Sirio 26-29 marzo 2024
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Istituto Toniolo

La crisi inasprisce il fenomeno dei “Neet”, le donne le più penalizzate

Pubblicato sul sito www.rapportogiovani.it l'ebook gratuito “Una generazione in panchina – da Neet a risorsa per il Paese”

18 Luglio 2017
La copertina dell'ebook

Non studiano, non lavorano, ma sono anche molto più infelici e insicuri dei loro coetanei: è questa la condizione dei cosiddetti Neet. Secondo i dati Eurostat più alto in Italia è anche il numero di Neet che, indipendentemente dalla ricerca attiva o meno, sono interessati a un lavoro: il dato nel 2015 è pari al 20,3% per l’Italia e 10,3% per la media europea (mentre il dato dei non interessati è analogo: 5,3% Italia e 4,6% Unione europea).

I nuovi dati del Rapporto Giovani, la grande indagine curata dall’Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, esplorano la preoccupante condizione di questa fascia di giovani anche in relazione ai loro coetanei. L’indagine è stata svolta nell’ottobre 2016 su un campione rappresentativo di 5200 giovani tra i 18 e i 34 anni. Da oggi è disponibile l’ebook gratuito con il focus sui Neet basato sui dati del Rapporto Giovani da titolo Una generazione in panchina – da Neet a risorsa per il paese, a cura di Emiliano Sironi e Sara Alfieri (scaricabile gratuitamente dal sito della casa editrice Vita e Pensiero).

Il focus del RG2017 mostra che, nella fascia considerata, meno del 20% dei Neet non sta cercando lavoro (14,5 tra i maschi e 23,3% tra le femmine), mentre oltre l’80% è interessato ad una occupazione anche se la cerca con vario impegno e convinzione (Tab. 1). È interessante osservare che anche una buona quota di chi sta attualmente studiando è pronto a valutare un’offerta di lavoro (attorno al 30%).

Tra i Neet che non cercano lavoro, oltre la metà degli uomini (53,7%) e quasi un terzo delle donne (31,9%) dichiara che se gli venisse offerto un impiego lo accetterebbe subito (Tab. 2). Solo una parte molto marginale non cerca lavoro e non è interessata (Il 13,9% degli uomini e l’8,15% delle donne).

Da segnalare che la maggioranza delle donne che non cercano lavoro non risulta né disinteressata, né pronta ad accettarlo immediatamente nel caso le venisse offerto (60%). Pesa infatti all’interno delle Neet che non cercano lavoro la componente di donne che ha impegni familiari e che rimangono fuori dal mercato del lavoro per difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia.

Alla domanda, tra chi non cerca, quanto siano importanti varie condizioni nella disponibilità di accettare subito un lavoro, per le donne Neet prevale la conciliazione, la distanza da casa e in parte la remunerazione (che deve compensare i costi dei servizi per l’infanzia e altri servizi di cura a pagamento). I Neet maschi sono quelli invece che si adattano di più, avendo più esigenza di lavorare e meno vincoli di impegni familiari (Fig. 2).

Questo evidenzia come chi studia possieda aspettative elevate di valorizzazione, mentre la condizione di adattamento al ribasso sia molto forte tra i Neet, in particolare tra quelli così scoraggiati da non cercare più attivamente lavoro. Rinunciano però più a lavorare in una azienda di prestigio e a veder valorizzata la propria formazione che alla remunerazione, che quando molto bassa blocca la possibilità di uscire dalla casa dei genitori e costruire propri percorso di autonomia.

Non a caso i Neet sono anche quelli che si trovano maggiormente con percorso bloccato nelle scelte di transizione alla vita adulta (Fig. 3). Fanno parte della categoria che maggiormente rischia, all’aumentare dell’età, di invecchiare senza fare passi rilevanti nella realizzazione dei propri progetti, non solo occupazionali ma anche di vita.

«A mantenere elevato il numero di Neet in Italia – sottolinea Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica e coordinatore dell’Indagine Rapporto giovani – contribuiscono, in misura maggiore che negli altri paesi avanzati, i giovani con carenti competenze e in condizione di disagio sociale, a rischio di marginalizzazione permanente, ma anche neodiplomati e neolaureati con buone potenzialità ma con tempi lunghi di collocazione nel mercato del lavoro per le difficoltà di valorizzazione del capitale umano nel sistema produttivo italiano. Per ridurre il numero di Neet – aggiunge Rosina, che all’argomento ha dedicato anche un libro (NEET, ed. Vita e Pensiero) – bisogna agire sia sullo stock, ovvero su chi si trova già da tempo in tale condizione e fatica ad uscirne, sia sul flusso, ovvero su chi sta finendo gli studi e si appresta ad entrare nel mercato del lavoro. Va inoltre stimolata e rafforzata la capacità di intraprendenza e di imprenditorialità dei giovani».