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Intervista

«Gli ucraini vogliono libertà e dignità»

«Ormai non si accontentano più di una pace relativa»: così padre Volodymyr Misterman, sacerdote cattolico ucraino di rito bizantino che segue tre comunità a Varese, Meda e Gallarate, dove sono arrivati i primi profughi

di Annamaria BRACCINI

20 Marzo 2022
Ucraini in fuga dalla guerra (foto Caritas Polonia)

Nel suo ministero di sacerdote cattolico ucraino di rito bizantino, padre Volodymyr Misterman segue tre comunità a Varese e Meda da cinque mesi e, da poche settimane, a Gallarate. La sua è un’attività instancabile, specie da quando stanno giungendo i primi profughi. A lui chiediamo quale sia attualmente la situazione.

Quanti fedeli appartengono alle comunità da lei seguite?
Prima della guerra la comunità era abbastanza piccola: a Varese parliamo di una cinquantina di persone. Poi naturalmente le cose sono cambiate. Domenica scorsa per esempio la chiesa era gremita, perché sono arrivati i profughi. Nella comunità di Gallarate alla prima liturgia hanno preso parte oltre 100 persone.

Dove celebrate i riti?
Non abbiamo una chiesa nostra, ma ci appoggiamo ai luoghi di culto messi a disposizione dalla Diocesi: a Meda possiamo contare sulla chiesa del Crocifisso nella parrocchia di Santa Maria Nascente; a Varese città, sulla chiesa di San Martino; a Gallarate, su quella di San Paolo Apostolo, che è vicina alla stazione, in modo tale che i fedeli possano raggiungerla con una certa facilità, considerato che ci sono sempre tante donne e tante famiglie.

padre Volodymyr Misterman
Padre Volodymyr Misterman

Riuscite a fare fronte alle nuove necessità?
Per ora sì. Come comunità ecclesiastica, nelle prime due settimane, ci siamo focalizzati sulla raccolta dei fondi per la Caritas Ambrosiana e la Caritas dell’Esarcato apostolico. Infatti presso il nostro Esarcato è stato creato un centro anticrisi e un conto per versare i fondi in contatto diretto con Caritas Ucraina. Inoltre abbiamo avviato una raccolta di medicinali, avendo ricevuto, sempre dall’Esarcato, una lista di farmaci necessari; abbiamo raccolto molto materiale, che abbiamo spedito all’ospedale diocesano di Ivano-Frankivsk, dove vengono suddivisi e inviati nei luoghi in cui ci sono le maggiori necessità.

Vi aspettate altri arrivi massicci se continua la guerra?
Ci stiamo preparando: fino a ieri pensavo che la parte occidentale del Paese, da cui io provengo, fosse la più sicura e tranquilla, ma non è così.

Ci sono speranze per la pace?
Ormai gli ucraini non si accontentano più di una pace relativa: vogliono avere una vita dignitosa, libera, indipendente, in un Paese libero, per cui si è combattuto per tanti anni, anche nel periodo sovietico. La gente vuole avere dignità e ci crede moltissimo: molte donne con bambini che ho incontrato – appena arriva qualcuno vado a trovarlo – hanno tanta speranza e, appena sarà possibile, vorrebbero tornare in patria.

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