Link: https://www.chiesadimilano.it/news/arte-cultura/salai-discepolo-leonardo-da-vinci-2746000.html
Rubrica

Arte, Storia & Cultura

Sirio 09 - 15 dicembre 2024
Share

Anniversario

Salaì, il discepolo prediletto di Leonardo

Moriva 500 anni fa, ucciso a Milano da un colpo di archibugio, il 19 gennaio 1524. Nato ad Oreno, era entrato a 10 anni al servizio del maestro toscano, che lo aveva amato come un figlio. Una morte misteriosa, che potrebbe anche essere legata ad alcuni affari poco chiari e all'eredità di Leonardo.

di Luca FRIGERIO

17 Gennaio 2024

Il piccolo diavolo, il Salaì, morì sparato. Un colpo di archibugio lo raggiunse a tradimento, in una notte buia, in una strada di Milano. Non c’erano testimoni, o, se ve ne furono, scomparvero subito, così che nessuno poté dire chi aveva premuto il grilletto. Qualcuno provò a ipotizzare che forse erano stati i francesi, che in quei giorni assediavano la città e spesso facevano incursioni oltre le mura. Ma i più scuotevano la testa, come a dire che se l’era cercata; che non poteva finire che così, per quel tizio che viveva ben al di sopra delle sue possibilità e che trattava con disinvoltura, troppa, i potenti di turno; senza contare i tanti creditori che gli dovevano forti somme di denaro…

Era il 19 gennaio 1524, cinquecento anni fa. Quell’uomo, ucciso in circostanze così drammatiche e misteriose, aveva 44 anni e si chiamava Gian Giacomo Caprotti, ma era conosciuto come Salaì. Era un pittore, uno degli allievi di Leonardo da Vinci: il suo prediletto, come tutti sapevano. Il maestro l’aveva accolto nella sua bottega a Milano quando aveva appena dieci anni, nel 1490, come garzone tuttofare e come modello per le figure angeliche dei suoi dipinti.

San Giovanni Battista attribuito a Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì alla Pinacoteca Ambrosiana

Gian Giacomo, del resto, sembrava proprio un cherubino, con quella testa bionda e ricciuta e il profilo greco. Un angelo nell’aspetto, un demonio nei modi. Con naturalezza disarmante, infatti, era solito rubare, mentire, ingannare: i suoi compagni e Leonardo stesso. Che gli diede appunto quel soprannome di Salaì (ovvero Salaino, uno dei diavoli del Morgante di Pulci), ma che alla fine gli perdonava tutto, ricoprendolo di attenzioni e di regali. Secondo le malelingue perché il fanciullo era l’oggetto dei suoi desideri perversi. Più semplicemente perché vedeva in lui quel figlio che non aveva mai avuto.

Gian Giacomo, infatti, al di là delle ribalderie e dei colpi di testa, si era conquistato l’affetto e la stima del genio toscano per la sua devozione filiale, occupandosi anche di incarichi delicati che il maestro di volta in volta gli affidava. Tra le perplessità e l’invidia, possiamo immaginare, degli altri discepoli di Leonardo, forse più dotati, certamente più blasonati, rispetto a questo ragazzo arrivato dalla Brianza, figlio di un fittavolo di Oreno.

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Ancora vivente, Leonardo gli aveva donato metà della vigna che aveva ricevuto da Ludovico il Moro a Porta Vercellina. Poi, nel suo testamento, lo fece erede di alcune opere a cui teneva molto: forse anche della Gioconda stessa. Quella Gioconda, chissà, che lo stesso Salaì aveva copiato sotto lo sguardo premuroso e divertito del maestro, magari anche in qualche versione desnuda e ammiccante, secondo lo spirito goliardico del figlioccio e secondo i gusti di una certa committenza.

