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Sirio 8 - 14 dicembre 2025
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Medio Oriente

Romanelli: «Gaza è stata tritata ma la liberazione degli ostaggi sia vera tappa verso la pace»

La liberazione degli ostaggi israeliani e dei detenuti palestinesi sia «la prima tappa di un vero cammino verso la pace» dice il parroco di Gaza, che invita a non dimenticare i gravi bisogni della popolazione che ha perso praticamente tutto, aggravati a breve dal freddo e dall'inverno

di Daniele ROCCHIAgenSir

14 Ottobre 2025
Le reazioni in Piazza degli Ostaggi dopo la notizia del nuovo accordo (Foto AFP/SIR)

«Speriamo e preghiamo che quanto accaduto oggi sia la prima tappa di un vero cammino verso la pace. Coltiviamo la speranza che la guerra non continuerà. Sappiamo che non sarà facile ma siamo anche consapevoli che quelli che non vogliono la guerra sono molti di più di coloro che vorrebbero continuarla. Preghiamo per la pace e per la giustizia. Il nostro desiderio è che tutte le persone coinvolte da questo conflitto possano tornare a vivere e ricostruire le loro vite qui a Gaza, dove, è bene ricordarlo, manca di tutto».

Padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia di Gaza, l’unica parrocchia cattolica della Striscia, commenta il rilascio, oggi, degli ostaggi israeliani dopo 738 giorni, e la liberazione dei detenuti palestinesi. 

Un ringraziamento che aveva trovato spazio nella messa di ieri, «la prima dopo due anni, senza bombe». La speranza del parroco di origini argentine, è che presto la situazione nella Striscia possa migliorare, perché, ricorda, «qui la situazione è veramente terribile. Per quello che possiamo, ringraziando Dio, continuiamo ad aiutare i nostri rifugiati (circa 450) dentro la parrocchia, gli abitanti del quartiere e le persone più bisognose condividendo quello che abbiamo di cibo, di acqua, di medicinali. Ma manca tutto e ogni giorno ne abbiamo sempre di meno, soprattutto l’elettricità, l’acqua, il carburante e le medicine» rimarca padre Romanelli, consapevole che per riparare i disastri della guerra non basteranno pochi anni.

Il perdono

Tel Aviv, 13 ottobre 2025: Hamas rilascia 20 ostaggi (Foto ANSA/SIR)

Qualche segno concreto di aiuto sembra, tuttavia, vedersi. «Sono arrivati – spiega – aiuti alimentari alla nostra parrocchia. Si tratta di frutta e verdura che stiamo cercando di distribuire insieme alla parrocchia greco-ortodossa di san Porfirio». Tuttavia, annota il parroco, «a gesti concreti di aiuto devono sommarsi atti di riconciliazione, di carità e di perdono».

Il perdono, infatti, è la chiave di volta che può scardinare ogni resistenza: «Occorre perdonare tutti» ribadisce padre Romanelli. Il perdono può rischiarare il buio di Gaza. In queste prime ore di tregua tanti cristiani, rivela il missionario argentino, «sono usciti dalla parrocchia per andare a vedere ciò che è rimasto della propria casa. Tra loro c’è stato chi non è riuscito nemmeno ad avvicinarsi al quartiere dove viveva prima della guerra per l’enorme caos che regna nella Striscia, metà della quale è nelle mani dell’esercito israeliano.

«Gaza è stata tritata – ribadisce il parroco – peggio di un terremoto, travolta da uno tsunami. Con la paura sempre viva che possa arrivare un’altra ondata. Niente o poco è rimasto in piedi».

Per far capire al meglio che cosa sia Gaza oggi, padre Romanelli racconta di una famiglia cristiana che, dopo aver verificato che la propria casa era stata rasa al suolo dai bombardamenti israeliani, è andata a vivere dai propri parenti al quarto piano di un palazzo distrutto per metà: «hanno alzato un pannello di legno per chiudere una parete crollata e ricavare una stanza dove poter stare. Una scelta dettata dal freddo incipiente, dalle piogge. Siamo alle porte dell’inverno e presto qui a Gaza sarà un disastro. La popolazione non ha più nulla ed è urgente che arrivino gli aiuti promessi, non solo cibo ma anche strutture per poter ripararsi. Diversamente sarà una catastrofe. Confidiamo – conclude – nell’operato della comunità internazionale. Abbiamo bisogno di aiuti e che vengano rimosse le cause di questa guerra. Oggi si muore anche senza bombe. Si muore per mancanza di cure, di acqua potabile, di cibo». Intanto nella parrocchia si continua a pregare per la pace per non arrendersi alla guerra.

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