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Inaugurazione

Delpini: «A Milano abita l’audacia del pensiero»

L'Arcivescovo ha presenziato all'apertura dell'anno accademico della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale. Tra i temi trattati, le prospettive che riserva l'intelligenza artificiale. «Noi ingegneri, da soli, possiamo fare ben poco. Abbiamo bisogno di filosofi, che ci aiutino a riflettere» spiega Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico

di Annamaria BRACCINI

14 Dicembre 2023
Milano, inaugurazione dell'anno accademico della facoltà teologica in via cavalieri del santo sepolcro 3. Nella foto Massimo Epis, Donatella Sciuto, Mario Delpini, Gabriele Cislaghi (foto Agenzia Fotogramma)

La condivisione dei saperi per una città inclusiva. È il titolo della prolusione che la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale ha scelto di affidare alla rettrice del Politecnico, Donatella Sciuto, per l’inaugurazione solenne dell’Anno Accademico dell’Ateneo e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, a cui hanno partecipato un gran numero di docenti, allievi delle due realtà, molti presbiteri, tra cui monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema e presidente del Comitato per gli Studi superiori di Teologia e Scienze Religiose.

Un tema, quello della condizione dei saperi, definito dall’Arcivescovo Mario Delpini, anche nella sua veste di Gran Cancelliere della Ftis, «complesso e affascinante».

«Dopo la mia Visita pastorale alla Città di Milano, mi sono fatto l’idea – prosegue monsignor Delpini che cita il suo scritto “Sette lettere per Milano” – che questa sia una città, un luogo dove abita l’audacia del pensiero». Un’audacia che domanda però una coraggiosa intenzione per quanto riguarda il futuro, e che invoca la grazia che viene dall’alto per un pensiero «che si spinga oltre l’utile e l’efficienza, per coltivare le domande sul senso sui criteri che devono orientare la scienza e la tecnologia. Un pensiero critico lucido e fiero, senza complessi di inferiorità, deve vigilare perché le scienze non riducano le persone a un meccanismo, non riducano il mondo a un mercato e non riducano la ricerca a servizio del profitto. Questa capacità di orientare al bene tutto il sapere e tutti i saperi è l’auspicio che questa Facoltà può rappresentare nella dinamica di incontri di tante competenze diverse», conclude il vescovo Mario.

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Il saluto del Preside della Facoltà

Una vocazione da sempre peculiare della Facoltà, come spiega il preside, don Massimo Epis, nel suo saluto. «La scelta di aprire una scuola di teologia nel cuore della città metropolitana rispondeva, sin dalla fondazione, nel 1967, all’obiettivo di sviluppare una intelligenza della fede capace di interloquire con i luoghi di ricerca avanzata. Magari potrà sembrare arduo il dialogo tra forme di conoscenza di tipo tecnico e scientifico con quelle di tipo teologico e filosofico. In effetti, si tratta di orizzonti epistemologici che rimangono differenti. Però c’è una passione che li accomuna: la passione per l’umanità, esplicata nella progettazione e nella realizzazione di condizioni sempre più dignitose del vivere insieme, superando le discriminazioni, applicando l’ingegno per una convivenza all’insegna della giustizia. Quando si riconosce la rilevanza pubblica del sapere appare miope la contrapposizione tra tecnico e umanistico. Tutti facciamo esperienza di come le applicazioni tecnologiche modifichino il quotidiano delle nostre esperienze e l’immaginazione del nostro futuro».

Un momento dell’inaugurazione (foto Agenzia Fotogramma)

Insomma, si tratta di comprendere e coniugare «scenari che acuiscono la questione del senso, sollecitando la responsabilità per la cura della casa comune. Nel quadro di questo compito, parlare di una istanza spirituale non significa indulgere a una evasione, ma prendere sul serio la portata radicale e quindi il destino dell’azione umana», aggiunge Epis.

