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«Ci chiede di non avere paura di osare»

23 Luglio 2008

Don Martino Rebecchi, coadiutore da tre anni a S. Antonio Maria Zaccaria, nel quartiere Gratosoglio a sud di Milano, sacerdote dal 2005, ha ricevuto con piacere la lettera dell’Arcivescovo, «segno di attenzione per ciascun prete giovane». Non contiene «toni di richiamo o di rimprovero», né è scritta «per dare indicazioni» sulla pastorale. Il cardinale Tettamanzi invece «ringrazia per il lavoro che ognuno di noi cerca di fare in modo positivo e costruttivo». Ma l’aspetto che ha colpito di più il giovane prete «è l’invito a noi sacerdoti a non avere paura di osare – dice don Martino -. Spesso, infatti, c’è la tentazione di annacquare la proposta pensando che i ragazzi ci seguano più facilmente, in realtà si avvicinano di più con una proposta esigente e chiara. E questo mi dà tanta consolazione e coraggio». Forte anche «il richiamo finale sulla preghiera e la meditazione» che l’Arcivescovo di Milano rivolge ai giovani preti e che il coadiutore considera «la sintesi per vivere bene il ministero». Di fronte ai possibili cambiamenti a livello ecclesiale e sociale «siamo invitati a smontare le nostre convinzioni e le nostre idee – dice don Martino – per abbattere i muri di idee e pregiudizi che ancora ci separano dagli altri e vivere quella comunione di cui parla il Cardinale per un bene più grande». «La novità non mi spaventa – ammette il sacerdote -, anche se qualche timore ce l’ho, ma mi fido». Ciò che importa «è trovare le modalità più adatte per stare insieme agli altri. Prendersi cura di chi si ha vicino penso che sia la ricetta migliore per entrare in dialogo e comunicare il Vangelo. Una relazione positiva aiuta più di tante parole». Rispetto al tema della «corresponsabilità» don Martino non ha dubbi: «Questa è la strada da prendere», che per lui si traduce nel «valorizzare gli animatori, gli educatori e i laici attivi in oratorio». E conclude: «Il nostro compito è formarli perché siano loro i protagonisti della missione di annuncio. Il prete deve sempre di più rimanere alle spalle e valorizzare i laici».
Luisa Bove