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Lisbona capitale mondiale dei giovani

Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Lisbona/10

Gmg, la Croce di Cristo unica speranza davanti alle croci del mondo

Al Parco Edoardo VII 800 mila giovani hanno partecipato alla Via Crucis con papa Francesco. Coreografie suggestive, testimonianze commoventi e l’invito del Pontefice: «Saliamo il Calvario con Gesù, presentiamogli sogni e desideri, insieme a sofferenze e paure»

di Annamaria BRACCINIda Lisbona

5 Agosto 2023

La via della croce di sempre e quella del terzo millennio, degli 800 mila venuti da ogni parte del mondo che sembrano davvero fratelli tutti – popolando di bandiere, immagini di Maria, rosari, il parco Eduardo VII nel cuore della Gmg e di Lisbona -, raccontano per intero i drammi e le contraddizioni del nostro tempo. Tra sogni traditi, adolescenza bullizzata, paure e sbagli, ma anche entusiasmo, affidamento, preghiera per quelle risurrezioni tutte umane impossibili senza l’incontro con il Risorto.

Il Calvario simbolico

L’iconica e suggestiva scenografia, sullo sfondo del grande palco azzurro che si stempera con l’azzurro di un cielo tersissimo, disegna l’ascesa di una vera croce di legno che sale, accompagnata da musiche dal vivo e dai movimenti di più di un centinaio di ballerini di tutte le etnie, fino alla sommità di un simbolico calvario fatto di tubi e teli colorati. Ma nelle meditazioni e nelle invocazioni delle XIV stazioni della Via crucis della Gmg 2023, non vi è nulla di irreale: c’è la vita con le sue speranze, i piccoli e i grandi dolori di tutti. E, forse per questo, il Papa, che arriva dopo un lungo percorso per le vie cittadine in una papamobile assediata e che si ferma più volte durante il tragitto, si discosta dal testo ufficiale del suo discorso (leggi qui) e “dialoga” con i giovani chiedendo cosa li faccia piangere, se piangano qualche volta, se guardino a Gesù «che è la via». La via della croce e della risurrezione.

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Gesù è la via

«Egli passa, percorre i solchi della vita quotidiana, fissa i volti negli occhi, volge lo sguardo a chi soffre e attende speranza, sente compassione per chi è affaticato, tende la mano a chi è nel dolore. Si ferma davanti alla storia di ciascuno e di tutti si prende cura con tenerezza, per poi riprendere il cammino: la vita intera di Gesù è un viaggio». Un camminare con noi tra le piaghe della storia che autorizza alla speranza proprio per quel legno su cui lo stesso Signore ha sofferto, non ha avuto paura di mostrarsi debole perché fosse sconfitta la morte. Francesco cita Sant’Agostino, Paolo VI, Madeleine Delbrêl, ma anche don Primo Mazzolari che scriveva: «Signore, per l’ineffabile tua agonia, posso credere nell’amore».

Amore e dolore che si toccano con mano, quando sui maxischermi appaiono le storie di tre testimoni di rinascita: Esher, 34 anni, spagnola; Joāo, 23enne, portoghese; lo statunitense Caleb, di 29 anni.

Le testimonianze

Tutti segnati, in modi diversissimi, da vicende che cambiano l’esistenza. Come Esher, oggi su una sedia a rotelle per un incidente e che, dopo tanti errori e un aborto, ha trovato la forza di “risalire” con il marito Nacho e la sua bimba Elisabeth, che tiene in braccio incontrando il Papa alla fine della Via Crucis.

Se per Caleb – il cui mondo «è andato in pezzi dopo il divorzio orribile dei genitori», preda della depressione e della tossicodipendenza – la luce ha avuto il volto dell’amore matrimoniale, per Joao, è stata la pandemia a far riaffiorare, nel dramma dell’isolamento, tutte le sue insicurezze di adolescente bullizzato. «La fede mi aiuta – dice -, la fede in una Chiesa pellegrina, dove nessuno resta fuori e, ispirata dalla testimonianza della Madonna, si alza e sceglie come percorso le case e i cuori di coloro che si sentono ai margini. Insieme come uomini è possibile vincere ogni isolamento, ogni individualismo».

È guardando a questi volti, a queste sentieri interrotti e ripresi, che il Papa chiede di avere coraggio, di fronte il «rischio» dell’amore offerto dal Signore.

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Accettare il rischio dell’amore

«Egli desidera riaccendere in noi la luce della bellezza e renderci sentinelle di speranza, capaci di osare passi nuovi nel buio della notte, di non appiattirci nel passato, di non lasciarci intimorire dal futuro. Allora, stiamo connessi a Cristo, camminando dietro a Lui, nostro Salvatore. E, salendo il Calvario con Lui, presentiamogli i sogni, i desideri e le gioie, insieme alle sofferenze, alle paure, alle situazioni in cui ci lasciamo cadere le braccia. Uniamo al suo abbandono le nostre solitudini più amare, al rifiuto che ha patito i torti che abbiamo subito. Portiamogli le aspettative di una Chiesa che sia più sua e di un mondo che sia più giusto, ospitale e fraterno. Chiediamogli di prendere ancora una volta su di sé le ingiustizie, le violenze, le discriminazioni, gli orrori della guerra e tutto ciò che ferisce i poveri e devasta il creato».

Con tutto ciò che le meditazioni ricordano, come gli individualismi che le false realtà dei like esasperano; le prepotenze che segnano persino la possibilità di un’esistenza futura di intere minoranze etniche e di specie a rischio; l’incoscienza dei consumi incontrollati di fronte alla fame di centinaia di milioni di persone, ma anche dello «scarto» dei più fragili come gli anziani. Senza dimenticare le tragedie delle persecuzioni politiche e ideologiche.

«Gesù cammina con noi, per dare la sua vita, e nessuno ha un amore più grande che dare la vita per gli altri. Non dimenticatelo». Questo l’appello finale di un Papa commosso di fronte alla folla in preghiera.

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