Il saluto del Vicepreside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose

Parole alle quali fa eco il vicepreside dell’Irrsm, don Gabriele Cislaghi, che sostituisce il preside nelle terapie mediche importanti. «L’uomo agisce in ragione di una natura carente: l’esposizione alle difficoltà, la carenza di strumenti organici ha favorito l’apertura dell’uomo al mondo e al futuro e quindi la produzione di sapere. la situazione poteva essere sorgente solo di paura e, quindi, di immobilismo e, invece, è stata sorgente anche di risorse cognitive sempre più elaborate e l’uomo avrebbe sviluppato così le risorse della cultura».

L’intelligenza artificiale

Dopo un ampio excursus sul passato e il presente della Milano città universitaria, è la rettrice Sciuto a definire il senso del domani che ci aspetta e dell’oggi tecnologico che è già qui. «Parlare di intelligenza artificiale non significa esclusivamente discutere del funzionamento dell’algoritmo o della gestione dei big data, vuole dire, invece, collocare correttamente la tecnologia all’interno del contesto geopolitico e sociale, comprenderne i risvolti etici e morali. E noi ingegneri, da soli, possiamo fare ben poco. Abbiamo bisogno di filosofi, che ci aiutino a riflettere; di sociologi, che ci aiutino a misurare l’impatto della tecnologia; di psicologi, che ci aiutino ad analizzarne gli effetti più profondi, e potrei continuare con i medici, i linguisti, i giuristi. Ecco perché la condivisione dei saperi è essenziale, ma ancora più importante è la capacità di anticipare il cambiamento. Abbiamo cioè bisogno di capire gli effetti degli algoritmi che scriviamo come precondizione e non come conseguenza del nostro operato», sottolinea la Rettrice.

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Si tratta, quindi, di essere «certi che l’intelligenza artificiale contribuisca a ridurre squilibri e distanze, che sia un mezzo potente per immaginare società più giuste e più inclusive, che sia chiamata a colmare i divari, prima ancora che a generare ricchezza. Se ci fosse una lista di comandamenti per l’intelligenza artificiale, il primo sarebbe: “Non nuocere”».


I rischi e il ruolo di Milano città inclusiva

Anche perché, occorre considerare che gli algoritmi sono economici e facili da copiare e peggio ancora da rubare. I rischi sono alti: «mai come oggi dobbiamo mostrarci uniti, educare noi stessi e le nuove generazioni a un uso consapevole del sapere».

Fondamentali, in tale contesto, «la presenza dell’università e della città di Milano che assumono un ruolo cruciale, fornendo le basi per un dialogo etico, morale e tecnologicamente avanzato. Intrecciando, infatti, il loro destino, possono guidare questa evoluzione, promuovendo la conoscenza come bene collettivo e l’innovazione come un impegno profondo per plasmare un futuro in cui la tecnologia si sposi con i principi fondamentali che ci rendono umani e nel quale inclusività e illuminazione intellettuale siano patrimonio di tutti».

La scommessa della nostra città, di fronte all’evoluzione di uno strumento tanto potente quanto l’intelligenza artificiale, nota ancora Sciuto, è quella di rimanere a misura d’uomo.

«Milano, città intelligente, smart city, dovrà essere sostenibile, nel senso più ampio del termine. Equità e inclusione; accessibilità e diritti umani; benefici sociali, ambientali ed economici; privacy e sicurezza; democrazia e trasparenza. La tecnologia non può e non deve rimanere sorda: l’uso dell’intelligenza artificiale e delle infrastrutture digitali dovranno rivelarsi il più possibile flessibili e adattabili alle esigenze di tutti i residenti, specie i più svantaggiati».

Poi, al termine, la Messa nella contigua basilica di San Simpliciano, presieduta dall’Arcivescovo e concelebrata da alcuni docenti.

«La pratica della teologia – raccomanda il vescovo Mario nell’omelia – trova il suo principio nella vocazione a seguire Gesù, a conoscerlo come Maestro e Signore, trova il suo criterio nel dimorare in Gesù e il suo frutto nel rivolgere a tutta la realtà uno sguardo ispirato dal suo Spirito».

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