Rubrica

Arte, Storia & Cultura

Share

Fotografia

Robert Doisneau, il maestro della curiosità e della felicità

Al Museo Diocesano di Milano una mostra antologica dedicata a uno dei grandi maestri della fotografia del Novecento. A cominciare dal "Bacio", iconica immagine della Parigi del dopoguerra.

di Luca Frigerio

11 Maggio 2023

Una giovane coppia si bacia appassionatamente in mezzo alla strada, mentre un fiume di persone e di auto scorre attorno a loro. Uomini e donne che vanno di fretta, forse al lavoro, passando come scie. Uomini e donne che camminano tranquillamente, senza una meta apparente, le mani dietro la schiena. Uomini e donne seduti ai tavolini di un bistrot, a bere qualcosa, ad attendere o, chissà, ad osservare. Come noi, del resto. Ma di tutto questo, i nostri due amanti neppure si accorgono, estranei ormai al mondo che li circonda, persi e uniti in quel bellissimo, invidiabile bacio a occhi chiusi.

C’è tutta la vita, in questa immagine. La vita della Parigi del 1950, in particolare, che rinasce dopo la tragedia della guerra. A raccontarla con straordinaria, tenerissima sensibilità, è uno dei maestri della fotografia: Robert Doisneau.

Diciamo “raccontarla” e non “coglierla”, perché in realtà questa foto non è un’istantanea presa al volo. Lo si era creduto a lungo e l’autore l’aveva lasciato intendere, creando quell’alone di mistero che accresce il fascino di una grande opera. Oggi, invece, sappiamo che quell’immagine fu studiata, costruita con la “recita” dei due giovani. Delusi? Forse un poco, inutile nasconderlo. Ma persa la “spontaneità”, di quello scatto resta intatta la forza narrativa, la sintesi eloquente di un’epoca e di una società, la prepotente bellezza di un’icona del nostro tempo. Così che questa immagine rimane a tutti gli effetti un autentico capolavoro.

E poi l’arte di Doisneau non può essere limitata al solo Bacio. Tutta la sua intensa vita testimonia di una capacità di vedere, e di dire, assolutamente originale. Con profondità, innanzitutto. Con partecipazione. Ma anche con ironia, con passione, con acutezza. Come testimonia anche questa nuova mostra antologica allestita al Museo diocesano di Milano, che ancora una volta si propone come sede prestigiosa per l’arte dei maestri della fotografia, e che ci accompagnerà per tutta l’estate, fino al prossimo 15 ottobre (info su www.chiostrisanteustorgio.it ).

Ben 130 immagini, selezionate fra gli oltre 40mila negativi che sono conservati presso l’Atelier di Montrouge, nell’immediata periferia di Parigi, dove il fotografo ha vissuto a lungo e dove è morto nel 1994.

Doisneau nasce a Gentilly, nella Valle della Marna, nel 1912. Inquieto, curioso, fin da adolescente Robert vaga per la periferia parigina alla ricerca di gesti, di sguardi, di volti. Ma anche i muri l’affascinano, le vetrine dei negozi, le nebbie che sfumano i contorni della città… Quando poi si ritrova una macchina fotografica tra le mani, queste sue peregrinazioni urbane cominciano a rimanere impresse sulla pellicola.

Il reportage fotografico, siamo alla vigilia degli anni Trenta, compie i suoi primi passi, e soltanto in certe direzioni. Doisneau punta invece a mete diverse, se non proprio nuove, continuando a percorrere le strade di una Parigi che, come dice un vecchio adagio che citava spesso, «è un teatro nel quale il biglietto per entrare si paga con il tempo perso».

Scoppiata la guerra, Doisneau partecipa alla Resistenza, sfruttando le sue conoscenze di litografo per realizzare documenti falsi. Con il ritorno della pace assiste agli sforzi per la ripresa, al boom economico, fino agli anni caldi della contestazione giovanile… Ma lo sguardo del fotografo francese, per molti aspetti, non cambia, fino alla fine. Gli interessano gli uomini e gli ambienti in cui vivono, i più diversi, gli uni e gli altri. «Fotografia umanista», la chiamano: per Doisneau, come per il suo collega Henri Cartier Bresson, è una definizione perfetta.

Doisneau ama fotografare i bambini, innanzitutto. Forse perché il suo «fanciullino» interiore si sente in sintonia proprio con loro: ragazzini intenti nei loro giochi, signorine mandate in giro per commissioni, monelli che scorrazzano nei quartieri. Soggetti spontanei, veri, di simpatica tenerezza. E poi ecco il mondo di chi lavora sporcandosi le mani, in fabbrica, al mercato, o nelle botteghe degli artigiani. Ritratti di persone, ma anche di luoghi e di macchine: locomotive, ciminiere, carretti, utensili… Il condominio, poi, è un terreno di “caccia” dove Doisneau si muove con disinvoltura, catturando scene di vita vissuta, di silenziosa intimità.

Un’attenzione particolare il nostro pare averla per i matrimoni. Il bianco dell’abito da sposa che spesso risalta nel grigiore della quotidianità, momento unico di felicità attesa. Forse non tutto cambierà, dopo. Forse la vita sarà ugualmente dura, in seguito. Ma qui, adesso, ora, c’è soltanto la gioia degli sposi. Del resto, diceva Robert Doisneau, «quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere».