà burocratiche e i muri possibili per poter dire che ci opponiamo ai migranti; il risultato è che arrivano lo stesso, con viaggi disperati. È una follia che nel 2016 una persona richiedente asilo debba ancora affrontare situazioni del genere. Se accade, è per una mancanza di volontà politica.

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