«Nella comunità spaventata, depressa, divisa, entra il Signore risorto. I discepoli sono più inclini a credere che sia un fantasma. Sembra che i discepoli siano incapaci di vedere la gloria di Gesù e credano piuttosto in una illusione, in un inganno. Nella comunità impaziente e delusa il Signore risorto semina la speranza non come un esaudimento delle aspettative, ma come un ardore per la missione. Nella comunità segnata da divisioni e gelosie, il Signore risorto ha effuso i suoi doni perché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo». Per questo i discepoli di Gesù, in ogni tempo, possono tornare a cantare inni al Signore.
Così come è accaduto nella parrocchia della Madonna del Rosario in Redecesio di Segrate, dove l’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica nella sera della Solennità dell’Ascensione e in occasione della conclusione del corso di formazione musicale «Te Laudamus». Messa concelebrata dal Vicario episcopale di Zona monsignor Antonio Novazzi, dal parroco don Roberto De Stefani e da altri presbiteri, tra cui don Riccardo Miolo, responsabile del corso. Tra i moltissimi fedeli presenti alla Messa – con il coinvolgimento dell’intera comunità di Segrate -, oltre un centinaio tra allievi e docenti che animano (con esemplare capacità) la liturgia, impegnati per tutto l’anno nel percorso formativo proposto dalla Diocesi. Sul quale torna l’Arcivescovo che, appunto, spiega nella sua omelia il senso di un canto del cuore che nasce dalla fede «di riconoscere la presenza di Gesù, vivo e principio di vita nuova, di nuova gioia, di nuova comunione».
Un cammino di conversione
«L’impegno di coloro che hanno seguito il corso “Te laudamus” non è solo per imparare una disciplina importante come il canto corale e la direzione del coro, non è solo per offrire un servizio alle comunità. è piuttosto per proporre un cammino di conversione, dalla paura alla gioia, dall’impazienza alla responsabilità per la missione, dal convenire nell’indifferenza al cantare insieme nella gioia». Una gioia espressa a pieno durante la celebrazione, nei molti canti eseguiti da tante voci con l’accompagnamento dell’organo, di chitarre, flauti e trombe. E tutto appunto per rendere grazie al Risorto e perché «chi canta prega due volte», come scriveva Sant’Agostino.
Il corso
«Abbiamo 110 iscritti – spiega don Miolo, responsabile anche della Sezione musicale del Servizio diocesano di Pastorale liturgica -. L’età media è sui 50 anni, con uomini e donne appassionati nel migliorare le proprie professionalità nel campo musicale e nei corsi specifici dedicati. I docenti sono una ventina: nella vita insegnano, chi in università, chi al Conservatorio; quindi sono persone attive a livello musicale e liturgico, che sono anche inserite nelle comunità cristiane. Vogliamo infatti promuovere la formazione, ma anche l’incontro, perché non basta offrire solo indicazioni didattiche, per quanto necessarie, ma occorre essere Chiesa, avere una grammatica comune».
Quindi, oltre alla formazione, «Te Laudamus» ha un ulteriore obiettivo, come conferma sempre don Miolo: «Lo scopo è far comprendere come un’azione come quella liturgica, che è di per sé rituale, non sia però ripetitiva, ossia ritualistica. Il rito è, al contrario, un’occasione perché ogni volta il “canto sia nuovo”, non nel senso di usare sempre parole nuove, ma in quello di avere uno spirito rinnovato, percependo come la liturgia non sia una sorta di gabbia, ma una fonte spirituale fortissima», conclude don Miolo, che nei prossimi giorni parteciperà a un incontro con insegnanti e allievi – «abbiamo pensato che fosse giusto ascoltare anche la loro opinione» – per decidere il cammino del corso, che nel prossimo anno pastorale giungerà alla sua terza edizione.
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