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Speciale

Acutis, da beato a santo

Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Intervista

Acutis santo, gioia anche a Santa Maria Segreta

Don Maurizio Corbetta, parroco della chiesa milanese frequentata dal ragazzo: «C’è un costante pellegrinaggio di fedeli dagli oratori ambrosiani e da molti Paesi del mondo»

di Emilia FLOCCHINI

23 Maggio 2024
Don Maurizio Corbetta celebra la Messa a Cortona, al termine del pellegrinaggio per la beatificazione di Carlo Acutis

Immediatamente dopo la pubblicazione sul Bollettino della Sala Stampa vaticana, la notizia del decreto sul miracolo che apre la via alla canonizzazione di Carlo Acutis è arrivata anche nella parrocchia di Santa Maria Segreta a Milano, dove il ragazzo partecipava alla Messa quotidianamente, adorava l’Eucaristia e prestava servizio come aiuto-catechista, ma anche come comunicatore parrocchiale (gli si deve, infatti, il primo sito di quella comunità, nonché uno dei primi siti Internet parrocchiali sul web diocesano).

Don Maurizio Corbetta, parroco lì da sette anni, non ha conosciuto personalmente Carlo, ma il suo ministero è iniziato proprio nel segno della testimonianza di colui che si appresta a essere il nuovo “san Carlo” ambrosiano, dopo il Borromeo, oltre che il nostro primo fedele laico maschio canonizzato (il secondo laico in assoluto, contando santa Gianna Beretta Molla).

Lei conosceva già la storia di Carlo, prima della sua destinazione a Santa Maria Segreta?
Quando io ricevetti la nomina, sette anni fa, due miei amici sacerdoti, uno purtroppo è già andato in Paradiso, mi hanno dato un piccolo libro [Carlo Acutis – La vita oltre il confine, di padre Francesco Occhetta, edito da Velar, ndr], per dirmi di stare attento alla sua figura, per la quale era in corso la causa di beatificazione e canonizzazione.

Nei quattro anni trascorsi dalla beatificazione, celebrata ad Assisi il 10 ottobre 2020, come sente che la comunità ha custodito il ricordo e vive la venerazione per il Beato Carlo?
È più un riferimento per gente che viene da fuori. C’è un pellegrinaggio costante di persone che chiedono una preghiera e di gruppi, specialmente degli oratori: ragazzi della Cresima, preadolescenti, per l’apertura dell’anno oratoriano o per l’avvio di una fiaccolata. Io mi metto a disposizione per guidarli in un piccolo itinerario nella nostra chiesa. Davanti alla pala dell’Incoronazione della Vergine del Befulco spiego che, come diceva lui [ma la fonte è il pastore anglicano del XVIII secolo Edward Young, ndr], tutti nasciamo originali, ma molti muoiono come fotocopie. Poi andiamo davanti al Tabernacolo, perché per lui l’Eucaristia era l’autostrada per il Cielo. Infine andiamo all’altare nella navata sinistra, dove c’è il suo quadro e una sua reliquia. Lì, partendo dalla frase «Non io, ma Dio», racconto che il Santo è colui che intercede, che si mette in mezzo tra me e Dio, che non rimanda mai a se stesso.

Il concetto su cui lei aveva basato la sua omelia a Cortona, a conclusione del pellegrinaggio diocesano per la beatificazione (leggi qui)
Esatto: lì commentavo quella meravigliosa orazione ambrosiana secondo cui Cristo è l’unico mediatore che sta presso il Padre, quindi gli altri, tutti i santi, fanno riferimento a lui.

Sono molte anche le richieste d’intercessione in casi di malattia, ma una in particolare ha visto coinvolti lei e i suoi compagni di ordinazione: quando monsignor Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia, si è ammalato di leucemia. Che effetto vi ha fatto riaverlo tra voi, proprio a Santa Maria Segreta, nella Messa del 12 giugno 2023?
È stato bellissimo: tutti hanno apprezzato la cura della liturgia, anche i sacerdoti che hanno concelebrato. C’è stato un piccolo disguido perché il vescovo Pierantonio è arrivato un po’ in ritardo, ma poi è subentrato a monsignor Francesco Brugnaro, emerito di Camerino-San Severino Marche, anche lui nostro compagno, il quale ha presieduto la Liturgia della Parola.

Anche i bambini malati vengono affidati a Carlo?
Certo: qualche volta le nostre preghiere non vanno secondo il pensiero che noi abbiamo, cioè non vanno verso la guarigione, ma invece Carlo li prende con sé in Paradiso. Ricordo in particolare il piccolo Tommaso, un bambino di 10 anni: una quarantina di persone sono venute a raccomandarlo a lui. Poi sono tornate: hanno riferito che Tommaso era morto, ma i genitori e le due sorelline più piccole pregavano con forza, perché sentivano di dover comunque ringraziare Carlo per averlo preso con sé.

Dall’estero, invece, quali presenze contate?
Ogni anno viene un gruppo di adolescenti francesi, ma sono arrivati fedeli anche dall’Ungheria. Ci sono gruppi magari non numerosi, anche singole coppie, ma si fermano volentieri soprattutto d’estate, quando Milano si svuota. Più significativo, almeno a livello numerico, è stato il pellegrinaggio della Pastorale Giovanile della diocesi di Pisa: la chiesa era strapiena, con 350 partecipanti, che mi hanno meravigliato per la loro attenzione. Tra l’altro poi ho incontrato altre due volte proprio il loro sacerdote responsabile, perché con i miei compagni abbiamo visitato Pisa e lui era lì; un’altra volta l’ho rivisto personalmente.

C’è un ponte tra voi e Assisi, il luogo dove Carlo si sentiva felice e dove sono venerate le sue spoglie mortali…
No, non direttamente. Io non ho nessun problema a crearlo, anzi sono contento che ci possa essere adesso. Non so in quali termini, perché noi e il Santuario della Spogliazione abbiamo due ruoli diversi; però siamo in collegamento sicuramente dal punto di vista simbolico. Inoltre, per chi chiede informazioni, noi facciamo riferimento al sito dell’Associazione Amici di Carlo Acutis, a cui rimandiamo per chiedere testimonianze e interventi, perché qui non ci sono più persone che l’hanno conosciuto direttamente.