Almanacco liturgico Il Santo del giorno Il Vangelo di oggi Agenda dell'Arcivescovo

Resoconto e testimonianze dal pellegrinaggio vissuto a Roma dal 28 al 30 aprile 2025

“Anche Papa Francesco alla fine è diventato disabile, è diventato come uno di noi, una persona normale come noi”. Queste le parole semplici ma profonde di Marco, un ragazzo con disabilità, intervistato da TV2000 durante il Giubileo delle persone con disabilità svoltosi a Roma dal 28 al 30 aprile 2025. Una frase che, senza volerlo, suona provocatoria per chi ancora crede di poter definire cosa sia la “normalità”, ma che racchiude una verità universale: siamo tutti uguali nella fragilità e nella dignità.

Le sue parole sono state condivise dai compagni di viaggio – un gruppo di pellegrini della Diocesi di Milano, composto da persone con disabilità e dalle loro famiglie – che hanno vissuto un’esperienza indimenticabile, segnata dalla fede, dall’inclusione e dalla gioia di condividere insieme un cammino di grazia.

Organizzato dalla Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità, il pellegrinaggio ha riunito circa 42 persone tra giovani, adulti e accompagnatori, unitisi a oltre diecimila fedeli provenienti da tutto il mondo. Nonostante l’assenza di Papa Francesco, l’evento, promosso dalla Santa Sede per l’Anno Giubilare, è stato un’occasione unica di preghiera, incontro e festa, ribadendo il valore irripetibile di ogni persona nella Chiesa.

Uno dei momenti più emozionanti è stato il passaggio della Porta Santa in Piazza San Pietro, vissuto con intensa partecipazione. Pellegrini con e senza disabilità hanno varcato insieme quella soglia, simbolo di un’umanità che avanza unita verso la salvezza.

Ogni partecipante aveva una motivazione speciale per essere lì, come ha scritto Elisa: “Nel mio piccolo io ho scelto di fare questo pellegrinaggio, questo cammino, perché non volevo lasciarmi scappare l’opportunità di vivere un Giubileo dove era presente la fragilità umana in tutte le sue forme, ma non quella fragilità che spaventa, che toglie il fiato e che sembra non lasciare scampo, ma quella fragilità che dà respiro, forza, grazia, vita, la fragilità vista come terreno fertile in cui si manifesta la potenza e l’amore di Dio che non ci lascia, non ci abbandona mai”. O semplicemente ha raccolto con piacere un invito per poi trovarsi a vivere un’esperienza di grande ricchezza come testimonia Serena: “Io ho scelto di fare questo pellegrinaggio perché una persona speciale mi ha invitato ad andare. Volevano essere giorni di speranza e di pellegrinaggio e davvero ho toccato con mano la meraviglia di sentirsi amati, grazie ai miei compagni di pellegrinaggio e a tutti quelli che abbiamo incontrato, che mi hanno fatta sentire accolta, attraverso gesti di cura e di attenzione”.

Ciò che accumuna il pensiero di tutti, al termine di questa forte esperienza, è il constatare quanto sia bello e sia di grande aiuto camminare insieme, condividere gioie e fatiche, farsi carico gli uni degli altri, in una parola sola: essere realmente una comunità di persone. È quello che sintetizza bene Gilda con le sue parole: “Quando si sta insieme nel nome di Gesù, incoraggiati dalla speranza che ci infonde la fede in Lui, tutti i fardelli diventano più leggeri. Talora proprio dalle fragilità, e da chi ci aiuta a sostenerle, si sprigiona una forza d’animo e una leggerezza dello spirito, che diventano contagiose. Sembrano allora prendere vita le parole del “Magnificat” e dare speranza ad un mondo in cui troppo spesso dominano la violenza e la sopraffazione”.

Come Consulta ci auguriamo di continuare a vivere insieme anche in diocesi esperienze di profonda spiritualità e di forte appartenenza alla chiesa.