Ecco, che cosa abbia davvero dipinto Caprotti nella sua trentennale carriera d’artista è da molto tempo uno dei temi più dibattuti tra gli studiosi leonardeschi, dai luminari ai dilettanti. E se ancora un secolo fa al Salaì veniva attribuita qualsiasi opera che fosse anche solo vagamente vinciana, oggi il suo catalogo appare quanto mai incerto e problematico, per non dire pressoché vuoto. Con una certa unanimità gli si riconosce una copia del san Giovanni Battista adolescente – quello del Louvre – conservato alla Pinacoteca Ambrosiana. E anche una delle tante versioni della Madonna con Gesù Bambino e sant’Anna, tratta dal celebre cartone di Leonardo: quella che fu di san Carlo Borromeo e poi del santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, oggi finita in California, all’Università di Los Angeles.

La Madonna col Bambino e sant’Anna in California

Eppure di lavori Gian Giacomo Caprotti dovette averne fatti molti, a giudicare dalla fama che seppe conquistarsi tra i contemporanei, come testimonia lo stesso Vasari. Perché Salaì era considerato un bravo imitatore di Leonardo, capace di «semplificare» le invenzioni del maestro in moduli più facilmente fruibili da un pubblico benestante, ma non particolarmente attrezzato dal punto di vista intellettuale. E il tutto, probabilmente, proprio con il benestare del Da Vinci, che poteva così accontentare, tramite il suo pupillo, una clientela più vasta e meno esigente.

Per quanto ben remunerata, tuttavia, la sola attività di pittore non spiega la ricchezza accumulata da Salaì nei suoi ultimi anni. Che forse era al soldo di Massimiliano Sforza (il figlio di Ludovico che aspirava a rientrare a Milano), mentre Leonardo era protetto in Francia dal re Francesco, giostrandosi così tra pericolose relazioni, che potrebbero non essere estranee alla sua fine violenta.

Oppure no. Oppure Gian Giacomo fu solo sfortunato a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Di certo le sorelle si consolarono presto, svendendo il patrimonio del fratello, compresi i presunti capolavori di Leonardo. Che se ne era già andato cinque anni prima, così che gli fu risparmiato il dolore per la tragica fine del suo piccolo diavolo.

Leggi anche

oggiono

In mostra la “Madonna del latte” di Marco d’Oggiono

Rubata alla Pinacoteca ambrosiana e recentemente restituita, la preziosa tavola è esposta nel Comune brianzolo fino al prossimo 7 novembre. Un evento che riporta l'attenzione su un amato tema mariano e che apre le celebrazioni per il quinto centenario della morte dell’artista che fu uno dei più fedeli collaboratori di Leonardo da Vinci

di Luca Frigerio

Evento
1. Hermitage

La Madonna Litta, Leonardo e i suoi discepoli

In occasione dei 500 anni della morte del genio toscano, torna a Milano il capolavoro dell’Ermitage di San Pietroburgo. La mostra al Museo Poldi Pezzoli presenta oggi inediti confronti e nuovi studi su un’opera discussa, ma da sempre ammirata e celebrata

di Luca FRIGERIO

Mostra
2 Sezione del tiburio del Duomo, Biblioteca Ambrosiana

Quando Leonardo cercò di “curare” il «malato Domo».

Un'esposizione al Museo del Duomo di Milano ripercorre il rapporto tra il genio toscano e la cattedrale ambrosiana, attraverso i disegni del Codice Atlantico dell'Ambrosiana, ma anche studi e progetti di diversi architetti che parteciparono alla costruzione del tiburio. Un nuovo evento della Veneranda Fabbrica per il quinto centenario della morte di Leonardo.

di Luca Frigerio

Milano
15_8

I disegni di Leonardo e dei suoi allievi in mostra all’Ambrosiana

Dal suo straordinario patrimonio, la Veneranda Biblioteca presenta una selezione di capolavori d'arte grafica del maestro e dei suoi discepoli, da Marco d'Oggiono a Boltraffio, dal Maestro della pala sforzesca a Francesco Melzi, a chiusura delle celebrazioni vinciane. Fino all'1 marzo.

di Luca FRIGERIO