L’elezione di papa Leone XIV, appartenente alla famiglia di sant’Agostino e già priore generale dell’ordine, ha suscitato un rinnovato interesse riguardo al carisma e alla storia degli agostiniani. Le cui origini risalgono al vescovo di Ippona stesso, che nel nord Africa aveva dato vita a diversi monasteri, maschili e femminili. Da lì ne era derivata una «galassia» di centri religiosi in tutta Europa, molti anche di tipo eremitico, che era stata riunita a metà del Duecento in un unico ordine basato sulla regola di sant’Agostino, appunto, sul modello delle nuove esperienze conventuali nate soprattutto nei contesti urbani, come i francescani e i domenicani.
Anche Milano e la sua diocesi ha visto nei secoli una significativa presenza agostiniana. E non poteva essere diversamente, del resto, se si ricorda che la conversione di Agostino è avvenuta proprio a Milano, in seguito all’incontro con il vescovo Ambrogio, che battezzò il retore della Numidia nella veglia pasquale del 387.
A Milano gli agostiniani si insediarono nel convento di San Marco, eredi di quegli Zambonini che già seguivano la regola di Sant’Agostino. Il cenobio milanese acquistò subito un tale rilievo da diventare, fin dal 1256, sede del generale dell’Ordine e luogo prestigioso di produzione culturale, crocevia di incontri di scambi internazionali.
Il favore di alcune tra le più influenti famiglie milanesi, a cominciare dai Visconti, contribuì alla fortuna del complesso di San Marco, continuamente ampliato e arricchito, anche dal punto di vista artistico. Come rivela, ad esempio, lo splendido monumento funebre di Lanfranco Settala, confessore e guida spirituale di principi e vescovi, docente all’università di Parigi, realizzato a metà del Trecento da Giovanni di Balduccio.
L’impegno spirituale e culturale degli agostiniani a Milano venne ancor più rafforzato nel Quattrocento con la fondazione del convento dell’Incoronata, legato alla riforma dell’Osservanza, che ebbe il generoso sostegno degli Sforza. A testimonianza di quel fervore è giunta fino a noi, pressoché intatta, la sua biblioteca umanistica: un gioiello architettonico che è tra i pochi esempi rimasti di questi luoghi di studio e di produzione libraria.
Anche al tempo di san Carlo il contributo degli agostiniani apparve notevole, nella diocesi di Milano. Con il Borromeo che proprio tra i frati di sant’Agostino scelse alcuni dei suoi più stretti collaboratori.
Ancora nel Seicento, così, nonostante crisi e commende, i conventi agostiniani in terra ambrosiana si contavano a decine, da Monza a Treviglio, da Bernate a Trezzo d’Adda. E in questo panorama, importante rilievo avevano anche le comunità femminili, per lo più dedite alla vita contemplativa nella clausura.




