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Arte, Storia & Cultura

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Fotografia

Elio Ciol, sguardi e silenzi al Museo Diocesano

Classe 1929, friulano come Padre Turoldo e Pasolini (con i quali ha condiviso sguardi e passioni), è uno dei decani dei fotografi italiani. In mostra fino al 15 febbraio 2026 cento scatti che raccontano storie e fatti, in Italia e nel mondo, con attenzione particolare per la gente delle campagne, le luci e le ombre delle grandi città, la passione per Assisi

di Luca FRIGERIO

21 Novembre 2025
Elio Ciol, Giovani a San Daniele del Friuli (1957)

Bambini che giocano, istanti di vita contadina e urbana, capolavori dell’arte, ritratti di protagonisti del Novecento, scorci di un’Italia maggiore e minore, reportages da Paesi stremati da guerre e carestie… Tutto questo e molto, molto altro ancora, ha colto l’occhio e l’obiettivo di Elio Ciol, decano dei fotografi italiani, autentico maestro della luce.

A lui il Museo diocesano «Carlo Maria Martini» di Milano dedica oggi una mostra antologica, che può essere visitata fino al prossimo 15 febbraio, e che ancora una volta conferma il Museo Diocesano di Milano come spazio di elezione per la grande fotografia (per orari, costi, visite guidate: www.chiostridisantuestorgio.it)

Elio Ciol nasce nel 1929 a Casarsa della Delizia, dove ancora oggi vive. In quel Friuli che è anche la terra di uomini come padre David Maria Turoldo e Pier Paolo Pasolini, con i quali infatti il fotografo ha incrociato sguardi, passioni e tratti di strada.

Si appassiona alla fotografia da ragazzo, nel laboratorio del padre. Nel dopoguerra si aggira per i paesi e la campagna del Tagliamento, cogliendo sguardi, facce, sorrisi. Sono gli anni del Neorealismo e anche il giovane Ciol ne fa parte, dando il suo contributo. «Il vero ha un fascino estremo e la fotografia è un modo più profondo di vedere la realtà – ricorda -. Per questo fin dagli inizi del mio percorso ho scelto di fotografare cose semplicissime».

Già in quei primi scatti, tuttavia, Elio rivela la sua predisposizione a cogliere la dignità nella miseria, la spensieratezza nella fatica, la luce oltre il buio. Non per «mascherare» povertà e sofferenza, ma proprio per quella sensibilità cristiana di prossimità agli ultimi che è l’essenza stessa della sua fotografia.

Proprio Gli ultimi, del resto, è anche il titolo del film realizzato nel 1963 da padre Turoldo, a cui Ciol partecipa attivamente.

Sbarca poi a Milano, trovando e ritraendo una città che vive di contraddizioni, tra l’entusiasmo del boom economico e le problematiche di nuove e vecchie povertà.

Allo stesso tempo, però, Elio gira l’Italia, fermandosi in particolare ad Assisi, luogo con il quale sente particolare attrazione per la figura di san Francesco.

Che siano ritratti, paesaggi o elementi artistici, la cifra stilistica di Elio Ciol appare ben riconoscibile, e in fondo è rimasta sempre la stessa. Perché, in quel suo «coloratissimo» bianco e nero, il fotografo friulano non ha mai cessato di comunicare la sua passione per l’uomo, per i suoi bisogni, per le sue speranze. Che ha condiviso e testimoniato, con immagini oggi presenti nelle collezioni di tutto il mondo. Mostrando sempre, come recita il titolo di uno dei suoi lavori più noti, «dove l’Infinito è presente».

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