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«Il Segno»

Tecnologie e ambiente: l’Europa alla guida

“Ai Act” e “Green Deal”: l’Unione assume un ruolo di regolamentazione che convince anche le grandi imprese. Sul numero di maggio l’Opinione di Mauro Bellini

di Mauro BELLINI

23 Maggio 2024
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Da Il Segno di maggio

La corsa all’innovazione che ha contraddistinto il 2023 e questo inizio di 2024 arriva grazie a due grandi e potenti spinte: l’intelligenza artificiale e la sostenibilità.

In poco tempo, grazie agli sviluppi della Gen Ai (Generative artificial intelligence), il rapporto con tecnologie in grado di replicare, pur in diverse forme, la capacità cognitiva degli esseri umani si è estesa a macchia d’olio rendendo sempre più palpabile e urgente la necessità di governare questo fenomeno affinché le sue innegabili potenzialità non siano travolte dagli altrettanto innegabili fattori di rischio.

Nello stesso tempo, con una dinamica decisamente più lenta, il grande impegno che unisce istituzioni, imprese e cittadini sulla sostenibilità sembra passare a una nuova fase, più matura, più consapevole, ma anche più amara per la evidente distanza che separa l’attuale “stato di salute” del pianeta dagli obiettivi che si sarebbero dovuti raggiungere. E il riferimento corre all’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura a 1,5° C o comunque sotto i 2° C stabilito con l’Accordo di Parigi nel 2015 che appare ormai fuori portata.

Questa insolita convergenza tra due fenomeni che arrivano da percorsi e sensibilità diverse è anche il segno di uno straordinario bisogno, che sta affiorando in modo sempre più vigoroso nelle coscienze. Un bisogno che chiede di elaborare, formulare ed attuare una reale capacità di governo di questi fenomeni, per sottrarre il destino di qualsiasi cittadino o consumatore alle incognite di una innovazione che sembra ispirata a un determinismo tecnologico e di restituire speranza alla capacità di creare condizioni di vita sociale, produttiva ed economica in equilibrio responsabile con le risorse del nostro pianeta.

Davanti al pericolo di continuare a procedere in “ordine sparso” che ha caratterizzato tanta parte della storia e della geopolitica di questi due fenomeni, sembra arrivato il momento in cui la certezza dei rischi che si stanno correndo non è più trascurabile per nessuno. Ed è proprio sulla capacità di esprimere una cultura e una responsabilità di “governo” di fenomeni complessi che si vedono crescere le aspettative verso l’Europa.

Sino a qualche anno fa capitava, in relazione alle sfide globali dell’innovazione, di sentir ripetere: «Gli Usa inventano, la Cina copia e l’Europa fa le regole». Questa vocazione è stata additata come una debolezza nel momento in cui nel 2021 è partito il percorso che ha portato all’approvazione del regolamento Ue sull’Ai (Ai Act). Non pochi osservatori accusavano Commissione e Parlamento di voler fermare l’innovazione. Ma già oggi, chi guarda al contenuto culturale di questo primo regolamento sull’Ai non può non considerare un impianto innovativo, incentrato sulla identificazione e sulla valutazione dei fattori di rischio. Un approccio che per le imprese più illuminate, abituate a guardare oltre gli impatti nell’immediato, suona come un invito a indirizzare lo sviluppo dell’Ai verso una sicurezza by design e una etica by design, per costruire una Ai nativamente concepita per esprimere i propri benefici e limitare i rischi. A ben vedere, una visione che accoglie alcuni dei principi ai quali faceva riferimento padre Paolo Benanti nel 2018 quando, coniando il termine Algoretica, invitava a una innovazione capace di unire l’impegno sulle performance tecnologiche con la responsabilità etica.

Quell’Europa criticata per la vocazione alle regole appare sempre più il luogo della sintesi e della responsabilità, ovvero dell’impegno a costruire un rapporto di fiducia tra persona, ambiente e tecnologia. Fiducia indispensabile perché qualsiasi tecnologia possa fare bene, e fiducia indispensabile per sostenere le tante trasformazioni necessarie per costruire la sostenibilità. E su questi temi l’Europa ha espresso e attuato con il Green Deal una nuova visione del rapporto con le risorse naturali.

C’è poi più di un segnale che conferma l’importanza di questo ruolo per l’Europa, segnali che vengono dall’industria, da quegli attori che per lungo tempo sono apparsi riluttanti se non insofferenti davanti alle regole della bandiera con 12 stelle dorate. Cresce infatti il numero delle realtà più attente alla stabilità e alla fiducia che queste regole possono garantire. Un atteggiamento che si coglie in eguale misura in relazione agli investimenti che devono sostenere la trasformazione sostenibile.

Gli impegni determinati dalla regolamentazione con cui si invitano nazioni e imprese allo sviluppo e al monitoraggio di piani di riduzione delle emissioni di Co2 hanno avviato percorsi di innovazione straordinari, attraverso i quali tante imprese e startup hanno creato tecnologie e soluzioni, contribuendo concretamente anche allo sviluppo economico.

C’è chi ci ricorda poi che «l’intelligenza artificiale dice quello che sa, ma non sa quello che dice» e chi richiama il messaggio di papa Francesco sulla Terra come casa comune e il percorso avviato con l’enciclica Laudato si’ con cui sprona all’azione. Ecco che, se l’intelligenza artificiale «ci può dire quello che sa», diventa fondamentale creare le condizioni affinché sia la ragione, la sensibilità e l’azione delle persone ad impegnarsi perché «si sappia quello che dice l’Ai», portando fiducia a questi nuovi processi di conoscenza.

Si arriva così a quel concetto di sviluppo responsabile dell’intelligenza artificiale che si interconnette naturalmente con la ricerca di soluzioni per la sostenibilità. Un terreno sul quale l’Europa ha saputo esprimere quella capacità di visione e quella responsabilità nel mettere al centro i principi della persona che rappresentano oggi l’investimento personale ed economico più importante.

 

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